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Ma la Commissione deve restare indipendente

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Ottavio Di Bella

Mathias Vaa, braccio destro di un membro della Convenzione, analizza le chance di successo della bozza Giscard.

Il 4 di ottobre i governi europei hanno dato il via ad una nuova Conferenza intergovernativa (CIG) a Roma, per completare ed eventualmente per confermare il testo costituzionale completato dalla Convenzione sul Futuro dell’Europa il 10 luglio.

Gli stati membri hanno aspirazioni differenti riguardo all’esito della CIG. Francia, Germania e Italia sono molto riluttanti all’idea di stravolgere il documento preparato con cura dalla Convenzione. Il governo italiano, che presiederà le riunioni, ha già delineato un’agenda provvisoria di otto punti che dovranno esser trattati in altrettante riunioni distinte. Ma, in un’improvvisata riunione procedurale, la Polonia ha già sottolineato il proprio disaccordo su una simile limitazione del dibattito. Il governo austriaco e quello finlandese condividono questa posizione ed hanno fatto sapere che nessun compromesso raggiunto nella bozza costituzionale della Convenzione dovrà esser considerato intoccabile.

Il cerchio si stringe

Gli italiani si sono impegnati pubblicamente a concludere la CIG per dicembre, attirati dal prestigio simbolico di avere un nuovo Trattato di Roma da far seguire al Trattato fondatore dei marzo 1957. La data di dicembre eserciterà indubbiamente una pressione psicologica sui partecipanti e dovrebbe aiutare a restringere le discussioni in modo da concentrarsi sui più importanti aspetti di riforma dell’Unione. Vale a dire le sue istituzioni e la loro gestione.

Diversamente da altre aree tematiche discusse nella Convenzione nessun Gruppo di Lavoro è stato messo in piedi per deliberare specificamente sulla configurazione istituzionale dell’Unione. Se questo dibattito è venuto alla luce negli ultimi mesi, un qualche compromesso è stato raggiunto solo alla fine. Il che ha lasciato l’amaro in bocca a molti paesi senza peraltro risolvere pienamente le tensioni tra le speranze britanniche e spagnole di un’‘Europa più intergovernativa’ – guidata da un Presidente nominato dal Consiglio europeo – e quelle tedesche e dei paesi del Benelux, di prevedere un ruolo più centrale per la Commissione e il suo Presidente.

Logica costituzionale contro interessi personali di breve periodo?

E’ estremamente probabile che il dibattito istituzionale dominerà una CIG spaccata da preoccupazioni nazionali e interessi personali. Polonia e Spagna impersonano tutto ciò quando esprimono ripetutamente le loro richieste per conservare il sistema di voto, appesantito ed opaco, che regola il Consiglio dei Ministri nel Trattato di Nizza. Il sistema proposto nella bozza di Costituzione renderebbe le votazioni più comprensibili per il pubblico, con una maggioranza semplice di stati membri e tre quinti della popolazione d’Europa. Dobbiamo aspettarci simili esempi di interesse personale manifestati in più d’un dibattito, anziché occuparci di problemi più reali come democrazia, chiarezza costituzionale e semplicità.

E’ in particolare il caso della riforma della Commissione. La bozza di Costituzione prevede una Commissione a geometria variabile nella quale solo 15 Commissari europei avranno pieno diritto di voto, accompagnati da un gruppo di Commissari che completeranno il lavoro ma senza possibilità di voto. I piccoli stati membri hanno espresso il loro dissenso su questa proposta. Nonostante le assicurazioni costituzionali che i Commissari verrebbero selezionati a tempo pieno su uno stesso criterio a rotazione, gli stati più piccoli temono che, a lungo andare, ciò pregiudicherà i loro interessi. La Commissione, nella sua recente proposta alla CIG ha espresso anche il desiderio di mantenere il principio di un Commissario per stato membro. Senza il quale, la Commissione sente che la sua autorità sarà indebolita, poiché nei paesi in cui verrà a mancare un Commissario si sarà meno inclini a sopportare e rispettare le decisioni della Commissione. Sebbene sia discutibile, ciò potrebbe forse minare la fondamentale posizione chiave dell’istituzione nel processo di coesione politica dell’Unione.

