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L’estrema destra che non passa mai di moda

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CulturaPolitica

«Come sdoganare la svastica e i saluti romani» è l’incipit della pagina web di Nazi Rock. Premiato alla dodicesima edizione del Meeting delle Etichette Indipendenti a Faenza, il “rockumentario” di Claudio Lazzaro è la seconda lavoro da regista, dopo un film sulla Lega Nord, dell’ex giornalista del Corriere della Sera.

Fisico massiccio, testa rasata e sguardo incazzato, Lazzaro è a Faenza al MEI, il Meeting delle etichette indipendenti, per ritirare il premio speciale per il rockumentario Nazi Rock. «Quando esiste un’espressione artistica esiste un’identità», questa la tesi del regista che accende le telecamere sul mondo dei gruppi musicali di estrema destra e dei loro fan.

Giovani dalle facce pulite

(Foto: ©nazirock.it/)Interrotto il rapporto col Corriere ha investito la liquidazione nella creazione della Nobu Productions, dove Nobu è la contrazione di “no budget”, per portare avanti indagini che altri non farebbero. Nazi Rock è la sua seconda opera e segue il primo documentario dedicato alla Lega Nord, Camicie Verdi. «Il documentario mostra lo sdoganamento in atto della destra nazi-fascista da parte di un centro destra cinico e a caccia di voti»: così Lazzaro riassume la sua opera. Il film si divide in due parti. Inizia con la manifestazione organizzata nel 2006 dalla Casa delle libertà di Berlusconi contro il Governo Prodi che vede la partecipazione di partiti della destra radicale. Un momento che l’attuale presidente della Camera dei deputati, Gianfranco Fini, allora leader di Alleanza Nazionale, definì un «capolavoro politico» perché ridava legittimità a tutti i partiti di destra. Nella seconda parte Lazzaro documenta un campo giovanile organizzato da Forza Nuova, partito ancorato alla tradizione fascista e connotato da un cattolicesimo confessionale. Lo fa intervistando giovani «che non hanno facce cattive» e destreggiano con disinvoltura merchandising di croci uncinate, testi storici revisionisti e pogano al ritmo punk dei gruppi rock nazionalisti.

L’industria della paura

(Foto: ©camicieverdi.com)«In Germania, al contrario dell’Italia, hanno fatto i conti con la loro storia», osserva Lazzaro nel commentare una scena del film dove all’arrivo di Udo Voigt, leader dell’Npd (Partito nazionaldemocratico tedesco), il pubblico viene invitato a non accoglierlo con saluti romani perché rischierebbe di essere incriminato al suo ritorno in patria. Secondo Lazzaro c’è una forte collaborazione a livello europeo tra i movimenti di estrema destra. «Esiste un’industria politica della paura che sfrutta le incertezze della globalizzazione» osserva il regista, «chi non ha gli strumenti culturali per comprendere finisce preda di queste ideologie». Per Luca Lorenzi, responsabile del movimento giovanile di destra Gioventù Italiana, il documentario è fazioso e mostra il tentativo di una sinistra «priva di appeal che ricorre al solito schema dell’antifascismo».

Il film, accolto male a destra, ha incontrato notevoli difficoltà di distribuzione. Il regista denuncia azioni intimidatorie nei confronti degli esercenti che dovevano programmarlo. Lo stesso sito web è stato oggetto di hackeraggio mentre nei circuiti peer-to-peer è stata diffusa una copia col finale modificato. È acquistabile on line, nelle librerie e ha sottotitoli in inglese.