La voce pericolosa dell'Iran
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brenda de biasioL’Occidente deve ricorrere alla forza contro le ambizioni nucleari di Teheran? L’opinione di Pierre Schapira, eurodeputato francese, membro della Delegazione parlamentare per le Relazioni con Israele.
Le crisi mediorientali si susseguono e si assomigliano tra loro. Dopo le armi di distruzione di massa irachene, è ora la volta del nucleare militare iraniano. Come se la storia non gli avesse ancora insegnato nulla, è ancora Georges Bush a rappresentare una minaccia per la pace, determinato a «lottare contro l'Asse del Male» facendo leva sulla comunità internazionale.
Un attacco è possibile?
Prima di usare la forza per impedire all'Iran di fabbricare armi nucleari, sarebbe bene valutare i pro e i contro di una simile operazione, ponendoli sui due piatti della bilancia. Tutti gli esperti sono d’accordo nel ritenere che l’Iran si sia già preparato a contrastare eventuali attacchi aerei preventivi. In ogni caso un attacco da parte dell’Occidente risulterebbe inutile di fronte all’efficacia delle armi nucleari iraniane. Una tale incursione avrebbe dunque, come unico possibile effetto, il protrarsi dei tempi di realizzazione del programma nucleare di Teheran. La popolazione iraniana, dal canto suo, riconosce all’Iran il pieno diritto di accedere al nucleare, essendo la sicurezza nazionale minacciata da Israele, unica potenza medioerientale dotata di un arsenale nucleare. Secondo Azadeh Kian-Thiebaut, ricercatore presso il Cnrs, la questione del nucleare rappresenta la bandiera del nazionalismo iraniano. Per tutte queste ragioni, ostacolare con la forza una parte del programma nucleare non farebbe altro che aumentare la sete di potere e di superiorità nucleare del popolo iraniano.
L’unica cosa che si possa davvero sperare è che il know-how iraniano in materia di nucleare sia riposto nelle mani di un regime responsabile, pacifico e progressista, che non professi l’odio nei confronti dell’Occidente e di Israele. Ma come arrivare ad un regime di questo tipo? Un capovolgimento della situazione attuale potrebbe avvenire solo dall’interno e dagli oppositori esterni, cogliendo di sorpresa la popolazione e l’opposizione moderata. Ma l’attacco occidentale avrebbe allora come obiettivo la distruzione dei centri di potere del regime dei Mullah. Si potrebbe ragionevolmente scommettere su questa eventualità? Tale soluzione appare tanto più debole perché le incursioni dell’Occidente, con le conseguenti ed inevitabili perdite di civili, rischierebbero di rafforzare un sentimento di unità nazionale di fronte all’aggressore straniero. D’altra parte, è piuttosto improbabile che l’opposizone iraniana accetti di salire al potere con l’aiuto militare dell’Occidente, tenuto conto della disastrosa esperienza dell’Iraq.
Un crescendo catastrofico
Se i benefici derivanti dell’uso della forza appaiono alquanto incerti, si può facilmente immaginare quella che potrebbe essere la risposta dell’Iran. La Repubblica islamica è rinomata per rappresentare un pericolo internazionale e potrebbe facilmente innescare un’ondata di violenza nelle zone sensibili della regione (Libano, Palestina, Iraq e Afghanistan). Ma potrebbe anche decidere per un attacco missilistico contro Israele e i Regni del Golfo. Inoltre l’Iran ha già minacciato di far entrare in azione dei commando di kamikaze a danno degli interessi occidentali. In questo modo, al terrorismo sunnita di Bin Laden, verrebbe ad aggiungersi il terrorismo sciita iraniano. L’aggravarsi delle tensioni tra l’Occidente ed il mondo musulmano rischierebbe, così, di degenerare in un conflitto mondiale.
Per tutti questi motivi ritengo che, arrivati a questo punto della situazione, un intervento militare occidentale non sia per nulla auspicabile, giacché condurrebbe la popolazione iraniana su posizioni estremiste, facendo così il gioco di Ahmadinejad e dei suoi fautori. Come reagire allora alle provocazioni del presidente e al rischio di un attacco militare contro Israele? Una possibile soluzione sarebbe tentare il tutto per tutto per riportare alla normalità le relazioni tra l’Iran e l’Occidente, ed in particolare con gli Stati Uniti. Rinunciando ad inserire l’Iran nell’Asse del Male, ed interrompendo le sanzioni economiche per riallacciare un vero dialogo tra le civiltà, Washington e Bruxelles stigmatizzerebbero il comportamento irresponsabile del Presidente Ahmadinejad e sederebbero le tensioni. La diplomazia occidentale dispone di un po’ di tempo per suscitare questa apertura, in quanto il pericolo della bomba iraniana non è imminente. Tutti gli esperti sono concordi nell’affermare che l’Iran non sarà in grado di fabbricarla prima del 2009. Per il momento, dobbiamo guardarci bene dal percorrere troppo velocemente la strada delle sanzioni, che ci intrappolerebbe in un’escalation dalla quale sarebbe poi impossibile sottrarsi.
Translated from La voix dangereuse de l'Iran