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Lords of Palermo: gli skater del Tribunale

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LifestylePalermo

Si sentono degli strani rumori ogni martedì sera dietro il Palazzo di giustizia di Palermo. Rumori sordi, di tavole da skate che si infrangono sulle grandi ali di rame che raffigurano la Giustizia. Abbiamo passato una serata in compagnia della crew HSC e vi raccontiamo con le immagini la loro passione per lo skateboarding.

Alle spalle del Palazzo di giustizia di Palermo, tra le colonne di piazza della Memoria (intitolata all'inizio degli anni duemila ai magistrati morti per mano di Cosa nostra), ogni martedì sera si riuniscono skater di tutte le età per perfezionare i trick più conturbanti.

Hanno tra i 14 e i 40 anni, sono italiani, stranieri, semplici appassionati o professionisti dello skateboard, che hanno trovato sui gradini irregolari dello spazio davanti al Tribunale la giusta ispirazione per esercitarsi nelle loro acrobazie. È un micromondo che non ti aspetti: giri l’angolo, e quello che di giorno è un luogo popolato solo da professionisti incravattati si trasforma in uno skate park spontaneo, dove lo sport è l’unico vero protagonista.

Gli skater di Palermo

A Palermo non esiste un posto dove provare i propri trick e flip, e allora bisogna accontentarsi di piazze pubbliche che abbiano forme affini a quelle di uno skate park. I ragazzi della crew HSC si battono da anni per avere un posto tutto loro: qualche tempo fa gli era stato affidato uno spazio all’interno dell'ASK 191, un centro sociale autogestito a Palermo, ma a seguito di alcuni disordini le Forze dell'ordine hanno apposto i sigilli.

Eppure la comunità dello skate a Palermo è più popolosa di quanto si immagini. Alcuni di questi giovani sono delle vere e proprie celebrità nel campo. Il negozio Yankee di Palermo, i cui dipendenti hanno fortemente a cuore il futuro dello skating nel capoluogo siciliano, è uno dei più grandi store della Sicilia e si occupa di riparare tavole e fornire pezzi di ricambio unici nel loro genere.

Purtroppo gli sport cosiddetti minori a Palermo sono a malapena considerati. Allora passare la cera su un gradino pubblico per non farsi male con lo skate non può essere condannato come un atto vandalico, perché è semplicemente l’unica alternativa che questa città offre a chi ha la passione per un'attività sana e divertente, ma che è priva di una sede propria.

A lezione di antimafia

Fa un certo effetto vederli scivolare su quei gradoni, tra le lettere argentate che riportano i nomi dei giudici che hanno fatto la storia dell’antimafia italiana. C’è Giovanni Falcone, sua moglie Francesca Morvillo, Paolo Borsellino, Rocco Chinnici.

«Tu lo sai chi era Rocco Chinnici?» chiedo a un ragazzo che sta provando la sua acrobazia proprio sul gradino che porta il nome del primo capo del Pool antimafia. La sua risposta: «Credo sia stato un capomafia...?». Allora mi soffermo un attimo: mi trovo a pensare che lo sport dovrebbe servire a qualcosa di più che guadagnare soldi con gli sponsor e la pubblicità. Dovrebbe servire a diffondere la conoscenza, a fare informazione, perché quando rispondo a quel ragazzo che no, non è così, e gli spiego chi sia davvero Chinnici, lui si siede ad ascoltare tutta la storia con gli occhi curiosi. Gli occhi di chi vorrebbe davvero imparare, se solo ne avesse la possibilità.

D'altronde lo ha detto lo stesso giudice Chinnici, nella sua relazione a un incontro di studio organizzato dal Consiglio Superiore della Magistratura. Era il 3 luglio del 1978, a Grottaferrata: «Parlare ai giovani, alla gente, raccontare chi sono e come si arricchiscono i mafiosi (...) fa parte dei doveri di un giudice. Senza una nuova coscienza, noi, da soli, non ce la faremo mai».