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Lavoratori immigrati a Dublino

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Story by

Default profile picture Mojca Finc

Translation by:

Default profile picture Laura Bortoluzzi

In Irlanda, a giugno del 2008, più di 19mila persone hanno perso il lavoro. Di questo passo prima di dicembre ci potrebbero essere oltre 25mila disoccupati. Uno sguardo sulla situazione occupazionale irlandese.

Un uomo fra i trentacinque e i quaranta anni, vestito di nero, mi ferma in Grafton Street, l’affollata via commerciale nel cuore di Dublino. «Che lingua parli? Sento i passanti parlare un mare di lingue: polacco, spagnolo, italiano. L’irlandese è quasi scomparso del tutto. E inizia a sparire anche l’inglese», mi dice porgendomi un volantino che recita: «Come vuole Dio, non come vuoi tu».

Trovare Dio

(Foto: Katarina Skerjanec)L’Irlanda, Paese dalla grandissima tradizione cattolica, è famosa per la rapida crescita economica ottenuta grazie all’aumento dell’impiego e a norme semplificate per il rilascio dei permessi di lavoro. Nel 2006, il mercato del lavoro del Paese del whisky e della Guinness ha conosciuto una vera e propria esplosione: l’Authority per la Formazione e l’Occupazione (Training and Employment Authority, Fas) ha registrato la cifra record di 144mila offerte, la più alta da quando è stata istituita nel 1988. Entro la fine del 2006, il numero degli occupati era salito a 85.500. Il tasso di disoccupazione era sceso al 4,1%, il più basso degli ultimi cinque anni. Gli stranieri erano l’11% della forza lavoro. Gli irlandesi non mostrano intolleranza verso gli stranieri occupati in settori che non sono più di loro interesse, come l’edilizia, la ristorazione e il commercio al dettaglio. Ai lavoratori stranieri vengono applicate le stesse normative che valgono per gli irlandesi. Il salario minimo è di 8,65 euro l’ora. Un dipendente non può lavorare più di 48 ore alla settimana, ha diritto a due giorni di riposo settimanali e a 1,6 giorni di ferie retribuite al mese. È vero, tuttavia, che assumere un lavoratore straniero comporta rischi maggiori: primo fra tutti, la possibilità che voglia tornare nel proprio paese.

L’ostello: il posto migliore per iniziare

Generalmente la ricerca del lavoro inizia in uno dei tanti ostelli della capitale irlandese. Lo Youth Hostel International è un punto di raccolta per chi arriva in quest’angolo di Europa da Brasile, Uruguay, Argentina, Australia, Stati Uniti, Spagna, Francia o Italia. Ognuno con la propria storia, ma tutti con lo stesso obiettivo: imparare o migliorare l’inglese, trovare un lavoro per coprire le spese e guadagnare qualche soldo in più per viaggi e divertimenti. È utile per persone che arrivano con poca esperienza e aspettative incerte: si può aiutare in cucina o pulire la camere in cambio dell’alloggio gratis, ad esempio. «Questo tipo di lavoro part-time può anche essere un’ottima referenza quando si risponde ad annuncio per un lavoro vero e proprio», spiega Eduardo, 27 anni, brasiliano. Lui serviva la colazione e si è trovato bene anche con gli altri ragazzi, che facevano i portieri e che sono diventati suoi amici. Il refettorio si trova in quella che un tempo era una chiesa, oggi decorata con le bandiere di tutti i paesi del mondo. L’altare è diventato il banco di servizio. La musica, scelta dal personale che fa i turni di mattina, risuona in tutta la sala. «Siamo una sola grande famiglia», aggiunge Eduardo, che non ha avuto alcun problema per ottenere i necessari documenti e permessi di lavoro: anche perché suo padre è italiano ed essere cittadino di uno 

(Foto:Katarina Skerjanec)

Stato Ue facilita le cose

«A volte può essere molto difficile trovare un lavoro a Dublino, a dispetto dell’enorme quantità di annunci che si possono trovare su Internet», prosegue Eduardo. Quasi nessun datore di lavoro risponde alle e-mail. La soluzione migliore è andare a lasciare il proprio Cv di persona. Se si fa una buona impressione, di solito si viene richiamati per un colloquio: «A volte si fa fatica a capire come funziona il sistema. Perché bisogna fare due colloqui per essere assunti come cameriere? Perché è necessario saper parlar bene l’inglese per lavorare per un’impresa di pulizie?». Dopo aver cercato un lavoro per un paio di mesi, Eduardo è diventato cameriere in uno dei pub più conosciuti del centro. Ma arrivò presto il momento di spostarsi verso altri lidi: con il fratello Pedro si sono lanciati in una nuova avventura e hanno trovato lavoro a Londra. Eduardo dice che non hanno fretta di tornare a casa per un altro paio d’anni.

Chiudere le porte?

Qualcuno ha un colpo di fortuna nel giro di una settimana soltanto. Altri si disperano, come Jakub, polacco, 25 anni, studente di architettura, che ha cercato un lavoro tramite agenzia. «Ero aperto a varie possibilità; mi avevano promesso che mi avrebbero contattato, ma non è mai successo. Un altro ragazzo che era davanti a me, e che non aveva nessuna esperienza, ha invece trovato lavoro», racconta.

Dopo aver speso quasi tutti i suoi soldi in poco più di un mese, è ritornato in Polonia. C’è comunque un gran numero d’immigrati polacchi che lavorano in Irlanda come guardie giurate, commessi, camerieri e addetti alle pulizie. Hanno aperto negozi, panetterie, ristoranti e fondato anche riviste, giornali e siti Internet. «Quando cercavo un lavoro, non sapevo parlare una parola d’inglese. Il mio capo mi scrisse su un foglio quello che si aspettava da me e mi sono aiutata con un dizionario», racconta Dorata, infermiera, che ha lavorato come donna delle pulizie in uno dei più importanti negozi di Dublino. Vive felicemente qui con il marito e il figlio da qualche anno e dice che tornerà in Polonia solo per andare a trovare amici e parenti. Una volta ottenuto il permesso di soggiorno – è sufficiente presentare la bolletta della luce o del gas di un’abitazione privata o una certificazione dell’ostello dove si alloggia – il cittadino straniero può richiedere il numero personale di servizio pubblico (Pps), che serve per aprire un conto corrente bancario, che spesso include anche servizi bancari gratuiti via Internet e telefono.

Sono stati rilasciati oltre 300mila numeri Pps ad immigrati dei paesi che sono entrati nell’Ue nel 2004. I documenti sono pronti nell’arco di una settimana e da quel momento si può cominciare a cercare un lavoro. Senza alcuna spesa. Sembra tutto molto semplice e allettante, ma la domanda è: quanto durerà? Gli esperti prevedono che il tasso di disoccupazione in Irlanda raggiungerà il 5,5% entro la fine del 2008: il più elevato in quasi dieci anni.

Questo articolo è stato tradotto dallo sloveno ed è vincitore degli European Young Journalist 2008.

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Translated from Ireland: doors wide open for foreign labour