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Lo spazio economico UE e l’iper-regolamentazione

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Contribuito di Cafè Babel Bulgaria. L’Europa è un iper-regolato, extra-legislativo, incubo burocratico?

Fu Bastiat per primo ad indicare quali stimoli conducono verso una società iper-regolata. Il governo introduce leggi di cui in pratica beneficiano solo gruppi relativamente piccoli. Questo non solo permette ad alcune persone di vivere alle spese degli altri, ma soprattutto cambia gli stimoli nei comportamenti economici delle entità di mercato. Così la ricerca del profitto si tramuta nella ricerca della rendita, gli interessi personali nel sacrificio personale, i diritti di proprietà in diritti artificiali.

(1) Le risorse naturali di un paese potrebbero essere il motore che conduca alla sua prosperità. Eppure, diamanti, oro e petrolio non valgono nulla se la creatività umana è imprigionata. Secondo la scuola liberale economica il valore può esser creato soltanto nel processo di scambio. La ricerca del profitto incoraggia così la gente a scoprire e sviluppare. Quando una legge introduce dei privilegi per un piccolo gruppo di persone, ad esempio una tassa d’importazione, crea realmente una rendita per il produttore nativo, la cui produzione è incoraggiata soltanto perché protetta dai confini del proprio paese. Lo scopo statale è quello di tenere bassa la disoccupazione poiché le importazioni più convenienti distruggono posti di lavoro. Proteggendo un ramo che non poteva essere altrimenti competitivo. Si mira al numero nominale attuale di posti di lavoro, dimenticando la flessibilità dei lavoratori e la loro abilità nel cambiare le loro qualifiche o soltanto il loro datore di lavoro. Le tariffe che praticano funge inoltre da stimolo per un cambio di comportamenti negli altri rami non protetti. Gli operatori di mercato sono incoraggiati così, a cercare l’aiuto governativo. La ricerca del profitto si trasforma in ricerca di una rendita. Ed ecco che la gente utilizza il suo tempo, i propri soldi e la propria abilità non a scoprire e svilupparsi, ma per operare pressioni per aiuti statali. Il risultato è minore prosperità.

In che misura è valida l’ultima inversione di stimoli in relazione all'UE? Secondo il recente studio di Patrick Messerlin i costi di protezione ammontano in Europa attorno al 6-7% del GDP. 22 settori estremamente protetti nell'UE sono il soggetto dello studio. L'effetto valutato di questi enormi costi è salvaguarda il 3% di tutti i posti di lavoro. Nominalmente ciò equivale a 220.000 € per salvare un solo posto di lavoro. Dieci volte il salario annuale medio in UE. “Rendite private massicce sono il prodotto di questa protezione per un gruppo di pochi eletti, e i più grandi costi che ne risultano sono imposti sulla stragrande maggioranza dei consumatori europei”. Non ne viene nulla gratis, il 3% dei posti di lavoro sono tratti in salvo con il sacrificio di tutti i consumatori. Le rendite per i produttori locali sono valutati intorno al 30%. Più alto ancora delle tariffe che hanno creato la rendita.

Il processo di convergenza delle nazioni europee è connesso alla caduta delle barriere commerciali interne e all'imposizione di nuove barriere esterne. Il che incoraggerà le economie europee a crescere e a svilupparsi insieme. Ma avicinerà anche il mercato UE al commercio internazionale? Come crescerà poi l’UE dopo che accoglierà i paesi restanti del Vecchio Continente e che avrà messo intaccato la barriera fisica per l’allargamento?

Il libero mercato è sempre un beneficio per entrambi le parti in ragione dei cosiddetti vantaggi comparati ed ecco perchè il protezionismo UE non solo è dannoso per gli europei ma anche per le altre nazioni potenziali partner commerciali. È assai poco saggio attaccare i paesi poveri con dazi protettivi e spendere soldi allo stesso tempo, in aiuti governativi per gli stessi paesi, ed è anche due volte costoso per gli europei.

