Manon Aubry, l'attivista che voleva cambiare l'Europa
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Francesca TrevisanNon aveva mai fatto parte di un partito politico. Non aveva mai partecipato ad un meeting. Eppure, la ventinovenne Manon Aubry è la capolista del partito La France Insoumise per le elezioni europee del prossimo 26 maggio. Incontro a Nizza con una giovane donna abituata ad essere sempre in prima linea.
In questo mese di febbraio, il sole splende sulla Costa Azzurra, ma lei non ha tempo di ammirare il paesaggio che le ricorda la sua infanzia. Lei è Manon Aubry, e da dicembre 2018 è impegnatissima tra interviste e meeting in qualità di portavoce di FI per le prossime elezioni europee. In questa campagna elettorale che stenta a decollare, Manon, originaria di Fréjus, vicino a Nizza, mette tutta la sua energia di giovane sportiva in questa battaglia a suon di colpi bassi e troppe poche ore di sonno.
Totalemente nuova al mondo della politica, Manon non è però estranea all'attivismo. Tutto ha inizio al liceo, nel 2006, quando protesta contro il CPE (contratto di primo impiego) approvato dal Parlamento francese con lo scopo di agevolare l'integrazione dei giovani nel mercato del lavoro. Manon Aubry vive così il suo primo sciopero, tra manifestazioni di studenti e blocchi. In un territorio dove il Rassemblent national (RN - precedentemente Fronte Nazionale) ha la meglio, si impara in fretta a protestare. Il giovane sindaco RN di Fréjus, David Rachine, frequentava all'epoca il suo stesso liceo, ma si teneva lontano dalle barricate. Dopo gli studi in scienze politiche, Manon entra a far parte dell'ONG internazionale Oxfam per lottare contro i paradisi fiscali; si tratta di un'associazione molto conosciuta che farà sì che venga contattata da vari partiti politici. Nonostante si sforzi di non cambiare nulla nel suo stile di vita, la notorietà che deriva dalla sua posizione si sta facendo sentire. Assieme ai giovani candidati de La France Insoumise (LFI), la giovane Manon incarna la speranza del partito, e la sua carriera è appena cominciata. Allora, conosciamola meglio.
Cafébabel: A soli 29 anni e senza aver mai militato in un partito politico, ti ritrovi ora capolista per LFI alle prossime elezioni europee. Perché proprio tu?
Manon Aubry: Pur non avendo mai fatto parte di un partito politico, sono stata comunque impegnata nel mondo associativo all'interno dell'ONG internazionale Oxfam, lottando contro evasione fiscale e disuguaglianze. È per questo che LFI è venuta a cercarmi per portare avanti questa battaglia, scegliendo con coraggio come capolista qualcuno che non ha alcuna esperienza nel settore, perché la politica non dev'essere riservata unicamente ai professionisti.
«A differenza del Regno Unito, non vogliamo buttare il bambino con l'acqua sporca, perché crediamo sia possibile cambiare le regole del gioco.»
Cafébabel: Cos'è cambiato nella tua vita a seguito della candidatura nella campagna elettorale?
Manon Aubry: Dormo molto meno... e già prima dormivo poco! Sono molto più richiesta, certo, ma rimango la stessa persona, animata dalle stesse convinzioni, che continua a vedere i propri amici e a fare sport. Faccio la stessa vita di prima, il che dimostra che è possibile fare politica e restare una persona normale. Eppure, questa nuova situazione spesso genera frustrazioni, perché pensavo ingenuamente che la politica fosse uno scambio di idee, e invece troppo spesso l'ego dei signoli individui prende il sopravvento. Per questo ho scritto una lettera a me stessa, fissando dei limiti da non oltrepassare...
Cafébabel: Hai ricevuto proposte anche da parte di altri partiti politici per le elezioni europee?
Manon Aubry: Sì, sono stata contattata da Benoît Hamon e dal suo partito Génération.s, e da Place Publique, il movimento fondato da Raphaël Glucksmann e Thomas Porcher. Ho declinato queste offerte per via del progetto politico e delle idee. Credo che La France Insoumise abbia una posizione più lucida nei confronti dell'Europa. Il partito ha fatto un quadro dettagliato della situazione di stallo in cui si trova l'Unione Europea (UE), attraverso un'attenta analisi del suo funzionamento e dei suoi trattati. Di fatto, questi ultimi impediscono di sviluppare delle politiche di progresso sociale, fiscale ed ecologico. Invece noi vogliamo proporre la soluzione che includa un Piano B, con la possibilità di prevedere delle eccezioni ai trattati, se necessario. Si potrebbe così investire in modo massiccio nella transizione energetica e reclamare un protezionismo solidale.
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Cafébabel: Subito dopo il Brexit, il Piano B è ancora plausibile?
