Lontano dai media, lontano dal cuore: segni di vita dalla Grecia
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Irene FornariI media tedeschi hanno escluso la Grecia dallo stretto novero dei "temi caldi": non c'è da meravigliarsi, vista la situazione dei rifugiati in Germania. Se per chi vive in Grecia la quiete mediatica può portare qualche vantaggio, l'esperienza insegna che la strategia "lontano dagli occhi, lontano dal cuore" non offre mai grandi soluzioni ai problemi.
Circa un mese fa i greci hanno eletto un nuovo Parlamento. Forse alcuni se ne ricorderanno ancora: l'evento ha avuto scarsa considerazione da parte dei media tedeschi. Mentre le dimissioni del vecchio (e rieletto) Primo ministro Alexis Tsipras sono state monitorate con grande attenzione, i titoli apparsi sui quotidiani tedeschi il lunedì successivo alle elezioni in Grecia rivelavano poco o nulla del risultato elettorale.
Vale la pena ricordarlo, dunque: Syriza, il partito di Tsipras, ha vinto le elezioni. Il partito conservatore Nea Dimokratia è riuscito a migliorare solo lievemente il risultato conseguito alle precedenti elezioni di inizio anno, mentre i fascisti di Alba Dorata sono diventati la terza forza politica del Paese. Certo, è comprensibile che in Germania il tema dei rifugiati, così come l'enorme fermento causato dalle manifestazioni del movimento populista di estrema destra PEGIDA e dal nuovo partito Alternativa per la Germania (AfD, fondato nel 2013), attirino su di sé tutta l'attenzione. Eppure entrambi questi temi mostrano come la scarsa attenzione mediatica, insieme a una narrazione di parte, contribuiscano all'acuirsi di una situazione già critica.
La vecchia Grecia rimane al potere
Lo stesso discorso vale anche per la Grecia. Dopo una lunga permanenza in primo piano nella rassegna stampa tedesca, il red carpet, di solito riservato dai media ai capri espiatori preferiti del momento, è oramai lontano. Almeno per ora. Mentre in Germania si parte dal presupposto che il potere sia finito nelle mani di un ideologo di sinistra catapultato nella realtà, in Grecia è scomparsa ogni speranza che la situazione migliori e anche l'ultimo barlume di fiducia nella democrazia. Anche il nuovo Governo poco è cambiato.
I cittadini greci hanno lasciato al suo posto il Primo ministro uscente, anche se non gode più della loro fiducia. All'inizio del 2015, quando Tsipras ricevette l'incarico di formare il Governo per la prima volta, per i cittadini la questione prioritaria era la rottura con il vecchio sistema, incarnato dai partiti storici PASOK e Nea Dimokratia. Entrambi sono sinonimo di nepotismo, corruzione e frode fiscale. C'è stato un periodo in cui era proprio il partito conservatore Nea Dimokratia il partner politico preferito di istituzioni falsamente e ipocritamente riformatrici.
In seguito alle elezioni del 2012 Syriza era diventato il maggior partito di opposizione alla coalizione di Governo, composta da tutti i vecchi partiti di stampo popolare. Proprio allora diversi membri del socialdemocratico PASOK, partito che oggi lotta per la sopravvivenza, passarono a Syriza. In questi giorni si può osservare un fenomeno analogo nel gabinetto presieduto da Tsipras. Dopo la rottura con l'ala sinistra del proprio partito, consumatasi ad agosto poco prima delle ultime elezioni parlamentari, tutti i ministeri sono stati occupati da ex membri di Nea Dimokratia e del PASOK. Diversamente il Ministero della difesa è sotto la guida dell'ANEL, partito populista di estrema destra che milita nella coalizione del Governo Tsipras.
Ciò che rimane è la stagnazione
Certamente, alla luce di un quadro simile, non ci si può aspettare molto dinamismo in Grecia. I presunti pacchetti di aiuto (che non sono costati nemmeno un centesimo al popolo tedesco, tutt'altro) serviranno unicamente a sostenere il salvataggio delle banche. Anche stavolta, come già in passato, questa distorta politica della crisi, che nei media viene definita con l'eufemismo vergognoso di "aiuti alla Grecia", non porterà alcuna crescita economica nel Paese.
Prima delle elezioni legislative per il Bundestag, previste per il 2017, non si parlerà certamente di taglio del debito. La Cancelliera Merkel, che nel frattempo si lascia celebrare dai media quale paladina dei rifugiati anche a costo di perdere l'approvazione del suo stesso partito, non cederà su questo punto. Ma tutto questo non fa l'interesse della Grecia, poiché chiunque conosca questo tema, anche solamente a grandi linee, sa bene che il Paese non tornerà a camminare sulle proprie gambe senza una ristrutturazione del debito.
