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La transumanza della Turchia: dall'Europa ai BRIC

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La Turchia è stata sin dalle sue origini un crocevia tra le differenti culture occidentali e orientali, mutandosi in un punto strategico sulla mappa. Una miscellanea di turchi curdi, circassi (o caucasici, adighi), bosniaci, georgiani, gitani, arabi e una minoranza zaza costituisce la sua popolazione, la cui metà è attualmente al di sotto dei trent'anni.

Nonostante siano trascorse cinque decadi dall'inizio del suo processo di inclusione all'interno dell'Unione Europea, nel Vecchio Continente si mostrano delle reticenze nell'aprirle le porte. Si starà per esaurire la pazienza turca?

Tramite piccoli gesti, la Turchia si è inserita in Europa, anche se sempre da una zona d'ombra: prima ha combattuto insieme agli alleati durante la Seconda Guerra Mondiale per poi convertirsi in un membro della Carta delle Nazioni Unite, in seguito ha partecipato insieme all'ONU al conflitto della Corea e finalmente è riuscita ad aggregarsi alla NATO. La fase successiva, la più bramata, era l'appartenenza all'Unione Europea, la cui richiesta fu presentata per la prima volta nel 1959 ma le negoziazioni sono iniziate solo alla fine del 2005. La sua proposta ha diviso gli europei e alcuni di loro hanno pronosticato che se la Turchia entrerà a farne parte, l'Europa perderà la propria identità. Inoltre alcune voci la definiscono, in una versione esagerata, come un cavallo di Troia.

La Turchia interessa come socio economico essendo uno dei grandi luoghi dell'inversione straniera, nonché una sempre più popolata meta turistica che nell'ultimo anno ha accolto circa trenta milioni di turisti. I recenti dati economici sono positivi e nell'ultima decade la crescita del paese è stata dell'8,5% in confronto all'1,7% dell'Unione Europa e il suo debito pubblico nell'ultima decade è diminuito dal 73% al 39% del PIL. Nonostante ciò, molti non si sentono a proprio agio ad avere la Turchia come vicina. Di fatto, i suoi principali oppositori, Francia e Germania, si avvalgono di svariate ragioni. Il precedente Presidente della Repubblica francese, Nicolas Sarkozy, affermò che “il posto della Turchia è all'esterno dell'UE” ma, malgrado ciò, è stato fautore di uno statuto per un'associazione privilegiata. Anche la cancelliera tedesca, Angela Merkel, sostenne questa idea: “Ci opponiamo alla presenza di Ankara come membro completo, ma non vogliamo perdere la Turchia, trattandosi di un paese importante”.

Questo stato è un caso speciale all'interno della comunità internazionale. Si definisce come una repubblica parlamentare, democratica, laica, sociale e di diritto; e conta una popolazione di 75 milioni di abitanti, il che la renderà il secondo paese più popolato abitato dell'UE – dopo la Germania – e la principale potenza rispetto alla superficie territoriale. Questo potrebbe destabilizzare le politiche dell'Unione Europea, specialmente per quanto riguarda la ripartizione dei seggi nel Parlamento Europeo. Tuttavia, è la sua relazione con i diritti umani il tema più delicato e per il quale si richiede che ammetta le sue responsabilità nel genocidio armeno. A questo si aggiunge un rapporto realizzato da Bruxelles, nel quale si accertava che la sua entrata costerebbe al resto dei soci all'incirca 28.000 milioni di dollari l'anno in aiuti.

I paesi favorevoli all'ingresso della Turchia argomentano che la sua adesione eviterebbe un temuto scontro di civilizzazioni, oltre ad essere coscienti che la sua influenza nel Vicino Oriente aumenterebbe e, comunque, si assicurerebbero rotte migliori per le forniture energetiche. Senza dubbio, i requisiti richiesti alla Turchia sono molto più rigorosi rispetto a quelli che si esigono da altri Paesi. Il maggior punto di attrito è la diffidenza verso l'Islam da parte dell'Europa, visto che alcuni settori conservatori ritengono che questa religione sia incompatibile con la democrazia. Tuttavia, sembra che esistano altri motivi impliciti, visto che Bosnia ed Erzegovina, la cui popolazione è prevalentemente musulmana, non stanno riscontrando così tante riserve per i propri consensi nell'UE. Di fatto, è già stata approvata una sorta di preadesione.

Tra orgoglio e ostinazione

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Secondo un'inchiesta recente dellaa Fondation Tavak, la fiducia dei Turchi riguardo al loro ingresso nell'Unione Europea è passata dall'85 % al 17 % nel giro di dieci anni. Il motivo principale è il fatto che i turchi si sentono rifiutati dal vecchio COntinente: se si tiene conto del fatto che il  50 % della popolazione non supera i trent'anni, si capisce un po' di più perché i giovani turhci nonv edano l'UE di buon occhio. Le conclusioni di questa inchiesta rivelano altre cifre interessanti: il 46 % dei turchi sono favorevoli alla Russia e ai paesi vicini, il 28 % preferirebbe collaborare con i cosiddetti paesi BRIC (Brasile, Russia, India, Cina, Sudafrica) e il 21 % considera più vantaggioso rinforzare i legami con l’Organizzazione della cooperazione economica (OCE), che comprende numerosi paesi in Asia centrale.

Ilya U. Topper, il corrispondente dell'agenzia stampa spagnola EFE a Istanbul, afferma che "qui, al contrario di quello che succede negli altri paesi; l'Europa non è percepita come un paradiso irraggiungibile. Non conosco nessuno che desidera trasferirsi nel Vecchio Continente". E aggiunge "I paesi dell'area BRIC sono ormai considerati come stati con i quali è possibile negoziare da pari a pari, senza quel complesso di inferiorità imposto da Bruxelles o da Washington". Elif Görgü, giovane ragazza turca che lavora in Venezuela, crede che quello che interessa l'Unione Europea sia una sorta di "sistema cinese europeo: salari bassi e manodopera a buon mercato", e rincara la dose affermando "io sono sempre stata contro, è un'Unione imperialista dove dominano interessi e forze economiche e dove le grandi potenze approfittano dei paesi più deboli". 

"continueremo a disturbare gli europei"

A questo proposito, è interessante ricordare che il Partito per la giustizia e lo sviluppo (AKP in turco), al potere dal 2002 e favorevole all'UE, ha ottenuto la maggioranza assoluta alle ultime elezioni con il 50 % dei voti e una partecipazione vicina all'82 %. Il ministro dell'Economia turco, Zafer Çağlayan, assicura che l’UE "finirà per implorare l'adesione della Turchia", ma che in fin dei conti "la decisione di entrare o meno non ci appartiene". Afferma che l’Unione "non è stata onesta negli ultimi cinquant'anni" rifiutando le domande di adesione della Turchia "anche quando questa rispondeva a tutti i criteri". Çağlayan continua: "continueremo a disturbare gli europei e chiunque stia cercando di trasformare l'Unione in un club di paesi cristiani, escludendo la Turchia".

Foto: copertina (cc)onur hurgel/Flickr; nel testo, CharlesFred/Flickr y gecetreni/Flickr. Video: euronewses/YouTube.

Translated from Turquía en la trashumancia: de Europa a los BRIC