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«La Turchia resta una democrazia sotto tutela»

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Anna Narcisi

Politica

Le elezioni legislative anticipate del 22 luglio hanno decretato il successo del partito islamico moderato del Primo Ministro Erdogan. Il parere di un esperto sulla relazione Ue-Turchia.

Crisi istituzionale, ripiegamento religioso, questione curda: la prospettiva dell'adesione di Ankara all’Unione Europea non smette di sollevare numerosi interrogativi. Ne parliamo con Hamit Bozarslan, codirettore dell'Istituto di studi islamici e delle società del mondo musulmano presso la Scuola di alti studi in scienze sociali di Parigi.

Quali sono le caratteristiche principali del rapporto Ue-Turchia?

L'aspetto “speculativo” di questa relazione si sta ampliando dal 2004. Mi dispiace che i temi trattati dai mezzi di comunicazione e dai politici soffrano di una mancanza di approfondimento. Troppo spesso ci dimentichiamo che in Turchia le cose vanno molto male. Si è sviluppato un movimento di ripiegamento su sé stessi, una specie di “nazionalsocialismo”, secondo il quale i turchi sarebbero un'etnia oppressa da altre classi o etnie, un'etnia che dovrebbe, per questo motivo, lanciarsi in una guerra di liberazione volta a bandire i curdi, gli armeni o i cristiani… Questa dinamica interna è nefasta e non favorisce certo un riavvicinamento del Paese all’Unione Europea.

La crisi istituzionale che sta attraversando la Turchia in seguito alle recenti elezioni sarebbe insomma solo il sintomo di un processo iniziato da tempo?

Certamente. Ormai la situazione peggiora da quando i principali supporter della Turchia – Gerhard Shröder e Bill Clinton – sono scomparsi dalla scena politica.

Che ruolo può giocare l’Unione Europea?

Il problema è che a partire dal 1999 – anno in cui Bruxelles accettò la candidatura della Turchia – il Paese viene gestito con una politica “giorno per giorno”. Non è una questione di pianificazione, né di criteri di adesione prestabiliti, infatti quelli di Copenaghen non bastano più. Si è pensato che le procedure di integrazione post-dittatura all'Unione della Grecia, del Portogallo e della Spagna potessero andare bene anche in questo caso, ma la Turchia non ha conosciuto questo tipo di scenario politico.

È pensabile a suo avviso una rottura dei negoziati con la Turchia?

In ogni caso si tratta di una possibilità non esclusa in Turchia, dove esistono forze dell’establishment e dell’esercito che chiedono di ritirare la candidatura di Ankara. È il caso del generale Tuncer Kilinc, che ha presieduto in passato il Consiglio nazionale di sicurezza, uno degli organi più importanti del Paese. Kilinc, per esempio, è favorevole a un riavvicinamento alla Russia! Questa eurofobia è riconducibile ai punti di cesura interni allo scacchiere turco, non si tratta solo di semplice nazionalismo.

Ma è credibile un’alleanza tra Turchia e Russia?

L’economia turca è talmente integrata a quella europea che un’alleanza con Mosca non è ragionevolmente possibile. Eppure ci sono stati così tanti ricorsi storici che non possiamo mai del tutto evitare questo genere di sorprese!

Che cosa pensa del progetto di Nicolas Sarkozy di creare uno spazio europeo che comprenda la Turchia?

È piuttosto difficile pensare alla situazione della Turchia tra venti o trent'anni. Concepire l’Europa in termini di territorio è assolutamente assurdo. Dobbiamo considerare che stiamo parlando di un sogno comune, di un progetto politico… L'Unione Europea, d'altra parte, dovrebbe essere più presente come partner nello spazio mediterraneo, dovrebbe porsi come terzo elemento tra gli Stati Uniti e il Medio Oriente.

Nei confronti della Turchia si è assistito all'insorgere di molte domande sui diritti umani, sul genocidio armeno o sulle minoranze curde, per non parlare dell'omicidio del giornalista armeno Hrant Dink...

La Turchia è una democrazia sotto tutela in cui i militari danno degli ultimatum, addirittura via Internet! Si tratta di una caratteristica storica della Turchia: il militare è considerato come il guardiano dell’integrità nazionale, è l’attore sovra-sociale. In questo Paese ci sono dei professori arrestati per aver “insultato” la memoria di Atatürk. Mustafà Kemal, il fondatore della Turchia moderna, è considerato una figura sacra. Bisognerebbe rimettere in discussione il principio secondo il quale la rinascita del Paese passa necessariamente per l’eliminazione dei “nemici”, come ad esempio gli armeni.

In questo senso l’Unione Europea non ha una carta da giocare, un'influenza reale da usare per migliorare la situazione in Turchia?

L’Europa ha il dovere di intervenire per incoraggiare i movimenti democratici ancora marginali. Queste dinamiche, tuttavia, dovrebbero anche svilupparsi all'interno del Paese. La Turchia avrebbe avuto bisogno della promessa di un’integrazione completa, nel momento in cui i problemi citati in partenza fossero stati risolti. In merito alla proposta del partenariato privilegiato rispondo che esso esiste già. Tocca all’Europa, inoltre, sensibilizzare la propria opinione pubblica nei confronti della Turchia. Penso che i cittadini europei temano più che altro la violazione dei diritti umani.

Translated from « La Turquie reste une démocratie sous tutelle »