L’Ungheria e i fantasmi del revanscismo
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Tra pastori autonomisti e film proibiti i magiari nei territori rumeni coltivano ancora un forte sentimento nazionalistico. E non sono soli.
In Transilvania, la regione centro occidentale della Romania, il film “Trianon” ora non è più proibito. Ma all’inizio dell’anno, il ministero rumeno della Cultura l’aveva giudicato illegale e in questa regione ne aveva vietato la proiezione.
L’undici gennaio, una portavoce del ministro della Cultura rumeno, Mona Musca, in una dichiarazione Ansa, aveva giustificato tale decisione citando i problemi suscitati dal film anche in Ungheria, a causa del suo carattere “irredentista”.
Un documentario scomodo
La pellicola ungherese “Trianon”, realizzata dal regista Gabor Koltay ed ispirata ai libri dello storico Raffay Erno, presenta la vita degli ungheresi rimasti fuori dei confini dell’Ungheria di oggi a seguito del Trattato di Trianon, firmato il 4 giugno 1920 nell’omonimo albergo francese. Stipulato nel quadro della conferenza di Versailles, il trattato stabilì le condizioni di pace tra le potenze vincitrici della prima guerra mondiale e l’Ungheria. Quest’ultima fu costretta a cedere la Croazia alla Jugoslavia, la Transilvania alla Romania e parte della Slovacchia alla Cecoslovacchia. In Transilvania vive oggi una popolazione di etnia magiara di circa 1,5 milioni di persone e lo scorso dicembre, grazie alla volontá dei partiti ungheresi di destra si è tenuto, a Budapest, un referendum che, nel caso avesse raggiunto il quorum, avrebbe portato a questi ungheresi una doppia cittadinanza. Con contestazioni al seguito da parte dei governi confinanti.
Il pastore “nazionalista”
Il pastore evangelico rumeno, di etnia ungherese, Laszlo Tokes si era detto sorpreso del divieto da parte del nuovo ministro della Cultura di Bucarest di proiettare il film del regista ungherese. In un’intervista del 14 gennaio al giornale “Evenimentul Zilei” il sacerdote, che con i suoi discorsi anti-comunisti fu la scintilla che accese la rivoluzione di Timisoara nel dicembre 1989, ha ricordato che “Trianon” è stato proiettato nei cinema romeni anche alla fine dell’anno scorso, in piena campagna elettorale. “Nessuno ha vietato a quel tempo la pellicola in quanto tutti i partiti avevano bisogno del voto degli ungheresi della Transilvania”, ha affermato Tokes, che è anche tra i personaggi intervistati dal regista Gabor per il suo film-documentario. “Nel film ho parlato dell’ingiustizia del Trattato di Trianon che ha tolto agli ungheresi due terzi del loro territorio. Gli ungheresi sono un popolo indigeno in Transilvania e non dovremmo essere considerati minoranza”, ha sottolineato il pastore conosciuto per la sua posizione nazionalista e autonomista. “Gli ungheresi soffrono ancor oggi le conseguenze del Trattato di Trianon. Negli ultimi 15 anni il numero dei magiari di Transilvania è sceso di circa 200 mila persone. Se questo processo continuerà sarà una vera catastrofe etnica”. Tokes ha inoltre espresso la speranza che l’Europa unita possa dare agli ungheresi il “diritto di sopravvivere”. “In un’Europa senza confini non possiamo chiedere territori, ma vogliamo avere dei diritti, fra i quali anche la propria autonomia”.
Non solo magiari
Ma che cosa si vuole intendere per autonomia? Un’altra minoranza etnica, quella dei secleri o secui, che si dice discendente degli unni, ha avanzato il 5 febbraio, sia al governo di Budapest sia a quello di Bucarest, una richiesta di autonomia su base etnica. Ciò è stato contestato dal presidente romeno Basescu, il quale, il 17 febbraio, ha riferito che nessun’altra regione sarà più autonoma delle altre finché lui resterà in carica. I secleri vorrebbero che fosse riconosciuta la propria identità ed auspicano un’autonomia territoriale, il governo rumeno è disposto a concedere un’autonomia amministrativa nell’ambito del processo di decentralizzazione.
In un contesto territoriale che è stato, anche nell’immediato passato, caratterizzato da profondi conflitti la Romania si è guadagnata lo status di “modello” per come sono rispettati i diritti delle minoranze. Con 17 minoranze nazionali, tutte rappresentate nel Parlamento di Bucarest, il Paese dei Carpazi ha puntato chiaramente verso un modello di convivenza delle differenze. Dopo la caduta del regime comunista nell’89, alle minoranze nazionali vennero riconosciuti diritti sino ad allora non tutelati. Tra questi, dove le minoranze etniche costituiscono maggioranza a livello locale, l’uso della lingua materna nell’istruzione pubblica, la giustizia e l’amministrazione ed iscrizioni bilingue. In molte città della Transilvania i nomi delle strade, delle località o delle istituzioni vengono scritti in ungherese, tedesco e romeno.
Nonostante ciò ci sono ancora dei problemi riguardanti l’integrazione sociale, soprattutto quella dei Rom, e delle proteste da parte delle minoranze. La più grande, e per certi aspetti la più temuta di queste, riguarda proprio la minoranza ungherese un tempo sovrana della Transilavania. La più temuta perché in passato l’Ungheria cercò di riappropriarsi dei territori perduti dopo la Prima Guerra Mondiale attraverso un’alleanza con i regimi nazi-fascisti negli anni Trenta.