los chicos del puerto
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Roberta Minardi“Los chicos del puerto”, il terzo film di Alberto Morais, non riesce a entrare in sintonia con il pubblico. È poco credibile, insipido e non trasmette quel senso profondo dell’”importanza del viaggio” che avrebbe voluto comunicare il regista.
Scheda tecnica
Anno: 2013
Sceneggiatura: Alberto Morais e Ignacio Gutiérrez-Solana
Durata: 78'
Paese: Spagna
Regia: Alberto Morais
Musica: Xema Fuertes
Fotografia: Bet Rourich
Cast: Omar Krim Alapont, Blanca Bautista Díaz, Mikel Sarasa Huici, José Luis de Madariaga, Ricardo Herrero, Pepa Juan
Produzione: Olivo Films
Il viaggio come apprendimento è uno dei temi più ricorrenti e più belli della letteratura e del cinema. È un tema interessante dal quale è possibile trarre molto. Tuttavia, nonostante gli iniziali propositi, “Los chicos del puerto” non raggiunge l’obiettivo. La storia non entra in contatto con il pubblico, i personaggi non hanno profondità sufficiente e a livello visivo il film è uno tra tanti.
Miguel, insieme ai suoi amici Lola e Guillermo, decide di intraprendere una missione che il nonno, rinchiuso in casa, non può realizzare: portare una casacca militare davanti alla tomba di un amico defunto. Da lì i tre amici girano da soli per Valencia senza la protezione di nessun adulto.
L’idea non è male, ma lo spettatore non riesce a immedesimarsi con i protagonisti. Sa molto poco di loro, di ciò che pensano o sognano. È difficile capire le motivazioni profonde dei personaggi e individuare il senso di ciò che succede.
“Los chicos del puerto” non sembra credibile, non convince il fatto che i personaggi possano trovarsi in quelle situazioni come se nessuno li vedesse. Insomma, l’idea originale era buona, ma il film non è all’altezza di ciò che ci si aspettava.
Antonia Ceballos
Translated from Los chicos del puerto