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Liberami, un docufilm che esorcizza i rapporti tra Chiesa e cinema

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Palermo

Insieme a un pubblico di laici e credenti, abbiamo visto in anteprima a Palermo Liberami, documentario vincitore a Venezia 73 nella sezione Orizzonti che indaga la sofferenza umana. La Chiesa fa il suo dovere, mettendosi a disposizione di chi chiede aiuto. Il cinema fa altrettanto, mostrandoci una zona d'ombra che suscita paure ma anche ilarità.

In Italia, i rapporti tra Chiesa e cinema non sempre sono stati idilliaci. Uno dei registi più discussi dalla Santa Sede è stato certamente Nanni Moretti, accusato per le "scene di sesso non finalizzate alla procreazione" di Caos Calmo e criticato preventivamente per l’innocuo Habemus Papam. A Venezia 73, a suscitare fredde reazioni è stato soprattutto The Young Pope, la serie tv diretta da Paolo Sorrentino, bollata da "Famiglia Cristiana" come "semplicistica" e "assente di dimensione spirituale". Al contrario, ha superato la prova indenne il miglior film nella sezione Orizzonti.  Liberami è un documentario della regista ligure Federica Di Giacomo che racconta la pratica dell’esorcismo portata avanti dalla diocesi di Palermo, segnatamente da Padre Cataldo della chiese Maria SS. Assunta alla Guadagna.

Abbiamo avuto il piacere di vedere il film – in uscita nei prossimi mesi - in una delle proiezioni dell’Italian DOC Screenings, manifestazione dedicata al documentario e all’incontro tra autori e produttori. E l’impressione è che la pellicola esorcizzi, finalmente, i rapporti burrascosi tra Chiesa e cinema, restituendo piena autonomia a due sfere della vita umana così diverse e importanti. Ci aspettavamo preti malvagi in grado di manipolare le malattie psichiche dei fedeli per i loro tornaconti personali e la presenza in sala di numerosi collarini ecclesiastici era pronta a rendere dirompente questa eventualità. E invece ci siamo ritrovati davanti a preti letteralmente assaliti da fedeli bisognosi di una preghiera, provenienti anche da un'altra provincia o regione.

Federica Di Giacomo ha chiesto e ricevuto i permessi per girare da un punto di vista laico e impersonale e durante la premiazione al Lido ha ringraziato sentitamente Padre Cataldo, che ha benedetto il film con un perentorio: “Può aiutare molti a prendere coscienza del malessere e chiedere aiuto”.  

Liberami riceve un fascino dolente e morboso dalla severità degli arredi delle sacrestie e delle abitazioni che indaga. La paura dura pochi minuti, il tempo di essere iniziati a riti di esorcismo collettivo raccontati attraverso sequenze crepuscolari, che la regista e antropologa ha potuto girare nella meticolosità di una lavorazione lunga tre anni. Man mano che i fedeli chiedono aiuto a preti un po’ soprafatti, che tuttavia non rinunciano alla loro vocazione, nascono straordinarie maschere di folklore siciliano (tutti abbiamo avuto una nonna o una vecchia zia che ci chiedeva di buttare via quel peluche nero o di non stare in penombra nella propria cameretta), ma anche personaggi complessi.

Alcuni 'posseduti' diventano protagonisti del film, vengono ripresi in volto e seguiti fino a casa, nel loro vivere quotidiano. Tra essi, c’è chi ha intrapreso un percorso terapeutico in ambito medico, lungo e tortuoso, il cui sbocco alla fine è stato Padre Cataldo. Ci sono teenagers problematici come Federico – tenuto a debita distanza dalla famiglia - tutto rabbia repressa e droga. C’è Giulia che invece i genitori li ha accanto, creando il cortocircuito narrativo che alla fine solleva l’interrogativo più grande. Se nel film viene affrontato il tema del protagonismo dei posseduti, allo stesso tempo sale alla ribalta un tema ancora più inquietante, quello del ruolo degli accompagnatori dei posseduti,  cioè gli amici e familiari che, assistendo il posseduto, si sentono importanti, utili a uno scopo, fino al punto da rimanere scettici e quasi scontenti di fronte a una liberazione.

Tutto questo è posto allo spettatore con uno sguardo freddo, implacabile nella sua imparzialità. Speriamo che la Chiesa non prenda di mira il film, davvero non ce n’è bisogno: la Di Giacomo si è interrogata non sullo spirituale o il paranormale ma sulla sofferenza, sull’umanità delle persone, ispezionando una zona d’ombra del nostro presente che si sta allargando. Come indicato nelle didascalie finali del film, la richiesta di esorcismi è, da Milano alla Francia e agli Stati Uniti, in tumultuoso aumento.