L’acqua un bene comune?
Published on
Lo scorso 28 Luglio 2010, l’assemblea generale delle Nazioni Unite ha stabilito che l’accesso all’acqua rappresenta un diritto fondamentale dell’uomo, indispensabile per il pieno godimento del diritto alla vita.
In Italia lo statuto provvisorio per il Coordinamento Nazionale Enti Locali per l’acqua Bene Comune, oltre a ribadire al suo interno la centralità di tale dichiarazione, riconosce “il principio della proprietà e gestione pubblica del servizio idrico (...) essenziale per garantire l’accesso all’acqua per tutti e pari dignità umana a tutti i cittadini”.
E’ sulla base di questi principi che nel nostro paese è stata condotta la recente battaglia contro la privatizzazione dell’acqua, sostenuta a gran voce da vari gruppi della società civile facenti capo al Forum dei Movimenti per l’Acqua. Sono risultate quasi un milione e mezzo le firme raccolte e consegnate presso la Corte di Cassazione lo scorso 19 Luglio 2010, cifra più che sufficiente per indire il referendum che avrà luogo il prossimo 12 e 13 giugno.
Dopo il rifiuto da parte del Consiglio dei Ministri di accorpare la consultazione referendaria con le elezioni amministrative previste per il 15 e 16 maggio, manovra che avrebbe fatto risparmiare alle casse dello stato diverse centinaia di milioni di euro, il popolo italiano sarà chiamato ad esprimersi su un tema che negli ultimi anni è stato al centro di accesi dibattiti. I quesiti referendari ammessi dalla Corte Costituzionale sono due:
Il primo riguarda l’abrogazione dell’art.23 bis della legge n.133/2008 che sancisce la privatizzazione dei servizi pubblici di rilevanza economica. La normativa, approvata dal governo Berlusconi, stabilisce che il servizio idrico debba essere affidato attraverso gara a soggetti privati o a partnership che coinvolgano la Pubblica Amministrazione, dove la quota del settore privato deve raggiungere almeno il 40%. Le società miste collocate in Borsa dovranno invece ridurre la quota di capitale pubblico al 40% entro il Giugno del 2013, sino a raggiungere il 30% entro il dicembre 2015.
La normativa in vigore impone che 64 delle 92 ATO (Autorità ed enti d’ambito Territoriale Ottimale), attualmente preposte alla gestione del servizio idrico insieme ai Consorzi Locali, debbano effettuare l’affidamento entro dicembre 2011 o trasformarsi in società miste, pena la cessazione dell’attività. Per quanto riguarda le società miste collocate in Borsa, per portare avanti la gestione del servizio saranno costrette a ridurre la quota di capitale pubblico al 40% entro il giugno del 2013, sino a raggiungere il 30% entro dicembre 2015.
Il secondo quesito mira ad una parziale abrogazione della norma che stabilisce la tariffa per il servizio idrico, in modo che sia determinata tenendo conto dell’adeguatezza della remunerazione del capitale investito. In altri termini, si chiede di eliminare quella parte della normativa che permette alle aziende di lucrare sull'acqua. L’attuale testo normativo prevede delle garanzie di profitto per le imprese, le quali potranno caricare sulle bollette dei cittadini il 7% del capitale investito, senza considerare alcuna garanzia di reinvestimento dei guadagni ai fini del miglioramento qualitativo del servizio.
Il comitato promotore afferma che l’obiettivo consiste nell’ “invertire la rotta e sconfiggere le politiche liberiste e le privatizzazioni dei beni comuni che negli ultimi trent'anni hanno prodotto solo l'impoverimento di larga parte delle popolazioni e dei territori" .
Recenti studi condotti da David Hall e Emanuele Lobina, collaboratori presso il Public Services International Research Unit dell’Università di Greenwich, dimostrano che la gestione privata delle risorse idriche non comporta dei particolari vantaggi in termini di efficienza, né tantomeno una riduzione dei costi di erogazione del servizio. Questo poiché le garanzie richieste dalle imprese rappresentano un costo tale che finisce per compensare il risparmio determinato da una gestione più efficiente del servizio.
Il 12 e il 13 giugno l’Italia dovrà decidere a chi affidare la gestione dei suoi stabilimenti. Dopo Parigi e Berlino l’acqua tornerà pubblica anche nel nostro paese?