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L'uomo che sussurrava ai montoni 

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PoliticaDossier speciale elezioni Europee

Carissime pecore del Gargano, il 25 maggio è il vostro momento. Votate e fate votare…” Il “paesologo” Franco Arminio ha messo in campo una strategia di marketing elettorale in grado di lasciare il segno e conquistare, a prescindere dal risultato, una menzione speciale per creatività. Dopo le galline e le mucche, ha esercitato la sua oratoria con un gregge di pecore. Intervista.

Le cam­pa­gne elet­to­ra­li sono spes­so ric­che di colpi di scena e in­tui­zio­ni da ma­nua­le, ma in ge­ne­ra­le hanno solo una re­go­la: basta che fun­zio­ni­no. La corsa al Par­la­men­to Eu­ro­peo ci ha re­ga­la­to delle im­ma­gi­ni ori­gi­na­li che hanno dato se non altro un tono di co­lo­re ad una com­pe­ti­zio­ne elet­to­ra­le che fa­ti­ca ad ap­pas­sio­na­re i cit­ta­di­ni. Così, in Ita­lia, è ar­ri­va­to il turno del­l’uo­mo che sus­sur­ra­va ai mon­to­ni nelle ri­go­glio­se terre del “Gar­gha­ni­stan”. Non si trat­ta di una pa­ro­dia del ro­man­zo di Ni­cho­las Evans, in­ter­pre­ta­to da Ro­bert Re­d­ford nel­l’o­mo­ni­ma pel­li­co­la “L’uo­mo che sus­sur­ra­va ai ca­val­li”, ma di Fran­co Ar­mi­nio, cam­pa­no doc, ir­pi­no per es­se­re più pre­ci­si, già poeta, scrit­to­re, ita­lia­no e can­di­da­to nella cir­co­scri­zio­ne Sud per la lista Tsi­pras. In­cu­rio­si­ti, siamo an­da­ti a co­no­sce­re il suo pen­sie­ro da vi­ci­no, per sve­la­re i se­gre­ti di que­sta corsa, o po­trem­mo dire “tran­su­man­za”, verso Bru­xel­les e Stra­sbur­go.

Ca­fé­ba­bel: Dopo le gal­li­ne, una mucca e un cane man­ca­no solo le for­mi­che. Che si­gni­fi­ca­to hanno que­sti ani­ma­li che fi­no­ra ha in­con­tra­to?

Ho scrit­to un libro che si chia­ma "Il topo so­gna­to­re e altri ani­ma­li di paese" e dun­que il mio di­scor­so sugli ani­ma­li viene da lon­ta­no. Penso solo che ab­bia­mo bi­so­gno di un bagno di umil­tà. Non siamo i pa­dro­ni del mondo.

CB: Si trat­ta di una ri­spo­sta a chi ri­tie­ne l’e­let­to­ra­to un greg­ge?

In que­sto caso l’e­let­to­ra­to non c’en­tra. Espri­mo il mio amore per gli ani­ma­li. Il mio amore per tutte le cose ada­gia­te sul pia­ne­ta. Trovo as­so­lu­ta­men­te fuori luogo la no­stra idea di com­por­tar­ci come se fos­si­mo gli unici abi­tan­ti del pia­ne­ta. Non è così.

“Ca­ris­si­me pe­co­re del Gar­ga­no, il 25 mag­gio è il vo­stro mo­men­to. Vo­ta­te e fate vo­ta­re…”

CB: Senza dub­bio l'i­dea fun­zio­na bene. Qual­che gior­no fa po­sta­va su fa­ce­book l’en­dor­se­ment di An­ge­lo Ma­stan­drea del Ma­ni­fe­sto: "sono una pe­co­ra del Ci­len­to, voto Fran­co Ar­mi­nio a nome di tutti i ca­cio­ca­val­li del Vallo di Diano. Por­tia­mo la pa­stie­ra a Bru­xel­les. Quel­la vera". Se do­ves­se es­se­re elet­to man­ter­rà le sue pro­mes­se?

Certo che por­te­rò a Bru­xel­les il me­glio delle no­stre terre. Ov­via­men­te non mi costa nien­te por­ta­re anche un ca­cio­ca­val­lo o una pa­stie­ra.

CB: Quan­do poi in altri video in­con­tra l'in­ver­no ir­pi­no, la neb­bia e gli al­be­ri spo­gli, as­si­cu­ra che il 25 mag­gio la "de­so­la­zio­ne" avrà fine. Che cosa in­ten­de?

È trop­po tempo che al Sud si parla di cam­bia­men­to, ma poi al mo­men­to del voto è come se tutto fosse stroz­za­to, le vec­chie lo­gi­che tor­nan­do in auge. C’è trop­po Sud che an­co­ra non rie­sce a li­be­rar­si. Non c’è solo la de­so­la­zio­ne delle zone in­ter­ne spo­po­la­te, c’è la de­so­la­zio­ne della man­can­za di li­ber­tà.

CB: C’é un si­gni­fi­ca­to sim­bo­li­co die­tro al dia­lo­go con la na­tu­ra, op­pu­re si trat­ta di una cam­pa­gna a forte im­pat­to me­dia­ti­co?

Non credo che i miei video ab­bia­no avuto un forte im­pat­to me­dia­ti­co. Per fare que­sto avrei do­vu­to im­po­star­la sul sesso o met­te­re in gioco la re­li­gio­ne. Un co­mi­zio ri­vol­to a un cro­ce­fis­so o un altro “in mu­tan­de” avreb­be­ro crea­to scan­da­lo. Ed io non sto cer­can­do lo scan­da­lo. Sto cer­can­do di crea­re delle im­ma­gi­ni. Sono uno scrit­to­re che scri­ve per im­ma­gi­ni e sono un au­to­re di do­cu­men­ta­ri. Uso le mie ri­sor­se.

CB: Lei si de­fi­ni­sce un «pae­so­lo­go», cos’è pae­so­lo­gia e cosa può dare un pae­so­lo­go al­l’U­nio­ne Eu­ro­pea ?

Que­sta è una do­man­da che ri­chie­de­reb­be una ri­spo­sta molto lunga. In estre­ma sin­te­si direi che la pae­so­lo­gia è una forma di at­ten­zio­ne ai luo­ghi e alle crea­tu­re. Por­te­rei in Eu­ro­pa un’at­ten­zio­ne ai luo­ghi e alle crea­tu­re che il ca­pi­ta­li­smo non ha.

CB: Lei sce­glie luo­ghi de­so­la­ti, poz­zan­ghe­re, sta­zio­ni, in una pa­ro­la la Pae­so­lo­gia. È con­vin­to che l'Eu­ro­pa abbia bi­so­gno di oc­cu­par­si della de­so­la­zio­ne dei luo­ghi e cosa fa­reb­be con­cre­ta­men­te per una poz­zan­ghe­ra?

Per­ché l’Eu­ro­pa do­vreb­be oc­cu­par­si solo delle ban­che e dei ban­chie­ri? Dob­bia­mo par­ti­re dal pre­sup­po­sto che la vita nasce dai mar­gi­ni. L’Eu­ro­pa nel suo cen­tro è morto. È morta ovun­que im­pe­ra la dit­ta­tu­ra del­l’e­co­no­mia. Quan­to alle poz­zan­ghe­re, sulle stra­de non ce ne do­vreb­be­ro es­se­re. Amo il terzo pae­sag­gio, amo i luo­ghi di­smes­si dagli uo­mi­ni, ma dove pas­sa­no le au­to­mo­bi­li pre­ten­do che non ci siano poz­zan­ghe­re.