Sfortunatamente, entrambi i timori sono basati sulla nozione fuorviante di una Commissione che dovrebbe aspirare a essere un’istituzione rappresentativa. Il Consiglio dei Ministri è l’incarnazione della volontà degli stati membri ed il Parlamento europeo è l’incarnazione della volontà dei popoli d’Europa. Come principale esecutivo dell’Unione, la funzione primaria della Commissione è dare efficacia agli interessi generali europei. Per rafforzar ciò, i trattati hanno continuamente accentuato l’indipendenza dei Commissari dai vari interessi settoriali o nazionali, provvedendo persino alla loro rimozione ove si sia ritenuto che avessero agito sulla base di questi ultimi. Tenuto questo in considerazione, sembra illogico e non necessario per gli stati membri esprimere un’opposizione talmente irremovibile sulle proposte della bozza costituzionale. Non è chiaro quel che sostengono di perdere, a meno che non si aspettino che i singoli Commissari agiscano a loro beneficio, nonostante ciò sia stato sempre espressamente proibito.

La paranoia di assicurare l’uguaglianza di rappresentazione si è manifestata sfortunatamente anche nella riforma dell’elezione del Consiglio. Il sistema in cui si forma il Consiglio, attraverso un criterio di rotazione ogni sei mesi da un singolo stato membro, è stato considerato incrinato ed insostenibile in un’Unione a 25. La formazione dei singoli Consigli per materia (con l’eccezione del Consiglio per gli affari esteri), invece, sarà mantenuta dagli stati membri con uno stesso criterio di rotazione paritaria per almeno un anno. Non è molto chiaro chi presiederà Il Consiglio per gli Affari Generali, ma sembra evidente che questa configurazione complessiva potrà creare problemi di coordinazione seri, inibendo al tempo stesso la possibilità di offrire un impulso strategico ai lavori del Consiglio nel suo insieme.

Un assetto più ottimale si sarebbe avuto con Consigli dotati di poteri esecutivi e presieduti da Commissari responsabili per l’area politica in questione. Il che avrebbe garantito grandissima continuità nei lavori del Consiglio, mentre i singoli stati membri avrebbero potuto continuare a dividersi, con un sistema di rotazione, la Presidenza del Consiglio dedicandosi esclusivamente alle questioni di legislazione. Questa seconda proposta, portata avanti dal precedente Primo Ministro italiano, Giuliano Amato, è stata annaquata significativamente nella Convenzione da molti governi degli stati membri, preoccupati che ciò avrebbe rappresentato il primo passo per convertire il Consiglio in un Senato europeo. Così, la proposta volta a vedere i Commissari presiedere alcune formazioni del Consiglio urtava troppo le sensibilità nazionali, con alcuni stati membri riluttanti a lasciare andar un coinvolgimento nel Consiglio, nonostante la logica costituzionale e la necessità di disegnare insieme l’esecutivo bicefalo dell’Unione.

Aspettative razionali, irrazionale esuberanza

Dati i disaccordi attuali sulle proposte esistenti e la barriera imposta inevitabilmente dall’unanimità fra i 25 paesi , risulteranno improbabili delle riforme decise. E’ realistico aspettarsi che il principio di un Commissario per stato membro verrà incorporato nella bozza di Costituzione e che la riforma del Consiglio dei Ministri sarà limitata, nonostante la pletora di attori che produrrà. Quel che rimane meno chiaro, e più importante, è rappresentato in ultima istanza dalla definizione dei compiti del Presidente del Consiglio europeo. Gli inglesi sono propensi ad assicurare che il Presidente presieda anche il Consiglio Generale degli Affari, la cui funzione primaria è di coordinare il lavoro delle altre formazioni del Consiglio. Anche risolvendo le preoccupazioni sulla mancanza di una visuale strategica nel Consiglio, è venuta da più parti e ripetutamente la critica che ciò condurrà all’accatastamento di una burocrazia del Consiglio concorrente che moltiplicherà il lavoro della Commissione ed istituzionalizzerà un sistema di rivalità senza precedenti tra le due istituzioni. Molti fra i piccoli stati membri manterranno questa posizione, considerando la Commissione come la migliore istituzione a guardia dei loro interessi. Preferendo quindi non lesinare alcuno sforzo per circoscrivere il ruolo del Presidente, offrendogli il compito primario di guidare i compiti strategici, piuttosto che trattar le questioni giornaliere dell’Unione.

C’è spazio per l’ottimismo su questo punto: la posizione tedesca – tra l’altro la più sensata – finirà col prevalere. La maggior parte dei piccoli stati membri ha accettato solo di malavoglia la creazione di un Presidente permanente del Consiglio europeo, provvisto di compiti chiaramente delineati in modo da non doppiare quelli del Presidente della Commissione. A lungo andare possiamo sperare nella fusione delle funzioni di Presidente della Commissione e Presidente del Consiglio europeo. Nel frattempo dovremo considerare un successo straordinario la formulazione di una Costituzione semplice e malleabile rispetto ai precedenti trattati.

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Translated from The End is the beginning is the End