L'Europa dei fumetti? È piena di precarietà
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FedericaSebbene in Europa la vendita di fumetti sia aumentata in modo esponenziale, lo stipendio degli autori non ha, purtroppo, seguito lo stesso trend. Qualunque sia il paese, o il settore, di sicuro quest'anno gli autori europei non affitteranno un appartamento al Bosco verticale di Milano. Intanto, al festival internazionale del fumetto di Angoulême, li abbiamo incontrati per parlare della loro situazione.
«2020, l'anno del fumezzo!»: è così che gli artisti e autori professionisti hanno ribattezzato "l’anno del fumetto". Lo slogan è onnipresente lungo i marciapiedi di Angoulême, in occasione della 47° edizione del Festival internazionale del fumetto (FIBD).
Il mio tour tra i diversi stand della fiera segue i vari hashtag del caso. Puntano tutti a denunciare la situazione precaria - finanziaria e sociale - in cui versano gli autori e le autrici di fumetti. Eppure, il cattivo tempo e le strade tortuose non hanno impedito ai fan di raggiungere la capitale internazionale del fumetto. Nel 2019 il mercato europeo del fumetto ha vissuto un ineguagliato aumento delle vendite. In Francia, qulle relative ai fumetti e alle graphic novel sono schizzate del 16 per cento rispetto al 2017. Tuttavia, circa un terzo degli autori francesi professionisti vive sotto la soglia di povertà. Per questo motivo nel secondo giorno del festival, centinaia di autori e autrici professionisti/e hanno chiuso i loro stand, hanno annullato i firmacopie e sono andati a manifestare in piazza Hergé.
«L'opera è protetta dai diritti d'autore, ma l'autore stesso non è tutelato»
Samantha Bailly è un'autrice francese. La incontro dopo la manifestazione, quando gli autori di libri e fumetti si riuniscono in uno spazio chiamato "Magic Mirror", un grande tendone luminoso, contornato da vetri colorati e con al centro un lampadario a palla, stile discoteca. Sono qui per discutere della loro condizione e del futuro. Bailly è anche vicepresidente del Club degli autori professionisti: «L’opera artistica è protetta dai diritti d'autore, ma lo stesso autore non è tutelato», spiega. Samantha chiede che lo Stato riconosca lo statuto di artista-autore come una professione: «Oggi siamo considerati soltanto dei titolari d'opera, non ci viene garantito nessun diritto sociale durante la creazione. Di conseguenza la nostra vita è un chiaro sfruttamento. Dobbiamo essere retribuiti durante il processo creativo e non soltanto a lavoro concluso».
Il rapporto Racine, commissionato dal ministro della Cultura francese, Franck Riester, e redatto dal consigliere principale presso la Corte dei Conti, Bruno Racine, si concentra proprio su questo problema. Pubblicato qualche giorno prima del festival, il testo prende effettivamente atto del del degrado della situazione economica e sociale degli artisti-autori francesi. Nel rapporto vengono proposte 23 linee guida per creare una vera e propria categoria professionale e difendere, dunque, i diritti di questi artisti.
L’industria culturale beve, gli artisti pagano il conto.
Secondo il rapporto statistico dello SNE (Sindacato nazionale dell'editoria francese, ndt.), il fatturato annuale del settore del fumetto, dei comics e dei manga è arrivato a 277 milioni di € nel 2017. Fa parte dei due soli settori dell'editoria (insieme alle opere di documentazione) a registrare una crescita del fatturato (del 13 per cento rispetto al 2016). A dispetto di questa crescita, però, più del 50 per cento degli autori francesi guadagna meno del salario minimo e più del 30 per cento vive sotto la soglia di povertà.
