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L’Batwar a Casablanca, fabbrica di artisti in pericolo

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Veronica Monti

societàEuromed ReporterEuromed Casablanca

Nel giro di qualche anno, i vecchi mattatoi di Casablanca sono stati popolati dagli artisti e convertiti in uno spazio creativo che riunisce arti e pubblico di ogni genere. Ma il futuro di questo luogo si trova oggi minacciato a causa della scarsità di finanziamenti. Reportage nel cuore di questa fabbrica d'artisti che lotta per promuovere i talenti del Marocco.

I co­lo­ri dei graf­fi­ti di­pin­ti sui muri dei vec­chi mat­ta­toi di Ca­sa­blan­ca sono l'a­ni­ma di que­sto spa­zio cul­tu­ra­le si­tua­to nel cuore del quar­tie­re po­po­la­re di Hay Mo­ham­me­di. Die­tro una delle vec­chie scu­de­rie, il ferro bril­la sotto la sega elet­tri­ca. Dei gio­va­ni fanno par­ti­re scin­til­le sopra una gran­de strut­tu­ra di me­tal­lo: è l'al­le­gra trou­pe degli ar­ti­sti del circo "Co­lo­ko­lo", che danno gli ul­ti­mi ri­toc­chi a quel­lo che sarà il banco della caf­fet­te­ria che com­ple­te­rà la sce­neg­gia­tu­ra del loro spet­ta­co­lo. Nel loro "labo", un ca­pan­no­ne che hanno ri-ar­re­da­to come me­glio po­te­va­no, i "cir­cen­si" si ri­po­sa­no sui di­va­ni tra un'a­cro­ba­zia e l'al­tra. "Snoo­py", die­tro i suoi baffi ispi­ra­ti al ri­vo­lu­zio­na­rio Za­pa­ta, ci rac­con­ta del suo at­tac­ca­men­to a que­sto luogo che per lui rap­pre­sen­ta una buona op­por­tu­ni­tà di svi­lup­pa­re e di­vul­ga­re le arti del circo in Ma­roc­co: "que­sto è il solo posto in cui ci si possa espri­me­re. Si pos­so­no fare più cose: la­vo­ra­re alle sce­neg­gia­tu­re, fare acro­ba­zie, cose che di certo non puoi rea­liz­za­re nei caffé o per stra­da".

« sono anni che lot­tia­mo e an­co­ra nien­te »

Di­chia­ra­ti ina­gi­bi­li, i mat­ta­toi hanno chiu­so nel 2002, la­scian­do que­ste im­men­se co­stru­zio­ni ar­chi­tet­to­ni­che degli anni venti alla mercé del­l'am­bi­zio­ne sfre­na­ta dei pro­get­ti im­mo­bi­lia­ri. Nes­su­no aveva te­nu­to conto, in­ve­ce, della de­ter­mi­na­zio­ne degli ar­ti­sti e degli aman­ti della cul­tu­ra che hanno sa­pu­to in­ve­sti­re su que­sti luo­ghi ab­ban­do­na­ti per tra­sfor­mar­li, nel 2009, in spazi di crea­zio­ne ar­ti­sti­ca e ur­ba­na. Da al­lo­ra, le as­so­cia­zio­ni che oggi fanno parte del col­let­ti­vo della Fab­bri­ca Cul­tu­ra­le dei Vec­chi Mat­ta­toi di Ca­sa­blan­ca fanno vi­ve­re que­sti posti or­ga­niz­zan­do re­go­lar­men­te fe­sti­val e at­ti­vi­tà cul­tu­ra­li. Ma no­no­stan­te l'im­pe­gno, il col­let­ti­vo fa fa­ti­ca a man­te­ne­re gli spazi de­sti­na­ti alla crea­zio­ne delle arti ma­roc­chi­ne.

