L’Occidente, la pizza e l’Islam
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Quando una pizza ti fa capire che la democrazia è universale, ma non da esportazione. E un'oliva ti apre la mente.
L’ottima pizza che ho mangiato in un’osteria di Trastevere a Roma era fatta di pomodori e mozzarella napoletani, di farina ucraina, di capperi tunisini, di olive siriane ed ho scoperto che nel museo dell’Abruzzo bizantino si conservano splendide lampade ad olio fabbricate in Egitto, forse dagli avi del superbo pizzaiolo che mi ha fatto leccare i baffi…
Lo scontro c'è. Ma le civiltà non c'entrano.
Le culture si scontrano solo sulle riviste impegnate! Esse vivono di scambi ed oserei dire che non sopravvivono senza scambi e flussi più o meno bidirezionali. Il rapporto che l’Europa e l’Occidente intrattengono da secoli con il mondo islamico non è fatto solo di capperi e olive: dai numeri alle bussole, da centinaia di voci lessicali alle contaminazioni architettoniche mai frontiera fu tanto effimera. Le culture, infatti, camminano sulle gambe di uomini che viaggiano, studiano, si innamorano, si ammazzano e non possono ridursi a contenitori a tenuta stagna. Ecco perché sostenere che dopo la guerra fredda le relazioni internazionali (e dunque le relazioni euro-mediterranee) saranno dominate dallo scontro tra civiltà è solo un modo sbagliato di rispondere alla domanda posta, nel più drammatico dei modi, dall’attacco dell’11 settembre. Lo scontro c’è, ma non si tratta di uno scontro culturale. Lo scontro è politico.
Mentre i giovani del Cairo si vogliono martirizzare...
Accettare la tesi dello scontro culturale tra Occidente ed Islam non solo sarebbe negato dall’evidenza di un processo di globalizzazione che amplifica le contaminazioni reciproche tra le culture e rende la nozione stessa di “civiltà” priva di senso. Ma significherebbe l’accettazione di un dato immutabile, in quanto culturale, come lo spirito dei popoli di Montesquieu o la superiorità della razza ariana di cui parlava qualcun altro: uno scontro esistente, imminente, necessario, incontrastabile e quindi senza vincitori. Non sarebbe la fine della Storia, ma la fine della Politica.
Lo scontro invece è politico e riguarda la democrazia per noi e per gli altri, per quelli che ne godono e per quelli che ne sono esclusi. La madre di tutte le differenza politicamente rilevanti tra le due sponde del lago mediterraneo è la democrazia, vanto dell’Europa e spauracchio delle nuove satrapie petrolifere. Ed a ben guardare il terrorismo è uno dei figli della non democrazia o della a-democrazia. Se ti è vietato, come in tutti i paesi islamici (anche i più moderati), costituire un’associazione, riunirti pacificamente, leggere una stampa indipendente dal governo in carica e l’unico luogo di aggregazione sociale e pubblico è una moschea, non è poi così difficile capire perché al Cairo (non in un campo profughi palestinese!) in un solo giorno 400 studenti universitari si siano dichiarati pronti a martirizzarsi in nome di non so quale versetto coranico.
Se l'UE volesse aderire... all'UE
Durante la guerra fredda l’Occidente si è permesso di chiudere gli occhi (in funzione anti-comunista) nei confronti di diversi regimi non proprio democratici. L’11 settembre e le sue conseguenze devono e possono aprirci gli occhi e mostrarci che il nemico del nostro nemico non è necessariamente un amico. Oggi la parola democrazia non può più avere il senso ideologico a cui la riduceva, a volte, l’equilibrio di Yalta. Oggi la parola democrazia può essere opportunità concreta ed è su di essa che deve essere rifondato il rapporto dell’Occidente con se stesso e con l’Islam.
L’Europa può adoperarsi affinché siano rimossi gli ostacoli che impediscono a milioni di donne ed uomini di esercitare diritti e doveri che non sono un mero prodotto della cultura occidentale e che non sono stati proclamati da nessun profeta, ma costituiscono il risultato di una rincorsa tragica, alla ricerca di una perfezione di cui si riconosce l’inesistenza. Si tratta di mettere in condizione le donne e gli uomini del mondo islamico di poter scegliere la democrazia.
Ma tutto ciò sarà impossibile e vano finché l’Europa non rimetterà la democrazia al centro delle proprie preoccupazioni, a casa propria. L’Europa non può predicare la democrazia finché esisterà il paradosso in base al quale se l’Unione europea dovesse chiedere di entrare…nell’Unione europea, sarebbe rifiutata per mancato rispetto degli standard democratici. Si tratta di dare agli europei quella democrazia promessa da 60 anni.
Ecco perché non solo la pizza, ma anche la politica può unire da subito le due sponde del Mediterraneo in nome di una democrazia che non è un bene da esportazione, né la dichiarazione di principi di chi predica bene e razzola male. Una democrazia che ci permetta di dialogare con noi stessi e con l’Islam, una democrazia che cessi di essere ideologia. Una parola Occidente che sia scritta con la “o” minuscola. Come dice Adriano Sofri. Come quando si scrive la parola “oliva”.