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Le storie dei migranti sono "Echi dalla lunga distanza"

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Palermo

Alcune storie ti segnano per sempre e parlarne non è facile. I minori non accompagnati della Scuola di Lingua Italiana per Stranieri dell'Università di Palermo, hanno imparato l'italiano e adesso raccontano il loro viaggio con uno spettacolo teatrale diretto da Jousif  Latif Jaralla: "Echi dalla lunga lunga distanza".  

Molto spesso di quei lunghi viaggi non vogliono parlare perché sono ricordi dolorosi con un solo lieto fine, approdare sani e salvi in un posto nuovo e sconosciuto. Eppure, ancora una volta i minori non accompagnati dell’Itastra –Scuola di Lingua Italiana per Stranieri dell’Università di Palermo- reciteranno in tante lingue quelle storie di speranza e sopravvivenza che li hanno condotti in Italia. Sono gli Echi della lunga distanza, uno spettacolo che hanno prodotto e che parla di loro e che andrà in scena il 3 dicembre alle 17 al Teatro Biondo per l'inaugurazione dell'anno accademico del dottorato in “Studi letterari, filologico-linguistici e storico culturali” del Dipartimento di Scienze Umanistiche.

L'Africa salirà sul palco –  afferma il regista iracheno Yousif Latif Jaralla, dal 1980 in Italia e già autore con i ragazzi di Butterfly Trip – e accompagneremo gli spettatori in un viaggio nell'habitat originale, nei paesi di provenienza dei nostri giovani attori e dei protagonisti delle storie. Perché le narrazioni saranno esclusivamente nella lingua madre dei ragazzi”. Storie di carne ed ossa, storie vere. Come il sogno di Maris di aprire in Italia un negozio tutto suo e di portare in Europa la madre lasciata in Libia. E il ricordo drammatico di quella traversata in mare di otto giorni trascorsi nell’attesa “che dietro quel buio e dietro quel nulla in tumulto, ci fosse qualcuno”.  O ancora quelle donne che annegavano mentre “un uomo urlava e guardava quei corpi” e “si battevano le mani”. Ognuno legge una storia nella sua lingua con la traduzione italiana su un schermo. Amadou viene dal Senegal e ha 26 anni. Racconta la storia di William in inglese. Saikou 17enne del Gambia la legge in jola. Rosemary 17enne nigeriana legge l’odissea di Maris in bini. O ancora Kirolos egiziano di 17 anni ricorda il percorso di Demian in arabo. Ma i ricordi dolorosi ed emozionanti non resteranno parole recitate. Quelle immagini forti e le storie di vita ispireranno le penne di oltre 20 scrittori che seguiranno in platea e si lasceranno suggestionare dalle emozioni dei giovani.

Parlano le lingue del mondo ma adesso padroneggiano l'italiano 

Lo spettacolo però non è altro che il frutto di mesi di formazione, didattica e accoglienza nei percorsi d’inclusione di Itastra. Niente sarebbe stato possibile senza l'attestato Cils, quel diploma di lingua italiano rilasciato dalla Scuola dopo i corsi e un esame per conto dell’Università di Siena. Un certificato che non solo consente loro di integrarsi e recitare, ma anche di ottenere il permesso di soggiorno CE di lungo periodo, essenziale per accedere al mondo del lavoro e dell’università. La lingua madre è il bengalese, l’arabo, il walof, il bini, ma adesso padroneggiano l’italiano.

Come Kalhifa, 19enne del Bangladesh. È in Italia da un anno e mezzo e adesso abita nello Sprar San Francesco. Il sorriso, la barba e i lunghi capelli neri ricordano il “Che Guevara”, alcuni a scuola lo chiamano così. Oltre al bangla, parla anche l’inglese, ma i suoi risultati in italiano sono sorprendenti. A giugno ha superato le prove per il certificato di B1 di lingua italiana, ha ottenuto la licenza media alla scuola Antonio Ugo ed è stato recentemente contattato da un’agenzia a Roma che cerca mediatori linguistici. “Voglio lavorare come mediatore culturale e la lingua italiana è molto importante, per questo voglio migliorare”, afferma con convinzione. “Ho già aiutato molti ragazzi della mia comunità che non parlavano italiano, vorrei fare un corso di animatore sociale”. Oppure il suo grande amico Sadik, anche lui bengalese. È un po’ più timido, ma anche lui ha ottenuto quell’attestato B1 e da poco si è iscritto all’istituto Alberghiero Paolo Borsellino. “Prima di tutto vorrei diplomarmi, i ragazzi italiani mi piacciono, sono molto simpatici. Mi piace molto il cricket che è molto popolare nel nostro paese, ma purtroppo a Palermo non c’è una struttura”. Una soddisfazione gli insegnanti che in questi mesi li hanno seguiti passo dopo passo.

È un traguardo importantissimo per questi giovani sbarcati senza famiglia dalle coste della Sicilia. Hanno dovuto faticare di più rispetto ai loro compagni di banco (Erasmus, Marco Polo e dottorandi), perché giunti in Italia con un basso livello di scolarizzazione e provenienti da situazioni di privazione”, commentano il Marcello Amoruso, docente della di Itastra e la professoressa Mari D’Agostino direttore della Scuola.