(2) L’interesse personale non è un peccato finché non danneggia gli altri. I sacrifici personali non sono virtù finché riguardano soltanto un uomo solo. Cosa accade poi se tali sacrifici son regolati per legge e richiesti ad ognuno? Le tasse sono una forma di sacrificio personale. La questione principale non è comunque se le tasse debbano o meno esistere ma piuttosto a che estensione di reddito dovrebbero essere imposte. Quando i sacrifici personali rendono impossibile i propri interessi?

L'OECD ha calcolato nel 42% per il 2001 la valutazione dei carichi fiscali dell'UE, includendo gli impegni di sicurezza sociale. Circa la metà del GDP va a coprire costi pensionistici, sussidi agricoli, programmi governativi e così via.

Non è da briganti evadere le tasse se sono molto alte. La tattica “tutto o nulla” è una realtà nei comportamenti economici correnti. La direttiva europea sulle imposte sul patrimonio ha lo scopo di ridurre l’evasione fiscale ma potrebbe fallire, perché i paesi-paradisi fiscali non possono permettersi di perdere investimenti. Il flusso di denaro è comunemente comparato con i movimenti di un fiume che sfuggono ad ogni barriera.

Una abnegazione forzata finisce per modificare gli stimoli personali e i propri interessi nlle proprie attività. Col sistema di pensioni come-ti-muovi-paghi "la sicurezza sociale diventa una tassa sull’utilizzo del posto di lavoro, non un investimento". Il collegamento tra gli sforzi fatti e i premi è andato in frantumi. La gente se ne disinteressa quando il suo reddito passa attraverso un tale sistema.

La Stabilità Europea e il Patto di Crescita assicura che i governi manterranno deficit di bilancio non eccessivi e debiti non alti anche laddove falliscano nel limitare l'estensione del carico di debito implicito, creato dalla mancanza di copertura per le pensioni. Comunque le idee discusse per unificare le aliquote d’imposizione all'interno dell'UE mette in luce la mancanza di competizione fiscale tra i paesi membri che, se sviluppate, porteranno ad aliquote fiscali non ottimali per lo sviluppo economico.

(3) I diritti di proprietà tendono a trasformarsi in diritti di welfare artificiali quando una società è iper-regolata. Il trend nuovo di regolamentazione nell'EU è una barriera tecnica al commercio. È un genere relativamente nuovo di protezionismo che mira a fermare i prodotti di bassa qualità, a impedir loro l’ingresso nel mercato europeo. La motivazione è che un pubblico così largo non può saggiare e valutare la qualità dei prodotti. Al commercio vengono così imposti un ammontare enorme di requisiti qualitativi per i beni, preoccupazioni per la sicurezza del cibo, la protezione del consumatore. Vendere e possedere una merce non rappresenta più un atto di libera volontà. Si tratta di dover concordare con le regolamentazioni di EU.

Ci sono migliaia di direttive riguardanti il tutto o il nulla – dal trattamento umano dei maiali e degli altri animali, alla regolamentazione dei prezzi che costringono la differenza tra i prezzi della stessa merce nei diversi paesi dell'EU a non eccedere il 15%.

L'EU è un'area iper-regolata dove i burocrati decidono precchie cose e le persone hanno meno libertà di scegliere da soli. L'idea di creare un super governo europeo e super implica maggior potere senza restrizioni, lontano dal controllo dei popoli, il che accentuerebbe il problema della overregulation.

1 - Bastiat F., “Selected Essays on Political Economy”(http://www.econlib.org/library/Bastiat/basEss.htm – on Bastiat’s political economy refer to Salerno J., Dorn J., Thornton G. and Alvarado E.

2 - Messerlin P., “Measuring the Costs of Protection in Europe”, 2002, Institute for International Economics, www.iie.com

3 - ibid

4 – Vedi anche also www.freetrade.org

5 - www.oecd.org

6 - Rodriguez J., Cato, www.cato.org, www.pensionreform.org

Translated from The EU Economic Environment and Over-regulation