Non sorprende il fatto che l'ipocrita richiesta fatta alla Grecia da parte dei Paesi cosiddetti "creditori", cioè quella di lavorare per una maggior giustizia fiscale e di combattere la corruzione, sia destinata a cadere nel vuoto. Il fatto è che questa richiesta è diretta ai rappresentanti di un sistema che (1) è invischiato fino al collo in corruzione e nepotismo e (2) dal 2012 non ha fatto nemmeno un passo in avanti nell'affrontare questa situazione. Ma queste non sono certo novità. Non sono solo i settimanali di sinistra, come Freitag, oppure la Tageszeitung, ad averlo sottolineato più volte: anche i media principali si sono espressi criticamente verso il "salvataggio della Grecia".
Il disinteresse non paga
In questi giorni diventa sempre più chiaro che il disinteresse non contribuisce alla soluzione del problema: anzi, questo viene caricato tutto sulle spalle degli innocenti. Migliaia di rifugiati siedono sotto la pioggia e al freddo, vogliono recarsi in Germania, un paese che mostra le capacità di saper affrontare le sfide. Molti si chiedono perché mai queste persone non desiderino restare negli altri Paesi, dimenticando che la maggior parte degli Stati europei, ad esempio anche l'Austria, si trovano a dover lottare contro enormi problemi di tipo economico.
La cronaca dei media sulla Grecia, pilotata da interessi e per lo più omogenea, gioca un ruolo anche in questo. Il focus mediatico totalmente sbilanciato sul Paese ellenico ha creato l'illusione che negli altri Stati membri vada tutto a meraviglia. Il quadro che ne risulta è allarmante: gli Stati europei si trovano nel bel mezzo di un processo di crescente rinazionalizzazione. Correnti di estrema destra, dapprima marginali, entrano sempre più all'interno della società. In Germania, l'AfD è al 7% a livello nazionale. "Che cosa ha a che fare questo con la Grecia?", ci si potrebbe chiedere. La risposta è questa: l'Europa non è stata in grado di usare la Grecia come una chance di rilancio.
Stato nazionale contro problemi globali
In un mondo globalizzato, la volontà di risolvere i problemi sul piano statale-nazionale è una pura illusione. E ciò che viene indicato come "crisi greca" altro non è che un indicatore di sistematiche anomalie, le quali non si limitano al caso greco. Non voglio dire qui ancora una volta in che cosa le istituzioni abbiano fallito: basta leggere questo e altri magazine, così come giornali rinomati, riviste e altri mezzi di informazione per farsene un'idea approfondita.
Proprio nell'approccio alla crisi dei rifugiati, e in un certo senso anche nell'interesse da questi dimostrato verso la Germania, si può leggere chiaramente il fallimento dell'Europa. Se si fosse imparato qualcosa dalla crisi greca, per esempio che occorre porre il bene comune al di sopra degli interessi degli Stati nazionali, l'accordo di Dublino (che regola il diritto d'asilo, n.d.r.) sarebbe già da tempo una storia passata. Ci si sarebbe potuti preparare meglio agli arrivi in massa, invece di lasciare la gestione dell'emergenza all'improvvisazione della popolazione civile.
In Stati come la Grecia, che da anni debbono fare i conti con numeri sempre maggiori di rifugiati, si sarebbero potute costruire delle strutture di accoglienza, in modo da permettere loro di rimanere nel Paese almeno temporaneamente, almeno all'inizio. In questi giorni migliaia di rifugiati non si troverebbero a dover temere l'inverno per le strade d'Europa. E i Ministri degli esteri europei, in occasione del vertice straordinario, avrebbero potuto cooperare in modo unito e risoluto.
Se alla Germania va bene, va tutto bene?
La Germania non è semplicemente la locomotiva d'Europa e il maggior obiettivo dei rifugiati. I "partner europei" si trovano piuttosto a dover fare i conti con il potere economico della Repubblica federale. Ed è proprio la crisi greca ad aver dimostrato in modo lampante che il Governo federale tedesco non ha nessun interesse alla creazione di una Europa forte, finché questo significa dover rinunciare ai propri vantaggi.
Esattamente come lo scarso interesse verso la questione dei rifugiati non porta a una assenza di rifugiati, è evidente che a lungo andare, e su altri piani, una politica concentrata sull'interesse nazionale non sarà in grado di proteggere dai problemi. Proprio per questo motivo, bisognerebbe rivolgere delle domande critiche sul caso greco ed esigere delle risposte anche in relazione ad altre questioni, come l'emergenza dei rifugiati. Poiché questo è certo: sottrarsi alle responsabilità significa solamente sfidare il tempo.
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Questo articolo è stato pubblicato sul blog eudyssee.net.
Translated from Aus den Medien, aus dem Sinn: Lebenszeichen aus Griechenland