Le acque del Baltico viste dall’Estonia
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Alla fine di aprile Tarja Kaarina Halonen, Presidentessa della Finlandia, ha lanciato l’allarme sul rischio di collasso ecologico del mar Baltico, uno dei più inquinati al mondo. Silver Vahtra, esperto del Ministero dell’ambiente di Tallinn, spiega le linee guida dell’Helcom Action Plan, decise ad Helsinki alla fine del 2007.
Nel novembre del 2007 Helcom (Baltic Marine Environnement Protection Commission, conosciuta come Commissione di Helsinki), ha adottato un piano di azione per combattere il degrado in cui versano le acque del Baltico.
Dopo più di trenta anni di vita, questa conferenza internazionale , che raggruppa i Governi di Danimarca, Estonia, Finlandia, Germania, Lituania, Lettonia, Polonia, Russia, Svezia e una rappresentanza dell’Ue, sembra dunque essere riuscita a dare una sterzata decisiva nella lotta all’inquinamento di questo mare racchiuso tra la penisola danese e la Russia, uno spazio sempre più famoso per le terribili condizioni in cui si trova.
Un'azione ambivalente
«Ci vorranno degli sforzi enormi ma, sì, un cambiamento è possibile. Sarà durissima ma ci riusciremo». Silver Vahtra, esperto del Marine Environmental Bureau al Ministero dell’Ambiente di Tallinn ha le idee chiare sul futuro delle acque sulle quali si specchiano le torri della città vecchia: non c’è più tempo per illudersi e giocare con l’avvenire di risorse che, per anni, sono state utilizzate senza la dovuta cautela. «Il discorso è semplice: quando buttiamo qualcosa in acqua, la inquiniamo. E sono necessari decenni per correggere errori commessi in poche ore».
Ritornate di moda grazie ad un recente report di Greenpeace, le condizioni del Mar Baltico continuano a segnare lo stato d’emergenza, anche se qualcosa è cambiato rispetto a quando il Governo Svedese consigliò alle donne incinta di non mangiarne aringhe per rischio diossina.
«Quanto è stato deciso lo scorso 15 Novembre durante la Conferenza di Helsinki è di straordinaria importanza: l’Action Plan che abbiamo adottato ci consentirà di intervenire sulla situazione attuale e, finalmente, cambiare rotta con l’adozione di regole più severe».
«Agiremo in varie direzioni: nel campo dell’agricoltura e della ricerca medica, ad esempio, vengono oggi ancora ampiamente usate sostanze come il cadmium e l’argentum, terribilmente dannose per la natura e che possono essere sostituite da altre meno pericolose. Certamente ci vorranno molto tempo e grandi campagne di sensibilizzazione, ma questi non sono obiettivi che si raggiungono nel breve termine, ne siamo più che consapevoli».
Dallo studio all’azione: l’Estonia non sta a guardare
Diviso in due parti, il piano d’azione estone, si prepara ad entrare nel vivo entro pochi mesi. «Al momento abbiamo terminato la fase di studi preliminari. Tra settembre ed ottobre i nostri piani saranno sottoposti al Governo e, a partire dal 2009, tutto potrà prendere il via».
Durante i primi tre anni le cose andranno un po’ al rilento, spiega Vahtra, perché «solo a partire dal 2012 inizieranno ad essere prese misure concrete. Durante questo processo, avremo bisogno del massimo sostegno da parte dell’opinione pubblica e della società civile ed è proprio per questo che stiamo pianificando un gran numero di attività per lavorare fianco a fianco con associazioni ed Ong».
La Russia e il Baltico
Per anni, quello del Baltico è stato uno dei temi scottanti nei rapporti con la Russia: bassi standard e scarsissimi controlli hanno contribuito significativamente al disastro ambientale che abbiamo oggi davanti agli occhi. Gli scarichi urbani di San Pietroburgo si riversano nel fiume Neva (che poi finisce nel Baltico) senza essere adeguatamente filtrati.
E se a questi si aggiungono anche quelli industriali ed agricoli di una regione popolata da diversi milioni di abitanti, si può cominciare a definire meglio l’entità del pericolo.
Ma come è vista la nazione di Medvedev e Putin dall’altra parte del confine?
«La Russia è uno dei partner storici della Commissione di Helsinki ma, essendo una nazione immensa, ha al suo interno talmente tante differenze che è impossibile parlarne in generale», dice Vahtra.
«Per quello che riguarda la parte Occidentale del Paese, però, non posso che fare i miei complimenti al modo in cui hanno iniziato a muoversi. Già negli ultimi cinque anni il Paese si è mostrato interessato alla questione del Baltico ed è stato molto attivo nel promuovere un sempre maggiore adeguamento agli standard europei: credo che facciano molta attenzione all’opinione che l’Ue ha di loro in questo campo. Ed è un’attenzione reciproca come dimostra il gran numero di progetti europei appositamente creati proprio per il vicino russo».
«Purtroppo quello del ricambio dell’acqua è un processo lento, che richiede molto tempo e sarà difficile notare degli effetti visibili prima dei prossimi trent’anni» ribadisce tristemente l’esperto.
Trent’anni ancora prima che le petroliere smettano di lavare le proprie cisterne a poche centinaia di metri dalla costa e che il traghetto tra Tallinn e Stoccolma smetta di galleggiare in uno scuro e triste deserto d’acqua. Non ci rimane che aspettare.