Manon Aubry: Le due cose non hanno nulla a che vedere tra loro, e colgo l'occasione per fare un po' di chiarezza su questo tema. Il Brexit è l'uscita unilaterale del Regno Unito dall'UE senza alcun piano concreto, cosa che non riflette la volontà di LFI. Il nostro progetto politico è in parte incompatibile con le istituzioni attuali, perché auspichiamo un'armonizzazione fiscale. Vogliamo riprendere il controllo della Banca centrale europea (BCE) e instaurare un protezionismo solidale che permetta di stabilire dei regolamenti ambientali per i prodotti che provengono da altre parti del mondo. I trattati attuali sono basati sul libero scambio, e crediamo non siano sufficienti per l'UE. A differenza del Regno Unito, non vogliamo buttare il bambino con l'acqua sporca, perché crediamo sia possibile cambiare le regole del gioco.
Cafébabel: Chi saranno i vostri alleati nel Parlamento europeo?
Manon Aubry: Podemos in Spagna, Le Bloco in Portogallo, in Danimarca, in Finlandia in Svezia, Potere al Popolo in Italia faranno parte del futuro gruppo Maintenant le Peuple (MLP). Insieme, vogliamo ribadire la possibilità di un'Europa in cooperazione, piuttosto che in competizione. Lavoriamo all'interno di questa coalizione per portare avanti dei progetti comuni, ma anche per poter governare assieme un domani.
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Cafébabel: Come avete intenzione di combattere l'evasione fiscale o il dumping sociale nel Parlamento europeo?
Manon Aubry: È stata la stessa Unione europea ad organizzare la competizione fiscale sul proprio territorio. Vorrei ricordare che l’UE include paradisi fiscali come il Lussemburgo e l’Irlanda, che prevedono un'indebita riduzione delle tasse per le imprese. Noi tutti ne paghiamo le conseguenze, dato che gli Stati perdono un'ingente quantità di risorse fiscali. Bisogna innanzitutto occuparsi dei paradisi fiscali con una lista di Stati che sia credibile, includendo per esempio Malta o i Paesi Bassi. In seguito, la seconda fase si deve concentrare sulla trasparenza, facendo luce sulle pratiche di evasione fiscale. Il progetto di una direttiva europea è attualmente bloccato al Parlamento, in mancanza di una maggioranza favorevole. Poi, bisogna penalizzare i professionisti dell'evasione fiscale. Infine, e qui sta il valore aggiunto della nostra proposta politica, desideriamo instaurare un'aliquota minima d'imposta all'interno dell'UE, per mettere fine al dumping fiscale e alle aliquote d'imposta sempre più deboli per le aziende.
Cafébabel: Credi che il tuo partito possa influenzare le posizioni politiche della futura maggioranza al Parlamento europeo?
Manon Aubry: Pensiamo che si debbano adattare le direttive dove sia possibile, e talvolta questo dipende da una maggioranza debole. Per esempio, la direttiva sulla liberalizzazione del trasporto ferroviario (l'apertura alla concorrenza del mercato del trasporto ferroviario pubblico, ndr) si è giocata con soli 24 voti di scarto… Saremo dei parlamentari combattivi, e non ci limiteremo ad assistere passivamente ai negoziati politici tra verdi, social-democratici e liberali. Porteremo in primo piano gli accordi di libero scambio firmati dall'UE e saremo un vero e propio campanello di allarme.
Cafébabel: La Francia ha investito 10 miliardi di euro per arginare con urgenza le proteste dei Gilet Gialli, senza alcun impedimento da parte della Commissione europea. Lo stesso non si può dire però nel caso dell'Italia, la cui legge di bilancio non era stata approvata. Non ti sembra che la Francia sia un paese privilegiato nel suo rapporto con l’UE?
Manon Aubry: Innanzitutto, il governo francese non ha dato una risposta alle domande dei Gilet Gialli: non è stato aumentato il salario minimo, non è stata ripristinata l'imposta sul patrimonio, non è stato istituito il referendum d'iniziativa popolare né è stata ottenuta una maggiore giustizia fiscale, come chiedeva il movimento fin dall'inizio. Per quanto riguarda i negoziati sul bilancio con Bruxelles, il Commissario europeo Moscovici ha chiesto alla Francia di fare in modo di non superare il 3% del deficit. D'altronde, è per questo che il governo francese ha istituito una tassa sul carbonio, che ha poi scatenato le proteste dei Gilet Gialli. Le ingiunzioni economiche da parte delle istituzioni europee hanno un impatto reale sulle scelte di bilancio della Francia.
Cafébabel: Il Parlamento europeo ha condannato la Francia per la repressione delle manifestazioni dei Gilet Gialli. Quali sono le vostre controproposte in materia di gestione dell'ordine pubblico?