La città di Ca­sa­blan­ca, pro­prie­ta­ria dei luo­ghi e pro­mo­tri­ce della crea­zio­ne degli spazi cul­tu­ra­li, si tira in­die­tro quan­do si parla di in­ve­sti­re in que­sto pro­get­to. Senza ri­co­no­sce­re for­mal­men­te il col­let­ti­vo della Fab­bri­ca Cul­tu­ra­le, l'am­mi­ni­stra­zio­ne au­to­riz­za l'or­ga­niz­za­zio­ne dei suoi even­ti gra­zie a un com­pro­mes­so rag­giun­to con uno dei mem­bri: l'as­so­cia­zio­ne per la sal­va­guar­dia del pa­tri­mo­nio, Ca­sa­mé­moi­re. È que­st'ul­ti­ma l'a­nel­lo di con­giun­zio­ne tra la città e il col­let­ti­vo. L'ul­ti­mo ac­cor­do, va­li­do un anno, ha con­ces­so un mi­lio­ne di Di­rhams (circa 90 000 euro). "Non ab­bia­mo modo di pa­ga­re i no­stri de­bi­ti e non ab­bia­mo nien­te per co­strui­re il no­stro fu­tu­ro. In un anno, ab­bia­mo giu­sto il tempo di la­vo­ra­re a un pro­get­to ar­ti­sti­co", si la­men­ta Ab­der­ra­him Kas­sou, uno dei coor­di­na­to­ri del col­let­ti­vo. E anche i suoi soci non na­scon­do­no il pro­prio di­sap­pun­to. "È uno spre­co di ener­gia. Sono anni che lot­tia­mo e an­co­ra nien­te, siamo stufi", con­clu­de Mo­ha­med Me­rha­ri, detto "Momo", uno degli or­ga­niz­za­to­ri del fe­sti­val "Trem­plins" che pro­muo­ve i gio­va­ni ar­ti­sti ma­roc­chi­ni.

eclet­ti­smo tra le ro­vi­ne

Sul piano ar­ti­sti­co, il col­let­ti­vo spera di pas­sa­re pre­sto a un li­vel­lo su­pe­rio­re. "Ades­so bi­so­gna or­ga­niz­za­re il col­let­ti­vo in modo da crea­re arte di qua­li­tà. Ab­bia­mo molte ri­chie­ste di al­log­gio da parte di ar­ti­sti di ta­len­to, ma non pos­sia­mo ac­co­glier­li come si deve", si ram­ma­ri­ca Ab­der­ra­him Kas­sou. Per so­prav­vi­ve­re, l'im­men­so edi­fi­cio deve per­lo­me­no stare in piedi. Una parte è già ca­du­ta in ro­vi­na e sem­pre più spazi ven­go­no chiu­si per ra­gio­ni di si­cu­rez­za.

Sco­pri­re L'Bat­war, per­du­to nel­l'im­men­si­tà degli spazi, vuol dire in­con­tra­re gio­va­ni ska­ters, ascol­ta­re le prove dei mu­si­ci­sti in un ga­ra­ge e as­si­ste­re alla pre­pa­ra­zio­ne di un bal­let­to di danza con­tem­po­ra­nea nello stes­so gior­no. La con­vi­ven­za di arti e pub­bli­co di di­ver­so ge­ne­re sono di­ven­ta­ti il mar­chio ca­rat­te­ri­sti­co della fab­bri­ca. Ma i pro­get­ti e le aspet­ta­ti­ve nate nei mat­ta­toi sem­bra­no ormai ap­par­te­ne­re al pas­sa­to dal mo­men­to che l'av­ve­ni­re é sem­pre meno certo. Le "Trans­cul­tu­rel­les" del 2009, che hanno inau­gu­ra­to la ri­con­ver­sio­ne dei vec­chi mat­ta­toi, re­sta­no im­pres­se nella me­mo­ria. "È stato me­ra­vi­glio­so. Que­sto av­ve­ni­men­to ha ri­ve­la­to la po­ten­zia­li­tà dei vec­chi mat­ta­toi: crea­re una si­ner­gia tra tutte le arti. C'e­ra­no in­tel­let­tua­li, ric­chi e po­ve­ri... L'i­dea è anche quel­la di de­mo­cra­tiz­za­re la cul­tu­ra", rac­con­ta Fatna El­bouih, mem­bro del col­let­ti­vo.

