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<< Tchip >> : il sorriso del disprezzo

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Diana Quadri

Proibire lo <<tchip>> nelle scuole, questo è il nuovo cavallo di battaglia per alcuni presidi che tentano di fermare questo rumore di suzione così particolare, sinonimo di malcontento e disprezzo tra gli allievi. Ma di fatto, che cos’è lo <<tchip>>?

Un nuovo male si aggira nelle scuole francesi, un male che risponde al dolce nome di <<tchip>>, questo risucchio sinonimo di derisione e disprezzo. I professori ne hanno abbastanza di farsi <<tchipare>> durante le giornate dai loro alunni e numerosi sono i licei e i collegi che pensano di vietare lo <<tchip>> nel regolamento, dopo l’iniziativa presa da un preside di un liceo d’Evry, nella provincia parigina.

Lo <<tchip>>, un linguaggio ricco

Lo <<tchip>> è un’onomatopea prodotta serrando i denti e provocando una leggera suzione della lingua. E’ utilizzato per esprimere malcontento o sdegno e le sue origini si trovano nella cultura africana e caraibica. Inoltre, in Costa d’Avorio, si parla di <<tchourou>>, di <<tchrrr>> o ancora di <<tchuii>> per indicare questo suono particolare.

Lo tchip rappresenta di per sé un vero linguaggio. Certo, un linguaggio non verbale, contenuto in un unico suono, ma che possiede paradossalmente una moltitudine di possibili significati, a seconda del contesto in cui è utilizzato. Lo stesso modo di <<Tchipare>> (un fischio lungo o corto), permette d’esprimere tutto il contenuto e l’intensità del disappunto. << Io <<tchipo>> quando sono nervosa, impaziente o quando ironizzo>> spiega Fanta, una giovane ivoriana di 25 anni. In Africa, <<tchipare>> è un banale atto quotidiano, tanto che fa parte integrante dei codici culturali. Una madre può <<tchipare>> suo figlio in veste di rimprovero perché ha commesso un errore, <<tchipare>> perché i prezzi sono aumentati al mercato, o anche, <<tchipare>> perché ha perso l’autobus.

Ridwan, 15 anni, va in seconda liceo a Brunoy nella provincia parigina. Lei <<tchipa>> da sempre perché fa parte dei suoi codici culturali. A suo parere << è molto più facile “tchipare” i nostri prof, perché la maggior parte non sanno che significa>>. Thibaud, 28 anni, vive a Parigi e nonostante sia bianco usa ugualmente lo <<tchip>>. <<Ho scoperto lo “tchip” a 15 anni a contatto con degli amici di colore. Per me, lo “tchip” non è diverso da un’altra onomatopea come “Pfff” o il gesto “parla alla mia mano”. La sola differenza, è che non lo faccio che in presenza dei miei amici neri, tra la gente che lo comprende, perché è un linguaggio della comunità che non è sistematicamente conosciuto da tutti.>> E’ lo stesso per Mamadou, 29 anni, che è cresciuto in Burkina Faso e vive da 10 anni a Parigi. A lui viene da <<tchiper>> ma unicamente con i suoi amici neri o <<chi viene dal paese>>.

Il Magic System di Christiane Taubira

Lungamente associato alla comunità nera, lo <<tchip>> si è allargato a molte altre comunità. Il mix culturale ha aiutato, aggiungendo l’effetto camaleonte, la scuola sembra essere stata uno dei luoghi più adatti per la diffusione e la democratizzazione del <<tchip>>. <<A forza di imitarci, i miei compagni sono finiti per mettersi a <<tchipare>> anche loro. Tutto ciò mi sbigottisce perché so che non li appartiene, ma mi ci sono abituata >>, ammete Ridwan. Il suo fratellino di 10 anni, Antoine, <<tchipa>> ugualmente nella sua classe <<quando il maestro non è simpatico>> e i suoi compagni, di origini confuse, fanno lo stesso.

Le <<tchip>> è così popolare che non è raro sentirlo alla televisione o sulla scena. Che sia trattato in maniera umoristica con Kevin Razy o sul palco con Claudia Tagbo duranto uno sketch, in maniera pedagogica su Arte nel show Karambolage, o caotica con Christiane Taubira all’assemblea nazionale, lo <<tchip>> è presente dappertutto nella sfera pubblica.

Claudia Tagbo- Lo Tchip

Per Marthe, 38 anni, madre di Ridwan e Antoine, la popolarizzazione del <<tchip>> è legata all’apertura dello spirito della società, molto più propensa ad ascoltare della musica proveniente dall’Africa come <<Coupè Dècalè>>, o il gruppo Magic System e ad apprezzare le espressioni che sentono. In effetti, ben altre espressioni africane come <<enjaller>> (dallo slang ivoriano o nouchi) o ancora <<zarma>> (dall’arabo) sono rientrati nello slang, ma questi ultimi non fanno scandalo a scuola come fa lo <<tchip>> attualmente.

Una riappropriazione culturale che fa polemica

Ben che <<tchipare>> sia meno corrente nella cultura africana, è risaputo che non si <<tchipa>> ai propri genitori o persone più vecchie, perché è un segno di grave insolenza, una mancanza di rispetto e un insulto. E qui sta il punto debole, perché le nostre care testoline delle scuole secondarie e dei licei <<tchipano>> a chi vogliono oggigiorno. Si tratta di una riappropriazione culturale troncata o deviata, perché non rispetta i codici stabiliti. Non c’è da stupirsi che sia un preside di origine africana ad aver lanciato il primo allarme su questa usanza. Da qui il divieto nelle scuole francesi, le istituzioni non andranno troppo lontano?

<<E’ un falso dibattito, il vero problema non è tanto lo “tchip” piuttosto la questione  dell’autorità e della relazione insegnante-allievo.>>, dichiara Mamadou, che trova questa polemica sopravalutata. <<Io penso che lo “tchip” è percepito come una forma d’influenza  degli immigrati nella società francese e in una società in cui i nazionalismi crescono e i migranti spaventano, è normale che la polemica prenda il più ampio margine>>, stima lui.

Al contrario, Thibaut pensa che la polemica sia giustificata e che bisogna proibire lo <<tchip>> a scuola. <<Di fronte a gente che non capisce, “tchipare” è un modo per rompere il dialogo. Non solo è irrispettoso che gli alunni lo facciano ai loro professori, ma è inoltre un modo per rifiutare la gerarchia.>> Dei genitori degli allievi s’interrogano allo stesso modo. Fabien, 48 anni, genitore di un ragazzo di 9 anni, confessa di non comprendere il divieto. <<Che dire della libertà d’espressione così preziosa per i tempi che corrono? Per me, proibire equivale a incitare a “tchipare”, perché i giovani sono attratti dalla disobbedienza. Perché non fare della prevenzione?>> Una questione che ne tira fuori un’altra: chi avrebbe detto che un semplice rumore con la bocca potesse fare tanto dibattito nei corridoi delle scuole francesi?

Translated from Le « Tchip » : le sourire du dédain