«In Finlandia, non c'è una produzione industriale del fumetto come in Francia o in Belgio»
Ma la precarietà degli artisti-autori non è una caratteristica esclusiva francese e si estende ben al di là dei confini del paese. « Le cause differiscono a seconda del contesto, ma quello che accomuna tutti gli stati europei è che gli autori di fumetti sono poveri!», afferma Ville Ranta, autore di fumetti finlandese. Se in Francia i diritti d'autore sono in media del 7,2 per cento (da dividere nel caso di un'opera scritta a più mani), in Finlandia arrivano fino al 20. Peraltro, i mercati finlandesi e francesi non hanno niente in comune. «In Finlandia, non c'è una produzione industriale di fumetti come in Francia o in Belgio. Gli artisti finlandesi sono poveri perché il numero delle vendite è di gran lunga inferiore. Non possiamo migliorare la nostra situazione economica neanche discutendo con gli editori, perché nemmeno loro guadagnano bene».
Nello spazio dedicato agli editori internazionali di fumetti, mi spiegano che «il bottino di Rackham Le Rouge» è ben custodito dalle grandi case editrici franco-belghe. Queste ultime producono collane di fumetti in massa per tutta l’Europa e aumentano sempre di più il numero delle tirature. Non tutti gli editori se lo possono permettere perché il pubblico non sta al passo. In Italia, per esempio, le vendite di fumetti e graphic novel sono aumentate (del 18 per cento nel 2019), ma i lettori non hanno la stessa «cultura fumettistica» della Francia o del Belgio. La cerchia di lettori non è diversificata, ma è costituita principalmente da bambini e adolescenti che leggono i titoli più conosciuti. Di conseguenza il mercato italiano non riesce a svilupparsi.
Secondo Michele Foschini, fondatore di Bao Publishing, il mercato italiano non è ancora abbastanza maturo. A suo dire, l'eccessivo numero di nuove uscite ogni anno è un ostacolo, dal momento che scacciano dalle vetrine le opere uscite in precedenza. Bisognerebbe, quindi, stampare meno, in modo che le opere restino «più a lungo sugli scaffali». In questo modo i lettori sarebbero incentivati ad acquistare i volumi. In linea di massima, più riscuote successo un'opera, maggiore è la ricompensa che spetta all'autore: «La percentuale dei diritti d'autore inizia, sia in Italia che in Francia, con circa l'8 per cento. Ma potrebbe impennare al 10-13 per cento se venissero pubblicati meno volumi»
Ann Jossart lavora presso Oogachtend e pubblica fumetti nei Paesi Bassi e in Belgio. Il suo autore principale, il fiammingo Brecht Evans, guadagna di più con il suo editore per i paesi francofoni (Actes Sud). «Il Belgio è la culla del fumetto: qui sono nati Tintin, Bob e Bobette, i Puffi... E, nonostante tutto ciò, vivere solo di fumetti è difficile, praticamente impossibile, soprattutto quando si è giovani. Questi ragazzi devono fare due lavori per poter sopravvivere. Uno dei miei autori più giovani, Stephan Louwes, lavora quattro giorni a settimana in un Carrefour».
Le nuvolette si addensano e i nervi cedono
«Continueremo le nostre attività artistiche, ma avremo bisogno di altri lavori occasionali. Prendiamo in considerazione tutte le ipotesi: lanciarci nella formazione, diventare archiviste, postine, oppure ancora, vendere i biglietti nei cinema… Ad ogni modo, ci sembra impossibile vivere, anche soltanto per un giorno, dei nostri lavori artistici. È da tempo che ho smesso di sperarci». Nel mezzo della manifestazione a piazza Hergé, Dalia e Juliette sono rassegnate. All'ultimo anno della Scuola europea di immagine e arti visive di Angoulême, hanno compreso che solo una manciata di studenti riesce a cavarsela dopo aver terminato la scuola d'arte. Ma Juliette non si fa illusioni nemmeno riguardo l'efficacia delle azioni di protesta: «Non abbiamo un impatto diretto sulla vita delle persone, scioperare non cambierà nulla». È per questo che, invece, hanno organizzato una raccolta fondi a sostegno degli scioperanti francesi. Hanno redatto, stampato e distribuito dei volantini dal colore giallo fluorescente, in cui chiedono di riversare il 25 per cento del prezzo di un'opera venduta in un fondo per le azioni di sciopero. I volantini sono sparsi per tutta la fiera, in particolare nello stand Nouveau Monde che raccoglie gli autori di fumetti più alternativi, sia francesi che stranieri.