Fatna è ve­nu­ta ad as­si­ste­re alla rea­liz­za­zio­ne dei cor­to-me­trag­gi gi­ra­ti sul posto. È la "fab­bri­ca dei film ama­to­ria­li" del re­gi­sta Mi­chel Gon­dry a far bat­te­re il cuore dei mat­ta­toi. Il ce­le­bre re­gi­sta fran­ce­se vi ha in­stal­la­to il suo ma­te­ria­le e le sue sce­no­gra­fie e i gio­va­ni vi­si­ta­to­ri non hanno che da fil­ma­re. Con "Meu­tre à Paris, Abdel Sader nous a tuer, À la re­cher­che du vo­leur" nella vi­deo­te­ca dei film già rea­liz­za­ti, i gio­va­ni espri­mo­no il pro­prio ta­len­to ci­ne­ma­to­gra­fi­co. "Ci sono molte scene vio­len­te nei film che sono stati gi­ra­ti. È il modo in cui la mag­gio­ran­za dei ra­gaz­zi si espri­me", com­men­ta Jean David, un pro­dut­to­re tra­sfe­ri­to­si a Ca­sa­blan­ca, coor­di­natore del pro­get­to sul posto. "È il solo posto in Ma­roc­co in cui si possa gi­ra­re un film senza au­to­riz­za­zio­ne, uno spa­zio di li­ber­tà in­cre­di­bi­le", di­chia­ra en­tu­sia­sta.

Senza città nien­te fu­tu­ro

Basta, tut­ta­via, solo un epi­so­dio per ro­vi­na­re l'en­tu­sia­smo. Un fe­sti­val pre­vi­sto per il 20 feb­bra­io scor­so non ha po­tu­to es­se­re rea­liz­za­to a causa della man­ca­ta au­to­riz­za­zio­ne da parte e del­l'am­mi­ni­stra­zio­ne e così si é do­vu­to svol­ger­e al­tro­ve. Il mo­ti­vo: un pre­sun­to le­ga­me con il mo­vi­men­to del 20 feb­bra­io, al­l'o­ri­gi­ne della sol­le­va­zio­ne ma­roc­chi­na ai tempi della pri­ma­ve­ra araba.

È ca­la­ta la notte in un sa­ba­to sera. L'a­ria vibra al suono dei tam­bu­ri che echeg­gia­no tra i muri dei mat­ta­toi. Il grup­po di per­cus­sio­ni, con i suoi ba­ri­li "Cy­clo­dy", pro­po­ne ritmi ispi­ra­ti alle mu­si­che Gnawa e Chaa­bi. "Ab­bia­mo preso dei ba­ri­li tro­va­ti per stra­da per fare mu­si­ca. Qua pos­sia­mo di­ver­tir­ci e dare voce alla no­stra crea­ti­vi­tà. L'i­dea è quel­la di ri­las­sar­si dopo una set­ti­ma­na in­ten­sa, ma, allo stes­so tempo, crea­re qual­co­sa", spie­ga Sou­fia­ne Ben­khas­sa­la, mem­bro del grup­po. Se il ta­len­to e la crea­ti­vi­tà non man­ca­no di certo in Ma­roc­co, il paese sof­fre ter­ri­bil­men­te di man­can­za di po­li­ti­che cul­tu­ra­li che so­sten­ga­no e pro­muo­va­no gli ar­ti­sti ma­roc­chi­ni. Un mar­chio di fab­bri­ca?

Que­sto ar­ti­co­lo fa parte di un dos­sier spe­cia­le de­di­ca­to a Ca­sa­blan­ca e rea­liz­za­to al­l'in­ter­no del pro­get­to "eu­ro­med re­por­ter" da Ca­fe­ba­bel, in col­la­bo­ra­zio­ne con Sear­ch for Com­mon Ground e la fon­da­zio­ne Anna Lindh. a breve, tutti gli ar­ti­co­li del dos­sier, sulla co­per­ti­na della ri­vi­sta.

Translated from L’Batwar à Casablanca : fabrique fragile d'artistes