L’UE e l’India: da New Delhi al “new deal”
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Maria Assunta CastriotaCon un mercato di scambio di 80 miliardi di euro, l’India e l’UE vorrebbero intensificare i contatti, con un accordo per il libero scambio. Un'occasione per tuffarsi nelle profondità di questo partenariato economico e di svelarne gli interessi.
Il ministro degli esteri indiano, Salman Khurshid, è stato in Europa dal 28 al 30 dello scorso gennaio. A Bruxelles, si è intrattenuto con Catherine Ashton, rappresentante del servizio diplomatico dell’UE e avente la sua stessa carica politica. È stato, quindi, in occasione di questo tredicesimo incontro interministeriale e dopo sei anni di lunghe negoziazioni che le due parti si sono “impegnate ad assicurare che l’accordo per il libero scambio venga firmato al più presto”.
L’Unione Europea è il più importante partner commerciale dell’India
Nel 2011, l’UE e l’India hanno effettuato scambi commerciali per un valore di quasi 80 miliardi di euro. Quest’anno l’Unione Europea ha esportato merci per un valore di 40,4 miliardi di euro e ne ha importate dall’India per un valore di 39,4 miliardi. Rispetto al 2010, queste cifre indicano soprattutto un aumento delle transazioni del 17%. Sul piano degli scambi, il bilancio commerciale (eccedente per una quota di 1,1 miliardi di dollari da parte dell’UE, nda) permette all’Unione di compensare queste importazioni indiane nei settori dell’agricoltura, dell’energia ma soprattutto del tessile. Comprendiamo quindi meglio la fretta di vedere ratificato questo accordo che affronta questioni relative alle tariffe doganali e al miglioramento delle infrastrutture commerciali. Le parole che la Ashton e Khurshid si sono scambiati in occasione del loro incontro traducono bene il “piacere” di entrambe le parti nel vedere il loro rapporto di collaborazione economica concretizzarsi dopo lunghi anni di negoziazione.
Questo potrebbe generare una probabile ridistribuzione geo-economica a livello mondiale
Le relazioni diplomatiche tra l’UE e l’India sono nate negli anni ’60 e si sono estese nel 1994 con l’Accordo di Cooperazione che ha aperto la strada alle discussioni sulla politica e sull’economia. Gli ultimi due incontri interministeriali (Bruxelles, 2010 e New Delhi, 2012) erano stati caratterizzati dalla volontà dell’UE e dell’India di spostare il centro della loro relazione sulla cooperazione commerciale ed economica, impegnandosi anche sulle questioni politiche, di sicurezza o riguardanti i Diritti dell’Uomo. Se nelle relazioni politiche tra l’UE e l’India si stanno ancora muovendo i primi passi, tutti gli sforzi sono invece concentrati sui legami economici. Nell’ottica di questo futuro mercato, il continente europeo ha tutto l’interesse di presentarsi di fronte all’India sotto forma di Unione: questo gli permetterebbe di rimanere il suo primo partner commerciale.
Il futuro del partenariato
La ratifica del trattato di libero scambio tra l’UE e l’India condurrà a un mercato più dinamico costituito da 1,7 milioni di abitanti. Le prospettive di crescita e di prosperità reciproche, che vengono così a crearsi, potrebbero urtare gli interessi dell’economia del XX secolo e permettere all’UE come all’India di ostentare un contropotere economico di scelta di fronte alla potenza cinese e americana. Questo potrebbe generare una probabile ridistribuzione geo-economica a livello mondiale. “Se gli 80 miliardi di euro di scambi del 2011 possono apparire come una cifra considerevole, essa resta ben al di sotto del potenziale anticipato dai ricercatori”, spiega Danièle Smadja, ambasciatore dell’UE in India. Un potenziale che dipende essenzialmente dalle politiche sulle barriere e sulle tasse doganali.
L’introduzione del libero scambio tra l’UE e l’India dovrebbe permettere un volume di scambio più importante. Un aspetto piuttosto positivo secondo l’UE, per la quale l’India rappresenta un mercato essenziale per la propria ripresa economica. “Questa situazione riguarda parti importanti dell’economia europea. Pensando al settore dell’auto, sappiamo quanto sia importante, sia per la Francia che per la Germania, aprirsi al mercato indiano”, riprende Smadja.
L’India ha preso coscienza dell’importanza degli investimenti diretti esteri (IDE) da quando, nel 2004, Manmohan Singh è divenuto Primo ministro. Questi IDE, diventati essenziali nell’economia attuale, sono ora considerati dall’India un’importante forza di sviluppo economico per il paese tanto che sono state introdotte diverse riforme liberali volte ad attirare nel paese gli IDE. Recentemente, l’India ha permesso delle concessioni nei settori della grande distribuzione, delle telecomunicazioni e dell’aviazione. Lo scorso settembre il governo indiano ha aperto il commercio al dettaglio agli investitori stranieri. Da allora, le multinazionali della grande distribuzione possono aprire qui dei supermercati e detenere fino al 51% del capitale. Ciononostante, questa riforma, attesa a lungo per rilanciare l’economia indiana morosa, ha provocato una rivolta politica e sindacale. L’arrivo della grande distribuzione potrebbe portare alla sparizione dei piccoli commercianti che rappresentano il 93% del commercio al dettaglio indiano.
Per numerosi esperti di politica ed economia, l’economia indiana resta vulnerabile a causa della riluttanza verso gli investimenti esteri. Se le riforme indiane riuscissero a rendere il paese un po’ più aperto, l’India potrebbe diventare una delle destinazioni preferite degli investitori in ragione di una manodopera a buon mercato associata a una buona qualità di produzione. Malgrado ciò, i timori dell’apertura di mercato ultra-liberale, spaventano gli organi sindacali sia in India che in Europa, cosa che i politici dovranno prendere in considerazione per assicurare un partenariato indo-europeo giusto e dinamico.
Foto: copertina (cc) abhiomkar/flickr (sito ufficiale); testo: Ashton (cc) european_parliament/flickr, Salman Khurshid,© Wikipedia.
Translated from L’UE, l’Inde et le libre-échange : de New Delhi au New Deal