In piazza ci sono anche Marie-Lou e Chloé, future autrici un po' più ottimiste. Loro rimproverano le scuole d'arte per non informare a sufficienza gli studenti sui loro diritti e le borse di studio esistenti. Gli autori chiedono direttamente alle istituzioni se esistono delle borse di studio nel loro paese. Le procedure scoraggiano più di una persona: costituire un fascicolo richiede tempo, per un risultato spesso incerto o un importo troppo basso. Secondo Bailly, «bisognerebbe rivalutare gli importi delle borse di studio francesi».
Questo sistema di borse di studio è ben rodato nei paesi scandinavi. In Finlandia per esempio, esistono delle borse di studio statali o dei finanziamenti privati, che si prolungano per diversi mesi, persino anni, e non sono mai tassati. Le arti classiche ricevono la maggior parte delle borse di studio: la maggioranza è riservata al teatro o alla musica classica. Ma i fumetti non fanno eccezione. In Finlandia, hanno un budget dedicato all'interno delle risorse statali. È grazie a questo aiuto che Ranta ha potuto lavorare per cinque anni alla sua graphic novel. Queste borse sono necessarie nei paesi piccoli, poiché costituiscono la metà dello stipendio dell'artista-autore. Del resto, soltanto una cerchia ristretta di autori già professionisti può accedervi. «Però ci vuole tempo per scrivere un libro, e le case editrici non ce lo accordano», si lamenta Chloé.
Un'altra possibilità sono le residenze d'artisti. Gli autori possono soggiornare da tre a sei mesi, hanno vitto e alloggio gratis, e persino del materiale a disposizione. La fregatura è che gli autori non sono remunerati per le opere che realizzano in questo contesto. Eppure, partecipare alle attività implica traslochi, spesso lontano da casa, un investimento psicologico e finanziario. «Queste residenze sono state pensate per creare, non per trasformare i fumettisti in animatori culturali», commenta ancora Bailly. Poi aggiunge che le borse di studio sono difficilmente accessibili per le donne: «Sociologicamente, una donna professionista comincia ad accedere alle borse di studio verso i 40 anni. Spesso ha già dei figli. E nella nostra società, inutile negarlo, sono le donne a dover sopportare tutto il carico mentale da genitore. Chi sarebbe disposto a lasciare la sua famiglia per sei mesi? Non è affatto realistico». Per noi giovani autrici in rivolta «questo non è un progetto di vita».
Una banda di irriducibili autori resiste ancora e sempre alle grandi case editrici
Parallelamente al FIBD, alcuni giovani autori e autrici hanno deciso di creare il loro festival alternativo: Spin-Off. È dedicato alle produzioni indipendente. Per la quarta edizione, raccoglie più di 80 editori indipendenti internazionali: si tratta di autori che si auto-pubblicano o di piccoli editori che gestiscono tutto il processo di creazione. Tutti i guadagni vanno dunque all'artista. Ma sono a carico di quest'ultimo anche le spese. Insomma, i fumettisti di questo tipo si ritrovano ad essere autori, editori, tipografi e imprenditori allo stesso tempo.
«Amo la libertà che mi dà l'autopubblicazione, ma non arrivo a fine mese»
Merieme Mesfioui ha cofondato Spin-Off e ha anche molte altre frecce al proprio arco: è graphic designer, illustratrice e autrice di fumetti. «L’idea è quella di presentare un programma complementare a quello del FIBD. Qui uniamo artisti che sono ancora studenti a dei professionisti con più di 20 anni di esperienza. Abbiamo anche dei collettivi dalla Serbia, dall'Argentina, da Taiwan e dalla Corea del Sud. L’idea è di mostrare tutta la ricchezza creativa che può offrire questa piccola nicchia. Amo la libertà che mi dà l'autopubblicazione, ma non arrivo a fine mese». Insomma, l'editoria indipendente può servire da trampolino per giovani autori, che, così, potranno, magari, essere scoperti da editori più importanti in futuro.
Foto in copertina: illustrazione di Bianca Dall’Osso. Scoprite tutti i suoi lavori sul suo profilo Instagram.
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Translated from La bande-dessinée : une bulle de précarité