"Mai più respingimenti": la sentenza della Corte Europea diventa un precedente per gli altri Stati
Published on
L’Italia è stata denunciata alla Corte Europea dei Diritti dell'Uomo da 24 migranti (11 somali ed 13 eritrei), respinti verso le coste libiche in data 6 maggio 2009. Gli immigrati, infatti, nonostante fossero in possesso dei requisiti per ottenere la protezione internazionale, sono stati respinti senza poter avanzare la richiesta.
I riflettori sono tutti puntati sull'emblematico caso Hirsi & Others VS Italia sui cui la Corte Europea dei Diritti dell'Uomo si è espressa il 23 Febbraio 2012. Ci si riferisce alle operazioni che hanno visto coinvolte le unità navali italiane, a partire dal maggio 2009, le quali hanno respinto verso i porti di partenza imbarcazioni di migranti, tra cui donne e bambini, intercettati in alto mare e ritenuti “clandestini”. Tutto questo ignorando la loro richiesta di protezione internazionale. Si tratta di interventi che hanno messo in pericolo i diritti fondamentali della persone, obbligo che non solo deriva dal diritto internazionale ma è anche disciplinato nell’ordinamento interno italiano.
Altre testimonianze e riprese video, come quelle mandate in onda dalla trasmissione Presa Diretta di Riccardo Iacona, in un servizio intitolato “Respinti”(vedi il video qui sotto), e quelle mostrate nel documentario "Mare chiuso" di Stefano Liberti e Andrea Segre, hanno dimostrato che gli immigrati sono stati esposti al rischio di perire in mare o sotto le torture degli aguzzini libici.
I respingimenti collettivi violano la Convenzione di Ginevra
Fuga da Tunisi: ora l'Ue deve cambiare strategia
La Corte ha, perciò, condannato l’Italia per la violazione di 3 principi fondamentali: il divieto di sottoporre a tortura e trattamenti disumani e degradanti (articolo 3 Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo/Cedu), l’impossibilità di ricorso (articolo 13 Cedu) e il divieto di espulsioni collettive (articolo 4 IV Protocollo aggiuntivo Cedu).
Nessun accordo di collaborazione tra Stati, come quello siglato da Berlusconi e Gheddafi nel 2008, legittima i respingimenti collettivi in mare. Questi ultimi violano la Convenzione di Ginevra sui rifugiati, vale a dire il diritto del richiedente asilo o rifugiato di non essere respinto verso quei luoghi dove la sua libertà e la sua vita sarebbero minacciati.
Non confortanti sono i dati riportati dal blog d'inchiesta Fortress Europe: i migranti respinti in acque internazionali, a partire dal 7 maggio 2009, sono stati oltre 1.100, considerando non solo quelli respinti in Libia, ma anche quelli respinti verso l’Algeria. Sulla sentenza della Corte Europea abbiamo raccolto l'opinione di Fulvio Vassallo Paleologo, avvocato dell'Associazione per gli studi giuridici sull'immigrazione (Asgi): “La decisione sul caso ha una valenza molto ampia che non si limita al respingimento collettivo effettuato dalle autorità italiane nel maggio del 2009, né può ritenersi una sentenza storicamente datata, come se la situazione esistente al tempo della dittatura di Gheddafi, nei confronti dei migranti in transito in Libia, fosse oggi migliorata".
Secondo Paleologo, infatti, la sentenza costituisce un precedente storico anche per gli altri Stati europei: "I principi di diritto affermati dalla Corte di Strasburgo dovranno essere applicati in futuro anche per i più diffusi respingimenti collettivi in frontiera ed i respingimenti differiti in forma collettiva, senza procedimenti individuali, che si continuano a verificare sia alle frontiere meridionali che alle frontiere rivolte verso l’Europa orientale, come nei porti di Venezia, Ancona, Brindisi. E' un precedente importante che non potrà essere ignorato dal giudice nazionale quando si tratterà di valutare la legittimità di un provvedimento di respingimento o di espulsione, o di convalidare la misura del trattenimento amministrativo in un centro di detenzione".
Un precedente per gli altri Stati europei
Immigrati allo sbando: l'Europa si sfascia?
Gabriella Guido, portavoce della campagna Lasciateci Entrare, denuncia l'omertà che circonda i Cie (Centri di identificazione ed espulsione per immigrati): “Noi abbiamo iniziato la nostra campagna solo l'anno scorso, riempiendo un vuoto di informazione gravissimo su una realtà che è difficilmente accettabile: quegli orrendi luoghi di detenzione per cittadini immigrati che entrano nel nostro paese, o nella nostra Europa, per cercare solo un destino diverso”.
Le difficoltà di accesso agli strumenti di protezione internazionale pongono gli immigrati in una posizione giuridica estremamente vulnerabile, e costoro sono spesso trattenuti per settimane nei Cie, qualche volta per mesi, isolati dall'esterno, in situazioni di totale negazione dei diritti fondamentali della persona, al solo fine di facilitare le procedure di allontanamento forzato.
In questo senso, la sentenza della Corte Europea può segnare un deciso cambio di rotta. "Mai il divieto di espulsionicollettive- è il commento finale di Paleologo - era stato sancito in modo tanto chiaro da un giudice internazionale”.
Foto di coeprtina: © cortesia del sito internet di Terraferma; video: abitcistv/youtube e socialab/youtube.