L'UE ed i Balcani: nè con te nè senza di te
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Giulia BravinAll'interno dell'UE accadono cose particolari. Mentre il Regno Unito dice addio all'Unione Europea ed il progetto comunitario si fa incerto, i Balcani occidentali, i quali ancora attendono il proprio ingresso nell'unione, cominciano a porsi molte domande. La Bexit ha fatto scattare la bufera? Ne parliamo con diverse persone della regione per scoprire cosa pensano delle dodici stelle.
Quando il 51,9% dei britannici ha deciso di non far più parte dell'Unione Europea, il resto dei paesi si è messo le mani nei capelli. I restanti 27 paesi si sono quindi chiesti se avesse ancora senso proseguire con l'allargamento. Per quanto possa sembrare paradossale, e per quanto la situazione possa risultare sottosopra, sei dei paesi che appartengono ai Balcani occidentali, Bosnia ed Erzegovina, Serbia, Montenegro, Kosovo, Albania ed ex Repubblica iugoslava di Macedonia, sperano di diventare Stati membri. Alcuni, come l'ex Repubblica iugoslava di Macedonia, ci stanno provando nientedimeno che dal 2005, anno in cui è diventato paese candidato. L'uscita del Regno Unito è stata una vera e propria doccia fredda per coloro che nutrivano speranze su Bruxelles, tuttavia, può realmente la 'Brexit' influire sulle sue aspirazioni e sul suo sviluppo democratico?
Agli inizi di luglio, l'organizzazione European Alternatives celebrò a Parigi il Civil Society Forum, un incontro al quale accorrono ogni anno centinaia di persone, principalmente dai Balcani, anche se pure dal resto d'Europa, per discutere sul futuro della regione e rivolgere una serie di raccomandazioni ai politici. Il sogno europeo è ancora vivo, però cominciano a sorgere i dubbi. "Siamo vittima della storia. Abbiamo sempre vissuto sotto occupazione. L'Albania è un paese piccolo al quale non hanno mai lasciato trovare il suo cammino. L'adesione è un diritto che ci viene concesso molto tardi", spiega Ani Ruci, un'attivista e giornalista albanese che ha fondato qualche anno fa Refleksione, un'organizzazione che lavora per i diritti delle donne nel suo paese.
Ancora non si sa come sarà l'uscita del Regno Unito, però alcuni si guardano indietro e cercano di fare il confronto tra la complicata disintegrazione della Iugoslavia e le divisioni interne che esistono oggigiorno tra l'Inghilterra, il Galles, la Scozia e l'Irlanda del Nord, in particolar modo con le ultime due, le quali hanno registrato un'ampia maggioranza popolare a favore del Remain nell'UE. In un articolo pubblicato dal Dipartimento di Storia dell'Università di Sheffield, intitolato Brexit, a lesson from Yugoslavia, [Brexit, una lezione dalla Iugoslavia] cerca possibili similitudini. "Come la Iugoslavia, il Regno Unito è uno stato multinazionale complicato che nacque da un progetto storico che ha sollevato molte polemiche". Secono l'autrice, la Serbia può essere comparata con l'Inghilterra. "Come nel caso degli inglesi che erani visti come dei bruti conquistatori in Scozia ed in Irlanda, così è stato per i serbi in Croazia, in Kosovo ed in Bosnia", scrive. "La creazione di entrambe le unioni fu preceduta da periodi di orribile violenza interetnica ed interreligiosa", osserva.
Secondo Ani Ruci, comparare la Iugoslavia con il Regno Unito non ha molto senso, e spiega: "Il contesto è completamente diverso (...) La disintegrazione dell'antica Iugoslavia si verificò con la caduta del comunismo in tutta Europa. Le repubbliche che la formavano vennero unificate con violenza. Non è il caso del Regno Unito", aggiunge. Sul Brexit: "La verità? Trovo triste che abbiano deciso di uscire. Quando si convive sotto lo stesso tetto, bisogna sacrificare il proprio interesse per quello del gruppo".
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Per la macedone Antoaneta Ivanova, fondatrice di Mladiinfo, una pagina web che fornisce informazioni su borse di studio, corsi, laboratori e opportunità formative non formali di tutta Europa, dopo la 'Brexit' è arrivato lo scetticismo. "Per molti anni abbiamo desiderato diventare Paese membro, e adesso che sembra che qualcosa non funzioni all'interno dell'UE, non ne siamo più certi", afferma. La regione, che ancora lotta per rimarginare le ferite del passato, vive con uno sguardo sempre attento rivolto verso le relazioni etniche ed i problemi di corruzione nell'intento di evitare che una scintilla faccia scoppiare un incendio. "La gente non ha molta familiarità con quello che succede su maggior scala. La crisi migratoria che attraversa l'Europa, per esempio, è allarmante, però in Montenegro a malapena si notava. Non ricevevamo immigrati. Il paese vive ancora in base a ciò che vede, in base alle questioni interne, giorno dopo giorno.", spiega Daliborka Uljarevic, la direttrice esecutiva del Centre for Civic Education con sede a Podgorica, la capitale del Montenegro.
L'altra faccia della medaglia
Tuttavia non tutto è incertezza. Per Valbona Zefi, albanese stabilitasi a Bruxelles, la 'Brexit' non è un fattore negativo per l'allargamento. "L'UE ha bisogno di paesi con sogni e voglia di formarvi parte. Alcuni se ne vanno, altri vengono. L'UE dovrebbe cambiare tattica ed approfittare del fatto che, in realtà, molti altri, come succede per i Balcani, ancora non si sono dati per vinti", dichiara. Comparare la Iugoslavia con il Regno Unito? Appartengono a realtà diverse, non è giusto farlo".
A differenza di Valbona, Igor Stiks, uno scrittore bosniaco stabilitosi nel Regno Unito, ritiene che la situazione sia più complicata giacchè, secondo lui, l'allargamento semplicemente "non avverrà", e se al contrario dovesse avvenire, l'UE non sarà come la conosciamo oggi". Continua: "Non sarà l'EU dei suoi sogni. l'Unione della solidarietà e della prosperità per tutti. Sarà un'unione economica. I Balcani continueranno ad esser una zona periferica. Ci saranno dei benifici per alcune élites politiche e culturali, però non per la gente comune". Convinto che le nostre azioni hanno delle conseguenze, aggiunge: "Quando i muri cadono, normalmente lo fanno sulla testa di qualcuno. Nei Balcani abbiamo avuto la sensazione che la caduta del Muro di Berlino sia crollato sulla nostra testa. Ora temiamo che il muro dell'UE faccia lo stesso, sempre su di noi".
Translated from La UE y los Balcanes: ni contigo ni sin ti