La Troba Kung-Fù, santa allegria
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Francesco ChiaroSi definiscono come dei "trovatori". Vanno di città in città regalando canzoni e allegria. “Se facessimo più cose ballando, la vita sarebbe molto più facile”, dichiarano. Con questa filosofia, quelli de La Troba Kung-Fú ci presentano il loro terzo album, Santalegria, miglior disco catalano del 2013, secondo Enderrock.
Dopo essere entrato in un vicolo secondario dall’aria discreta, riesco a infilarmi nell’androne nascosto alle spalle di un’enorme porta di legno. Attraversato un cortile, un’altra porta, fatta una svolta a destra e saliti due piani grazie a un’immensa scala a chiocciola, arrivo finalmente al luogo dell’appuntamento. Un ufficio delle dimensioni di Ephélide, la casa di promozione musicale che mi ha contattato per l’intervista, può nascondersi alla fine di un labirinto architettonico del genere soltanto a Parigi. Sorpresa dalla mia bravura nell’arrivare davanti alla sua porta senza senza aver chiesto aiuto, Marion mi presenta le sue colleghe e mi accompagna nella sala dove Joan Garriga, il leader de La Troba Kung-Fú, attende il mio arrivo. Ha l'aspetto stanco ed è in compagnia dei resti di quello che poco prima era un vassoio di paste artigianali francesi.
“Finalmente ti ho trovato un giornalista spagnolo,” dice la responsabile dei mezzi di comunicazioni online cercando di rallegrare un po’ il musicista di La Garriga, vicino a Barcellona. Il viso di Joan sembra rilassarsi e apprezzare la prossimità linguistica. La sorpresa però aumenta quando confesso di parlare anche catalano. Non se l’aspettava. Dopo 5 interviste in francese, poter sostenere l’ennesima conversazione nella propria lingua madre deve essere come minimo rinfrancante. Forse proprio per questo, o forse per la personalità familiare di un musicista pluripremiato, il ritmo della conversazione è rilassato e intimo, ben lontano dalla tensione e dalla fretta che spesso si manifestano in questi incontri.
Non sono il tipo che comincia un’intervista chiedendo al gruppo il perché del suo nome, ma in questo caso è inevitabile. Nonostante il suono onomatopeico, La Troba Kung-Fú è una “dichiarazione d’intenti” in piena regola: l'obiettivo è diventare “bravi trovatori”. La formula scelta nasconde, inoltre, una curiosa combinazione di concetti, uno occidentale e l’altro orientale. Se da un lato abbiamo la "troba", “una parola d’origine occitana che rappresenta colui che attraverso il proprio canto non cerca, bensì trova” (in catalano, trobar significa trovare, nda.), dall’altro abbiamo il Kung-Fú, l’arte marziale che tutti noi conosciamo bene. Come mi racconta Joan, però, “per i cinesi il kung-fu non è solo un'arte marziale, ma anche un’arte nel senso più generale del termine. Il senso ultimo è quello di assimilare un’abilità all’interno di una disciplina artistica”. Tornando poi su toni un po’ meno filosofici, lui stesso confessa che il nome “nasconde anche un omaggio alla famosa serie degli anni '80 e ai B movie, il nostro lato più ridicolo insomma. Siamo capaci di spiegare le cose in modo molto serio, ma sempre con un sottofondo di umorismo, nella vita, come nella rumba”.
E proprio di rumba parlano le sue canzoni. O meglio: di rumbia vallesana, una mescolanza transatlantica di stili. Il loro ultimo lavoro si chiama Santalegria, forse l’unica "santa" a cui affidarsi nei tempi che corrono. “Non abbiamo alcuna intenzione di gerarchizzare il santorale, ma vogliamo omaggiare paganamente le cose che per noi sono importanti. L’allegria è uno stato d’animo che ci aiuta a vivere e santificarlo non è altro che un riconoscimento”, conclude. E proprio così, allegro, suona il loro disco dall’inizio alla fine. Quando ascolti un disco come questo è impossibile rimanere fermi, anche se a muoversi è soltanto il dito mignolo del piede. Per questo motivo, i suoi concerti non sono i tipici raduni di statuette che guardano il palco con gli occhi spalancati. “Il nostro obiettivo è far ballare la gente”, mi assicura lui. “All’inizio eravamo un tantino ossessionati da questo fatto, ma poi, con l’età, abbiamo imparato che il ballo non deve per forza essere fisico, ma può essere anche mentale", aggiunge. Nonostante ciò, afferma che il motivo principale che lo ha spinto a fare musica è stata “la sensazione festosa che accompagna la danza. Facciamo troppe poche cose ballando e se ne facessimo di più vivremmo sicuramento meglio”, sentenzia.
La loro musica è un miscuglio efficace di suoni proveniente da ogni angolo del pianeta. Riconosce che “la musica da ballo è un linguaggio molto universale” che, combinato con una lingua minore come il catalano, è riuscita a raggiungere luoghi reconditi come gli Stati Uniti, il Marocco o la Siberia. “Siamo globali sotto molti punti di vista. Cantiamo in catalano perché è il nostro modo di esprimerci, quello più personale”, afferma, cercando di invitare a degustare il risultato di un sincero esercizio di creatività. Sebbene si possa pensare che i gruppi di musica festiva spagnola tendano a banalizzare il messaggio, questi aspiranti trovatori danno alle parole il giusto peso: “le canzoni nascono dalle parole, è necessario avere qualcosa da dire. Stiamo parlando di canto e il canto è verso”.
“Com un joglar, de poble en poble, dono al cantar ofici noble” ("come un giocoliere, di villaggio in villaggio, do al canto impiego nobile", nda.), recita uno dei loro pezzi. Con questo proposito hanno percorso mezzo mondo e, allo stesso modo, continueranno a portare allegria, santa o meno, in ogni luogo.
Translated from La troba Kung-Fú, santa alegría