L’esperto: «Pochi i politici al passo delle nuove tecnologie»
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Anna CastellariBlog e democrazia sono un buon connubio? Per Eric Legale, specialista di nuove tecnologie, la gestione di siti web e digital divide sono le sfide del futuro.
Eric Legale è direttore della società Issy Média, che gestisce la comunicazione della città di Issy-les-Moulineaux nell’Ile-de-France, la regione di Parigi. Il sito web della città si è distinto nel febbraio 2006 in una classifica stilata dalle Nazioni Unite tra i migliori portali al mondo per quanto riguarda l’E-government. Inoltre Issy accoglie ogni anno il Forum Mondiale della Democrazia Elettronica.
Tra i sei e i sette milioni di francesi hanno creato un blog in questi ultimi mesi. E la Francia è in testa – davanti anche all’Inghilterra con 900.000 blog – tra i Paesi europei. Come spiegare questo entusiasmo?
Queste cifre sono relative. La maggior parte di questi blog sono diari di adolescenti. Ma è anche vero che il mondo dei blog politici è decollato dopo la campagna sul referendum costituzionale europeo. Ci si confronta con una vera e propria perdita di fiducia nei confronti della politica. E se da un lato i cittadini chiedono di essere ascoltati, dall’altro i politici perdono il loro elettorato. Di fronte allo sviluppo di questi blog si assiste alla creazione di una democrazia realmente partecipativa tra dialogo e dibattiti. Il rischio è quello di assistere all’emergenza di una democrazia d’opinione (eccessivamente dominata dalle opinioni ndr).
Blog, dibattiti on line e podcast possono essere un rimedio reale alla tecnocrazia, in particolare a quella di Bruxelles?
È una speranza plausibile. Oggi la gente è più informata, ma ha bisogno di avere un vero contatto con i politici. Il fatto che personalità europee come Margot Wallström tengano un blog, accettino di condividere i propri sentimenti e di rispondere ai commenti degli internauti è un segno molto positivo. Ma per vedere on line i diari degli alti dirigenti ci vorrà ancora molto tempo! Semplificare la relazione tra il cittadino, ormai semplice consumatore, e le istituzioni è diventata una necessità vitale.
Cos’è l’e-democracy?
È l’insieme di strumenti di una democrazia partecipativa, modernizzata dalla tecnologia come nel caso del voto on line e dell’amministrazione elettronica. L’e-democracy risponde a tre obiettivi: più trasparenza, una consultazione accresciuta dei cittadini e la lotta al digital divide, alla frattura tra chi ha e chi non ha accesso alle tecnologie digitali. Svizzera ed Estonia sono Paesi molto avanzati in materia. Gli estoni dispongono tutti di una carta d’identità elettronica ed hanno testato il voto on line in novembre, per le elezioni amministrative. Se questo primo esperimento non ha avuto il successo sperato, perlomeno testimonia una vera e propria volontà politica. In questo paese baltico le sedute del Consiglio dei Ministri si svolgono on-line. Ma in Francia le cose vanno a rilento e non abbiamo ancora garanzie di sicurezza. E poi esiste un problema generazionale: sono pochi i politici al passo delle nuove tecnologie. Detto questo è pur vero che nel 2007 gli emigrati francesi all’estero potranno finalmente votare via internet per le presidenziali. È un primo traguardo...
L’e-democracy può vincere la diffidenza nei confronti della politica? C’è chi parla di “tecno-utopia”…
Non ci sono ricette miracolose: il voto on line non risolverà il problema del disinteresse politico. Sarebbe già un passo avanti quello di inviare ai giovani un messaggio di modernità ricreando così un clima di fiducia. Accontentarsi di dire che la gente si disinteressa alla politica punto e basta significa che la democrazia è seriamente in crisi. I politici devono anticipare i tempi. In questa prospettiva internet è uno strumento paragonabile a ciò che la televisione è stata negli anni Settanta.
Uno studio Eurostat di novembre 2005 rivela un vero e proprio digital divide in Europa: un divario nell’accesso alle nuove tecnologie tra giovani e anziani, laureati e non...
È innegabile che si lascia da parte una frangia della popolazione sempre più minoritaria. Ma non si può aspettare che tutti abbiano una connessione per avanzare. Bisogna incentivare le iniziative come quelle in Belgio, che propongono delle riduzioni delle tasse per l’acquisto di un computer con connessione internet o di aiutare finanziariamente le famiglie ad attrezzarsi. Per accompagnare le persone anziane nell’informatica abbiamo anche lanciato dei cyber caffé nella città di Issy.
Che cosa ne pensa del progetto “i-2010” che dovrebbe essere votato nell’estate 2006 dal Parlamento Europeo?
Si trovano molte buone intenzioni e gli obiettivi sembrano ambiziosi quale quello di modernizzare le amministrazioni degli Stati membri. Oltre all’e-democracy sono contemplate due misure principali. Da un lato la diminuzione del digital divide e dall’altro i mercati pubblici on line dovrebbero permettere di economizzare 300 miliardi di euro all’anno. Ma quale sarà la strategia adottata da Bruxelles per incitare i Venticinque? Credo che i Paesi dell’Est abbiano un ruolo di capofila da giocare. Visto che sono meno affossate nei sistemi tradizionali amministrativi, questa nuova Europa ha una capacità di innovazione ed una volontà di avanzare tecnologicamente molto forte.
Translated from « Imaginer le journal intime de hauts dirigeants, il ne faut pas rêver ! »