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Lampedusa: la politica migratoria europea si ribalta

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Gaia Proiti

società

[Opinione] Un anno fa, l’Europa era sotto choc per la tragedia consumatasi a Lampedusa: circa 370 morti in seguito al capovolgimento di un piroscafo, stipato di immigrati clandestini. Dal 2000, sono più di 20mila i migranti morti nelle acque del Mediterraneo. 

Barroso dichiarava allora che «in Europa avvenimenti del genere non si sarebbero dovuti più ripetere» e che occorrevano «sforzi più incisivi e una maggiore cooperazione tra gli Stati membri». Credevamo che l’allarme fosse stato dato e l’Europa, o meglio i governi europei avessero condotto una politica migratoria degna dei diritti dell’uomo che tanto intendono promuovere

Naufragio di migranti: aumenta il bilancio delle vittime

Ed invece, nulla di fatto: la situazione in Medio Oriente peggiora di giorno in giorno, il numero di migranti che arrivano sulle nostre coste aumenta drasticamente. L’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (OIM) ha registrato la morte di 4mila immigrati dall’inizio dell’anno, più di 3mila avvenute solo nel Mediterraneo. Il doppio rispetto al 2011, anno della primavera araba che deteneva allora il triste record di “appena” 1500 morti mentre si registra un aumento del 70% rispetto al 2013

«Da un anno l’incremento del numero di decessi si spiega con l’aumento delle morti nel Mediterraneo», commenta l’OIM, che ammette di non capire molto bene questa tendenza e ritiene che ciò possa «riflettere probabilmente un aumento considerevole del numero di migranti che cerca di raggiungere l’Europa. Più di 112mila clandestini sono stati individuati dalle autorità italiane nei primi mesi del 2014, il triplo rispetto al numero totale del 2013».   

Tracciare una cartina di provenienza dei migranti significa disegnare una mappa delle guerre, delle dittature, della povertà. Chi paga i tributi più alti sono i siriani che fuggono dal regime di Bachar al-Assad e gli abitanti dello Stato Islamico. Gli eritrei che tentano la traversata sono altrettanto numerosi: scappano come meglio possono alla repressione brutale del potere, al servizio militare a vita, ai lavori forzati, non remunerati e a durata illimitata. 

Frontex: un dispositivo controverso

I greci, messi sotto pressione dai paesi del nord, gestiscono una politica illegale di respingimento alle frontiere dei clandestini, mentre l’Italia è di fatto la porta d’ingresso dei migranti. Il governo Letta ha lanciato nel dicembre 2013 un'operazione militare e umanitaria, "Mare Nostrum", volta sia a soccorrere i migranti naufragati sia a scoraggiare i trafficanti. I risultati sono stati chiari: il comandante dell’operazione parla di  180mila vite salvate. Ma questa operazione si concluderà presto per mancanza di sussidi: in effetti, il governo italiano finanzia da solo quasi la totalità dell’operazione e Bruxelles non vuole sentirne di uscire qualcosa dalle sue tasche. Nove milioni di euro per un Paese in crisi sono troppi.   

Ed è qui che l’agenzia Frontex dovrebbe subentrare. Secondo la definizione dell’UE: «Frontex da assistenza agli Stati membri che necessitano un maggiore aiuto tecnico alle frontiere esterne e nella formazione di guardie di frontiera nazionali». Vista così si potrebbe pensare a un embrione di esercito europeo.

In effetti, nel 2010, l’agenzia disponeva di 22 aeromobili, 113 navi, 26 elicotteri, 476 dispositivi tecnici (radar mobili, telecamere termiche, sonde che misurano il tasso di carbonio emesso, rilevatori di battiti cardiaci, ecc) messi a disposizione degli Stati membri. Composta da circa 300 funzionari, il suo budget si è moltiplicato per 20 volte, da 6 milioni di euro nel 2006 a 118 milioni di euro nel 2011. Nel 2014 è ridisceso a 89 milioni. 

Da anni le ONG denunciano l’agenzia. Amnesty International nel suo rapporto intitolato "Il costo umano della Fortezza Europa: le violazioni dei diritti umani nei confronti dei migranti e dei rifugiati alle frontiere" ha informato che, in sei anni, l’UE ha speso 2 miliardi di euro per il controllo delle frontiere e solo 700 milioni per migliorare la situazione dei richiedenti asilo e dei rifugiati. L’associazione critica duramente la mancanza di rispetto delle regole da parte di Stati come la Grecia, la Bulgaria e la Spagna che respingono gli immigrati senza aver prima preso in esame le loro richieste d’asilo.  

       

Lo slogan dell'operazione "Frontexit", promosso da una decina di ONG specializzate in diritti dell’uomo è abbastanza esplicito: «l’Europa fa la guerra a un nemico che s’inventa». E Frontexit ha un duplice obiettivo: da una parte, l'informazione ad ampio raggio sulla brutta piega che è stata presa dalle operazioni di Frontex in ciò che concerne i diritti umani; dall’altra, la denuncia di tali derive ai rappresentanti politici direttamente implicati. 

Prospettive per la nuova Commissione

La nuova Commissione ha molto da fare. Jean Claude Juncker non spererebbe in una «nuova politica migratoria». Durante la sua campagna politica, ha dichiarato di voler evitare che «certe situazioni come quelle di Lampedusa» tornassero a verificarsi. Ma purtroppo ha perso. Il suo discorso elettorale non parlava forse di porte aperte? Non lasciava intendere quali sarebbero state le sue decisioni? Non è sicuramente affermando la necessità di far nascere «uno spirito solidale» o dichiarando di voler «impedire un afflusso incontrollato di clandestini» che ci si impegna a risolvere la questione. La grande idea del commissario è di fondere la politica migratoria con quella estera. Ciò dovrebbe assicurare una lotta più efficace contro il traffico favorendo il dialogo coi Paesi di transito. Sembra essere una buona idea: è ora di smetterla di vedere gli immigrati come una minaccia e di concepire l’immigrazione esclusivamente in termini di repressione.

Translated from Lampedusa : la politique migratoire de l'UE chavire