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La sindrome di Shopping

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Colpisce più donne che uomini, più adulti che adolescenti. C’è chi non riesce a farne a meno, chi viene assalito dai sensi di colpa, chi vorrebbe farlo, ma non può… Gioie e dolori della “piacevole sindrome” che sta contagiando anche il Bel Paese.

Shopping mania, shopping mania: alzi la mano chi, almeno una volta nella vita, non se ne sia lasciato prendere… da solo, in compagnia, per festeggiare un esame, un compleanno o semplicemente per la voglia di comprare qualcosa, utile o superflua che sia.

Non è poi così difficile che la carta di credito scivoli magicamente dal portafoglio per finire dritta dritta nelle mani della cassiera: et voilà, il gioco è fatto! E poco importa se si tratta di capi griffati o di cose da pochi euro comprate in una bancarella. Certo, se l’oggetto che ha il duro compito di gratificarci è un abito di Dolce & Gabbana, l’ultimo cellulare in commercio o una borsa di Gucci, le cose cambiano. È il cosiddetto “shopping compulsivo”, o “mania di comprare”, come lo definì per la prima volta il famoso psichiatra Kraepelin nel 1915 (al quale si deve anche il nome della malattia di Alzheimer): il piacere dell’acquisto si trasforma in una forma vera e propria di dipendenza che procura sensi di colpa, vergogna, stress, problemi nei rapporti sociali e sul lavoro, disagi familiari e coniugali, nonché gravi problemi economici. Il rapporto 2004 Caritas italiana-Fondazione Zancan mostra che tale fenomeno interessa anche l’Italia, nella quale «sarebbe affetta da shopping compulsivo una quota compresa tra l’1 e l’8% della popolazione adulta, e si tratta soprattutto di «donne, di età compresa tra i trentacinque e i quarantacinque anni».

Chi vuol esser lieto... compri!

Gli esperti del settore fanno diverse diagnosi per questa patologia: si fa shopping per necessità (“compro perché mi serve”), per puro edonismo (“compro perché mi piace”), per seguire la moda (“compro per essere cool”) o per rispondere a una delle tante chiavi di lettura psicoanalitiche (“compro per sopperire a qualche mio bisogno o mancanza”, “compro per tirarmi su”, etc.). Queste ultime interpretano in vari modi l’acquisto non controllato di beni per lo più superflui: da «strategia messa in atto per alleviare uno stato depressivo sottostante», risposta semplice e immediata per combattere «tristezza, solitudine, frustrazione o rabbia» in cambio di «felicità, senso di potere e competenza» (J. Lejoyeux) a strumento «per innalzare la propria autostima e combattere frustrazione ed umore depresso» (R.J. Faber e T.C. O’Guinn), da risultato da disturbi della serotonina – sostanza prodotta dal cervello che controlla l’impulsività e l’umore in generale – a escamotage per «proteggersi da una determinata paura con un rito propiziatorio. Ad esempio dietro la mania, quasi sempre femminile, di comprare vestiti ci potrebbe essere il timore di apparire poco desiderabili, attraenti» (D. Pasca).

Shopping: non solo donna

Ma lo shopping irrefrenabile e insensato non è solo “roba da donna”. Uno dei grandi meriti degli studi sui comportamenti umani è la caduta di un mito: anche gli uomini hanno imparato ad usare e a sperperare il denaro in cose molto spesso inutili e costose, proprio come il gentil sesso. Una ricerca del Prof. Koran della Stanford University, dimostra che «Al primo posto tra gli oggetti della “febbre da acquisto”, per quanto riguarda le donne, ci sono i capi d’abbigliamento, seguiti da cosmetici, scarpe e gioielli: tutti elementi riconducibili all’immagine. L’uomo, invece, predilige simboli di potere e prestigio come telefonini, computer portatili e attrezzi sportivi».

Se poi ci si ostina a vedere lo shopping come una malattia femminile, allora è meglio farlo ridendoci sopra. Alle maniache dell’acquisto si consigliano I Love Shopping di Sophie Kinsella per riconoscersi nelle ironiche manie e debolezze di Becky, la giovane protagonista spendacciona di quella che è diventata una fortunata serie (la Kinsella è anche autrice di I love shopping in bianco, I love shopping con mia sorella e I love shopping a New York), o Shopping terapia di Amanda Ford che, tra aneddoti divertenti, test per l’autoanalisi e check-list, insegna a comprare più consapevolmente. In entrambi i casi, viene da pensare al famoso Il diario di Bridget Jones: e le ironiche riflessioni, Signore e Signori, non mancheranno di certo.