Manon Aubry: Si tratta di un'aspra condanna, ampiamente condivisa, e partita da un deputato di LFI, Younous Omarjee. Questo ben illustra la deriva autoritaria e il terreno scivoloso su cui si trova il governo sotto pressione. La Francia è il solo paese europeo a utilizzare gli LBD (lett. lanciatori di palle di difesa, comunemente noti come pistole flash-ball ndt) e di granate lacrimogene e stordenti, contro cui l'ONU e molte ONG hanno puntato il dito. Quanti feriti o vittime serviranno ancora prima di rendersi conto della pericolosità di queste armi? Bisogna vietarle immediatamente. Non sono adatte per disperdere la folla. Ci sono stati molti più feriti che nel maggio del '68 (quasi 200 a metà febbraio, secondo un censimento condotto da Médiapart, anche se i confronti con il maggio del '68 si rivelano poco opportuni, ndr). Inoltre, abbiamo la legge anti-casseurs (anti-teppisti, ndt) approvata di recente, che mina il diritto fondamentale dei cittadini di manifestare. Queste logiche repressive non serviranno ad alleviare le tensioni, anzi saranno un pericolo per tutti.
«Saremo dei parlamentari combattivi, e non ci limiteremo ad assistere passivamente ai negoziati politici. Saremo un vero e propio campanello di allarme.»
Cafébabel: Le questioni geopolitiche sembrano essere un altro punto di disaccordo fondamentale tra la vostra coalizione - Maintenant le Peuple - e il centro-sinistra. Come si manifestano?
Manon Aubry: Effettivamente, la questione della NATO è un punto di disaccordo importante. I Socialdemocratici e i Verdi desiderano continuare a farne parte, ma noi no. La NATO è qualcosa che si impara sui libri di scuola e che poi si dimentica, ma è un attore importante della scena internazionale. È il braccio armato degli Stati Uniti in Europa. Sottomettendo l'Europa della difesa alla NATO, siamo costretti ad appoggiare tutte le guerre condotte dagli Stati Uniti. E questo è ancora più inquietante quando il paese è governato da qualcuno come Donald Trump. Siamo convinti che sia necessario rifondare l'Europa con una visione pacifista e uscire quindi dalla NATO. Siamo fiduciosi di riuscire a convincere altre formazioni politiche su questo punto, perché il mantenimento della pace è una questione seria e crediamo che esista già un organo internazionale predisposto per garantirla, vale a dire l'ONU. Forse è un po' ingenuo credere nell'ONU, ma attualmente è l'unico strumento multilaterale e democratico a nostra disposizione.
Cafébabe: C'è poi la questione del Venezuela, che divide profondamente l'opinione pubblica...
Manon Aubry: Già, e la Francia, al contrario dell'ONU, ha riconosciuto il colpo di stato di Juan Guaido. Se l'azione del governo francese e dei suoi alleati è pericolosa, non vuol dire che noi appoggiamo totalmente Maduro. È necessario trovare delle soluzioni attraverso la mediazione e il dialogo. Messico e Uruguay hanno offerto il proprio aiuto, ma Juan Guaido l'ha rifiutato. Bisogna fare tutto il possibile per trovare il modo di uscire in modo pacifico dalla situazione di crisi in cui versa attualmente il paese.
Cafébabel: Hai già trovato una sistemazione a Bruxelles o ti affiderai alla piattaforma Airbnb all'inizio?
Manon Aubry: [ride] Assolutamente no! Ci andrò a giugno. Manca ancora molto...
«Possiamo batterci per questo ideale europeo. Ma per avere i mezzi giusti è necessario avere una visione profonda e consapevole dell'UE, e per questo dev'esserci un rapporto di forza.»
Cafébabel: I tuoi genitori sono giornalisti. Cosa pensi di questa professione?
Manon Aubry: Ho una profonda ammirazione per questa professione, in quanto indispensabile per la democrazia. Al tempo stesso, mi inquieta il suo futuro. Le condizioni in cui lavorano i giornalisti sono difficili. Hanno sempre meno tempo per lavorare e devono sempre ricorrere alle immagini per fare notizia, è un peccato. Bisogna essere consapevoli del fatto che questa precarietà indebolisce il contropotere dei giornalisti.
Cafébabel: Non hai mai voluto diventare giornalista?
Manon Aubry: Ci ho pensato quando ero più giovane... ma la necessità di essere neutrali è stata uno scoglio che mi ha allontanato da questa professione. Avevo bisogno di lottare per cambiare il mondo, e questo tipo di azione è complementare al giornalismo, che serve invece ad informarci sulla realtà dei fatti.
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Cafébabel: Quale messaggio vorresti rivolgere alla gioventù europea?
Manon Aubry: Facciamo parte della stessa generazione. Sono nata nel 1989. Crediamo nell'Europa, che però ci ha molto deluso perché stiamo pagando il conto delle politiche di austerity. Possiamo batterci per questo ideale europeo. Ma per avere i mezzi giusti è necessario avere una visione profonda e consapevole dell'UE, e per questo dev'esserci un rapporto di forza. Inoltre, vorrei dire ai giovani europei che non devono astenersi dal voto, perché l'Europa regola la vostra vita di tutti i giorni, dal glifosato nei nostri cereali per la colazione fino alla parità retibutiva, solo per fare qualche esempio. C'è un unico turno per queste elezioni, ed è il prossimo 26 maggio.
Photo de couverture : courtoisie de LFI.
Translated from Manon Aubry : l'Insoumise qui voulait changer l'Europe