L'accoglienza oltre l’assistenzialismo: il sostegno della Chiesa valdese
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Nella provincia di Torino c'è una realtà che dal 2011 propone un modello di integrazione fatto di corsi di lingua, tirocini e incontri culturali: è la Diaconia valdese. Abbiamo intervistato Debora Boaglio, la reponsabile del progetto di accoglienza.
Integrazione e accoglienza dei migranti sono le due sfide in cima all’agenda dell’Unione europea, con alcuni Paesi membri che rivedono il trattato di Shengen costruendo muri o sparando fumogeni, come in Ungheria, mentre a Bruxelles si discute di come suddividersi il carico di rifugiati fra tutti i componenti dell’UE.
L’Italia e le regioni meridionali nello specifico, sono spesso la prima tappa dei migranti che cercano di entrare nell’UE attraverso la rotta sud, anche se l’intento di queste persone e dei richiedenti asilo è quello di raggiungere altri Paesi. In un mesto panorama fatto di intolleranza e risentimento, esistono delle realtà che, sebbene siano in piccola scala, propongono un modello di integrazione che va oltre il semplice assistenzialismo, progettando percorsi per l’inserimento lavorativo.
Siamo nel torinese, la Diaconia valdese è l'ente ecclesiastico che coordina le attività di accoglienza della Chiesa valdese, e porta avanti dal 2011 una serie di progetti rivolti ai migranti e ai richiedenti asilo. Abbiamo intervistato Debora Boaglio, referente del progetto attivati nell'ambito dello SPRAR (Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati, istituito dal Ministero dell'interno, n.d.r.).
cafebabel: In che cosa consistono i progetti attualmente attivi rivolti ai migranti?
Debora Boaglio: Attualmente la Diaconia valdese ha attivi dei progetti di accoglienza per richiedenti asilo definita come CAS, centri accoglienza straordinaria, che coinvolgono anche la Prefettura e lo SPRAR. I progetti prevedono dei servizi minimi garantiti come la mediazione linguistico-culturale; l'accoglienza materiale; l'orientamento e accesso ai servizi del territorio. Ma anche formazione e riqualificazione professionale; orientamento e accompagnamento all’inserimento lavorativo, oltre che a quello abitativo e sociale. Sono forniti tutela legale e psico-socio-sanitaria, corsi di lingua italiana, di formazione professionale e per ottenere la licenza media.
L'obiettivo degli operatori è implementare strategie e metodologie di lavoro che favoriscano l'empowerment dei beneficairi e la ri-costruzione dei loro percorsi di autonomia qui in Italia. Cerchiamo infatti di evitare atteggiamenti di assistenzialismo nei loro confronti e ci impegniamo a fare tutto il possibile affinché queste persone acquisiscano nel periodo dell'accoglienza gli strumenti necessari per crearsi un proprio percorso di vita qui in Italia.
Proprio sulla base di questi ragionamenti, prediligiamo le accoglienze per piccoli nuclei, in appartamento, nel centro dei paesi, con 4 o 6 posti all'interno, e nei quali i beneficiari accolti possano gestire la maggior parte della loro quotidianità in piena autonomia (la preparazione dei pasti, le pulizie...).
Al fine di favorire i percorsi di integrazione, diamo estrema importanza ai corsi di lingua italiana e di formazione professionale, ai percorsi di inserimento lavorativo (tirocini, borse lavoro,...) e, quando possibile, a percorsi di volontariato sul territorio.
Per svolgere un buon lavoro è fondamentale avere una forte rete con il territorio sul quale si trova il progetto di accoglienza. Nello specifico: 26 persone sono accolte nei comuni di Torre Pellice e Luserna San Giovanni (Torino); 14 persone a Torino; 30 persone accolte nei comuni di Pomaretto, Persoa Argentina, Villar Perosa e San Germano Chisone, nel Torinese; infine 54 persone a Vittoria, provincia di Ragusa.
cafebabel: Come arrivano i migranti presso questa struttura?
Debora Boaglio: Per i progetti SPRAR del Ministero dell'interno, il servizio centrale ci invia delle segnalazioni. Per i progetti con la Prefettura, sono le prefetture stesse a farci le segnalazioni.
cafebabel: Quali sono le maggiori difficoltà che incontrate?
Debora Boaglio: L'inserimento lavorativo di queste persone rappresenta la sfida maggiore all'interno di questi progetti. L'accoglienza infatti ha dei limiti di tempo ben precisi (6 mesi dal giorno della notifica da parte della Questura del riconoscimento della protezione internazionale) e non sempre è possibile concludere dei percorsi di integrazione socio-lavorativa di successo.
cafebabel: Cosa ne pensate del sistema di accoglienza italiano?
Debora Boaglio: L'Italia non vanta una lunga esperienza nel campo dell'accoglienza. Ragion per cui tanto c'è ancora da fare. È necessario strutturare maggiormente il sistema di accoglienza evitando di lavorare continuamente in un sistema emergenziale. In un certo senso la "emergenzialità" che abbiamo vissuto nel 2011 è diventata strutturale in questo settore.
cafebabel: I crescenti episodi di intolleranza e razzismo, vedi i casi di Roma e Treviso (dove i manifestanti si sono opposti all'arrivo di nuovi migranti, arrivando a scontri e roghi di fronte alle strutture, n.d.r.) suscitano preoccupazione. Vi siete mai trovati in situazioni simili con i residenti locali? Come si possono prevenire e risolvere questi episodi?
Debora Boaglio: Nei nostri progetti di accoglienza non abbiamo mai vissuto episodi di questo genere. È comunque un tema a cui dedichiamo molta attenzione e riteniamo sia particolarmente importante informare il territorio, fare eventi di sensibilizzazione al tema e cercare di favorire il più possibile momenti di incontro e conoscenza reciproci. In questi anni abbiamo svolto queste attività organizzando diversi incontri pubblici, interventi nelle scuole, eventi di socializzazione (come cene), convegni sul tema, buona comunicazione, e un volontariato "di restituzione" al territorio.