L'Italia si prepara al Mondiale
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Eccoci arrivati alla vigilia della Coppa del Mondo. Nel paese dei 60 milioni di allenatori, dove il calcio é una religione che ha ampiamente superato la concorrenza della Messa domenicale gli italiani si preparano a seguire gli azzurri in Brasile.
Se cercassimo nei libri di storia o in ogni angolo "dall'Alpe a Sicilia" avremmo difficoltà a trovare qualcosa che unisce davvero il popolo italiano più di una partita di calcio. Ma si tratta di molto di più di 90 minuti. Gli italiani si abbracciano e si dimenticano dei campanili, delle liti di condominio o di quelle politiche solo quando giocano dei calciatori azzurri, quelli della Nazionale. Dopo le solite polemiche e i commenti tecnici di 60 milioni di allenatori, nel bene o nel male siamo arrivati alla vigilia dei mondiali carioca e da qualche giorno nelle città italiane ed europee si può sentire il suo vento caldo.
Non é ancora tempo di appendere i tricolori ai balconi
L'atmosfera che si respira nella capitale è ancora abbastanza rilassata. Nei bar, davanti a delle scottanti tazzine di caffè, si rincorrono i soliti discorsi disfattisti da una parte (“con questa squadra, fidati, faremo addirittura fatica a superare la fase a gironi”) e più 'ragionevoli' e speranzosi dall'altra (“ricorda che dare per spacciata l'Italia è sempre un grave errore”, “abbiamo una bella squadra, arriveremo fino in fondo”). L'allenatore che vive in ogni tifoso italiano torna a dir la sua “di sicuro avrei convocato Destro e perché no il Capitano (Francesco Totti ndr.), d'altronde Prandelli s'è portato Cassano!”. Non è ancora tempo di tricolori appesi alle ringhiere dei balconi, ma nel via vai del centro cominciano a spuntare le prime magliette azzurre. A partire da adesso la capitale, così come tutto lo stivale, entrerà in una sorta di limbo calcistico. La disaffezione sempre più tangibile nei confronti del campionato italiano difficilmente si espanderà alla nazionale, che da sempre è in grado di unire l'Italia da nord a sud passando per le isole.
Per un mese le giornate e i discorsi dei cittadini capitolini si concentreranno perciò sulle gesta dei calciatori azzurri in terra brasiliana, con la speranza di ritrovarsi la notte del 13 luglio nella cornice del Circo Massimo circondati da tricolori e fumogeni azzurri. Del 13 luglio Paolo, barista del centro, da buon scaramantico non ne vuole sentire ancora parlare “il 14 mattina ci sapremo ridire... però, se va come tutti ci auguriamo, caffè offerto!”.
M.F.
Il Cristo azzurro che fa arrabbiare i brasiliani. L'Arcidiocesi di Rio de Janeiro l'avrebbe giudicato "illegale e irriverente" chiedendo alla Rai un risarcimento tra i 5 e i 7 milioni di euro.
E se la Nazionale parlasse napoltano?
Ma andiamo un po’ più a sud, a Napoli. In una città dove il calcio trascende la semplice definizione di sport per divenire qualcosa di più, come uno strumento di rivalsa sociale, un “culto” con estremisti violenti e pericolosi e, in generale, un fenomeno di massa da osservare ed analizzare con attenzione, l’interesse per il mondiale brasiliano sembrava ai minimi storici. Le cause di questo iniziale disinteresse erano legate non solo alla numerose proteste riguardo agli sprechi di cui sarebbe colpevole il governo brasiliano, ma soprattutto all’assenza di giocatori napoletani nella nazionale convocata da Prandelli. Sia Ciro Immobile, giocatore del Torino originario di Torre Annunziata (NA), che Lorenzo Insigne, gioiello del Napoli, sembrava fossero destinati ad essere, nella migliore delle ipotesi, delle “riserve di lusso”. La situazione si è capovolta negli ultimi giorni: l’assenza di Giuseppe Rossi, la scarsa vena realizzativa di Mario Balotelli e i cinque gol segnati proprio dai due giocatori campani in amichevole contro la Fluminense, squadra brasiliana di Rio de Janeiro, hanno mischiato le carte.
La nazionale potrebbe forse parlare napoletano? Secondo alcuni quotidiani, locali e non, quest’ipotesi non è da scartare ed è inutile dire cosa ne pensino i tifosi. Solo i più avveduti si affrettano a sottolineare che un’amichevole non può essere considerata «un test probante», ma tutti concordano nell’affermare che la vittoria sia merito di «Lorenzo il Magnifico e Ciro Immobile». La curiosità e la fantasia dei napoletani sono state solleticate: ora tocca al ct Prandelli decidere se assecondarle o meno, dando spazio al giovane duo di attaccanti. D’altronde non è stato forse un grande toscano ad affermare che «la fortuna […] è amica de’ giovani perché sono meno respettivi, più feroci e con più audacia la comandano»?
D.O