Lezioni dall’America
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Adriano FaranoIn materia di competitività, l’Ue può imparare dagli USA. Senza trascurare la sua tradizione di solidarietà sociale.
Negli ultimi anni vi sono stati ampi dibattiti in Europa sul mercato del lavoro. Questo indica quanto importante sia quest’argomento e quanto stia diventando problematico per molti paesi europei avere un mercato interno del lavoro inefficiente, per non parlare del mercato del lavoro a livello europeo praticamente ancora inesistente. I politici, i sindacati e gli europei in generale hanno qualcosa da imparare dall’approccio americano? Gli USA sono molto aggressivi nell’introdurre cambiamenti nei mercati dei beni e servizi e nel mercato del lavoro; questo permette loro di raccoglierne i benefici molto prima degli europei, che si muovono a passo da lumaca. Dalla metà degli anni novanta l’UE e gli USA hanno creato un Forum di cooperazione e discussione sul tema, ma le riforme europee sono ancora molto indietro, con una crescita economica molto lenta, mentre gli americani si stanno muovendo velocamente verso una economia basata sulla conoscenza.
La colpa dei sindacati
Alcuni dati: mentre il prodotto per ora lavorata è all’incirca lo stesso in Europa e negli USA, gli europei lavorano meno degli americani perché l’UE ha un tasso di occupazione più basso e meno ore di lavoro per lavoratore. Rispetto agli standard USA, l’Europa soffre di una disoccupazione giovanile preoccupante, e di una partecipazione delle donne e delle persone di mezza età al mercato del lavoro molto più bassa. I sindacati sono per lo più responsabili della disoccupazione giovanile, dato che proteggono i propri iscritti – tra cui si contano sempre meno giovani – a spese dei non iscritti che quindi hanno poca o nessuna “voce”; la minor partecipazione femminile è dovuta al tradizionale ruolo della donna nella famiglia e allo scarso supporto del sistema di protezione sociale che dovrebbe mettere gli orari degli asili in linea con quelli del lavoro o incoraggiare la creazione di asili sul luogo di lavoro. Il tasso di partecipazione delle persone di mezza età è basso per via di generosi sistemi pensionistici. Quindi molte delle cause di una debole performance sul mercato del lavoro sono dovute alle istituzioni del mercato del lavoro e a scelte di politica economica. Il recente aumento dei contratti part time e di breve durata ha aiutato i giovani e le donne, ma la disoccupazione continua e in ogni caso questi “lavori” non possono essere considerati dei sostituti di quelli a tempo pieno e indeterminato visto che, ad esempio, non producono sufficienti contributi pensionistici e non permettono di accedere ai mutui per la casa.
La disoccupazione europea è in parte dovuta alle insufficienti riforme strutturali in molti settori dove l’eccessiva protezione e regolamentazione, unita a massicci aiuti di stato, riducono la concorrenza, gli investimenti e l’innovazione. Misure recenti di “barriere all’imprenditorialita’” e “proprietà pubblica” riportate da J. O. Blanchard in The Economic Future of Europe indicano che anche se l’Europa ha realizzato sensibili miglioramenti su entrambi i fronti, è ancora molto indietro rispetto agli Stati Uniti. Ciò suggerisce che le riforme dei mercati dei prodotti e dei servizi e nella burocrazia non sono state abbastanza profonde. Allo stesso tempo
pdf” target=”_blank”>l’evidenza empirica suggerisce che il Welfare State non è all’origine della debole performance sul mercato del lavoro e della crescita economica. Cambiamenti sul mercato del lavoro possono conciliarsi con il tradizionale approccio europeo di solidarietà ed un esteso sistema di sicurezza sociale, ma le relative istituzioni devono essere adattate (e a volte estese) alle nuove esigenze di economie in cambiamento.
Tre proposte “americane”
L’esperienza americana può essere utile da molti punti di vista, anche se l’Europa non dovrebbe tentare di imitare la struttura del mercato del lavoro americano. Negli USA una delle maggiori fonti di domanda di giovani qualificati proviene dal settore dell’Information Technology. L’Europa non è stata rapida nell’investire o nell’adottare nuove tecnologie, ma un deciso passo avanti nella direzione della Strategia di Lisbona potrebbe stimolare la crescita e la creazione di lavoro per giovani, che in genere sono i più rapidi nell’acquisire nuove conoscenze e competenze.
Un’altra proposta per migliorare la mobilità intra-europea consiste nell’introdurre la portabilità dei contributi pensionistici per lavoratori che si muovono fra diversi paesi europei. E’ quanto già avviene negli States col 401K grazie al quale i lavoratori che cambiano lavoro e paese potrebbero “portare” con sé i propri contributi da un paese all’altro, senza alcuna perdita sui risparmi pensionistici. Questo migliorerebbe la mobilità dei lavoratori fra paesi e settori, migliorando l’incontro fra domanda e offerta e contribuendo a creare un mercato del lavoro europeo meglio integrato.
Una terza proposta riguarda anziani e disabili. Negli USA la carenza di lavoratori ha dato l’oppurtunità di introdurre riforme che considerino queste persone come delle vere risorse, aiutandoli a contribuire alla società con più lavoro per i disabili e il “pensionamento graduale” per gli anziani. Questo modello, in linea con l’aspirazione europea ad essere inclusiva e attenta alla dimensione umana del lavoro, potrebbe essere usato anche nel nostro continente.
In conclusione la maggior lezione dagli USA è stata quella della deregolamentazione e liberalizzazione sui mercati dei prodotti e sui mercati finanziari, unite a investimenti in tecnologia e ricerca. Queste politiche hanno portato ampi guadagni di efficienza per la società e i consumatori, al tempo stesso stimolando la creazione di nuovi posti di lavoro e una crescita economica sostenuta.
Translated from Lessons from America