L'Europa di Renzi: dai selfie a Google Maps
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Il discorso di Matteo Renzi a Strasburgo segna uno spartiacque nella politica. Che piaccia o meno è arrivato anche in Europa un nuovo modo di comunicare (fare) la politica, una neolingua.
Il nuovo Parlamento Europeo si è insediato nell'aula di Strasburgo, ma la notizia non è questa. Le luci del palcoscenico si sono illuminate su due italiani. Avversari, acerrimi nemici e completamente diversi se non per un tratto comune: hanno cambiato i canoni (comunicativi) della politica. In queste giornate calde di luglio l'Europa dei 28 ha conosciuto in prima persona Beppe Grillo e Matteo Renzi, che come due superstar, manco a farlo apposta, si presentano in due giorni diversi, senza mai nominarsi pur non risparmiando delle frecciatine reciproche.
Cravatta azzurro elettrico, forma smagliante, parlantina disinvolta (gli europei direbbero italiana) e formule giovani, al passo coi tempi, o, come si direbbe oggi "trendy". Matteo Renzi è sbarcato in Europa, con un discorso di quelli che si ricorderanno nei prossimi anni per inaugurare la presidenza semestrale italiana del Consiglio Europeo.
Se l'Europa diventa un selfie
"Se l'Europa facesse un selfie mostrerebbe il volto della noia", la rivoluzione linguistica della nuova politica è tutta in questa frase. Da qualche tempo in Italia le vecchie liturgie e le formule linguistiche della Prima Repubblica sono state soppiantate dal "nuovo che avanza". Dopo vent'anni all'insegna del maestro delle televendite, il paese sedotto dai leader carismatici ha un nuovo tenore comunicativo. Semplicità linguistica, giochi di parole, una grande attenzione alla neurolinguistica applicata all'arte della campagna elettorale, (secondo la lezione del fortunato libro di Drew Westen, "La Mente Politica"), l'utilizzo sistematico di messaggi positivi, gli status su facebook, i 140 caratteri dei cinguettii virtuali di twitter, la preparazione dei dicorsci in power point, o la partecipazione alle tribune pop come "Amici" di Maria De Filippi. Oppure ancora quelle citazioni colte del patrimonio classico di Dante e Leonardo, Artistotele, Pericle, Archimede, i personaggi omerici come Telemaco, che si mescolano ad altre "pop" vicine alla vita quotidiana, come canzoni popolari, cartoni animati e le dure storie di vita ordinaria. Potremmo continuare con un elenco, destinato ad essere molto più lungo, per definire la rivoluzione renziana. Sono tutte faccie di una stessa medaglia, il lato opposto di quella che abbiamo visto sino adesso, lo "Stilnovo" che l'ex sindaco di Firenze (o chi per lui) ha declinato nell'omonimo libro. Ma lo scopo è uno: creare empatia e legame emotivo con l'elettore.
Nella neolingua alla moda, quella vicina ai giovani, ai social network, alle piazze digitali e alla vita quotidiana, il selfie è un punto di riferimento, una costante. Ma la moda dell'autoscatto è anche qualcosa di felice, mentre l'Europa di oggi tutt'altro che una foto di famiglia felice. È "stanchezza", "rassegnazione", persino "noia". Chi non capirebbe una metafora del genere? "L'Europa non può essere un puntino su google maps". Chi ancora non comprenderebbe un tale riferimento, quando il programma di geolocalizzazione più famoso del mondo ha invaso le nostre caotiche giornate all'affannosa ricerca del luogo di lavoro, di un appuntamento, di un centro sportivo o di un supermercato? Non c'era modo più incisivo e vicino alla cultura di massa per esprimere concetti delicati che altrimenti sarebbero stati spiegati con le solite cifre e statistiche noiose o le formule di rito, tanto vicine ad un'aula della burocrazia di Bruxelles, quanto lontane ad un bar, una lavanderia, o una classe liceale durante la ricreazione. Poco importa se qualche anno fa un tale registro sarebbe sembrato eretico e dissacrante e forse incomprensibile, oggi è accettato perché è efficace, arriva al lettore e tocca le corde delle sue emozioni.
L'abito non fa il monaco
Il Matteo europeo gioca lo stesso ruolo del Renzi italiano e porta nel Continente lo stesso linguaggio modernista e di abile comunicatore che ha scosso la semantica della comunicazione della sinistra italiana e che ha giocato un ruolo non indifferente nel suo 40,8% alle europee del maggio scorso. Oltralpe, dove sia a destra che a sinistra manca un leader carismatico e un abile comunicatore in grado di prendere le redini del paese, Le Monde gli ha dedicato un speciale in "Veni, vidi, Renzi", sedotto da quel Giulio Cesare che ha conquistato un'altra volta la Gallia. In patria e in Europa la rivoluzione linguistica gli é costata le aspre critiche dei detrattori. Sia i nemici che gli "amici" dell'opposizione interna al partito hanno accusato il presidente del consiglio di pronuciare slogan vuoti e belle parole senza avere un piano concreto per rilanciare il paese. Come non pensare agli sketch del comico Maurizio Crozza. L'abito non fa il monaco, ma senza un buon vestito anche il monaco é una persona qualunque, perde le elezioni e resta per sempre nell'anonimato della sconfitta a fianco di tanti altri che hanno provato prima di lui. Tutto vero e dimostrato. Basterà però per salvare le sorti italiane e per invertire la rotta del Continente al centro di google maps?