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La rinascita dell’Europa e il «no» irlandese

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Francesca Pischedda

La Presidenza francese dell’Ue è alle porte, e come tre anni fa, i risultati del referendum mettono in discussione il progetto europeo. Il Trattato di Lisbona non è stato capito o il documento non parla ai cittadini? Una riflessione sul futuro dell’Unione europea.

Un vero scherzo del destino che non desta ilarità: il rifiuto irlandese del trattato di Lisbona è arrivato proprio alle porte della Presidenza francese dell’Ue. La Francia è la stessa che nel 2005 aveva rifiutato la Costituzione, che invece gli irlandesi avevano accettato. E oggi Sarkozy di fa alfiere dell’unità europea.

Nessuno ha letto il Trattato di Lisbona

«Questo testo è incomprensibile! E ci hanno fatto una sorta di ricatto: rischiate di restare isolati, e inoltre avete ricevuto così tanto dall’Europa che non potete voltarle le spalle proprio adesso. Non sono motivi validi!», dice un professore irlandese, eurofilo, a un giornale francese.

Un testo incomprensibile. È la critica più frequentemente mossa da molti in Irlanda. Un testo che non ha appassionato neppure i dirigenti irlandesi, come testimonia la gaffe del Primo ministro, Brian Cowen che ha confessato di non aver neanche letto la totalità del Trattato, che lui stesso chiedeva alla sua popolazione di ratificare.

Europa nazione o Europa delle nazioni?

Questo scrutinio interviene, inoltre, in un momento critico per la crescita Paese, passata da circa il 10% degli anni Novanta al 4,7% nel 2007. Cifre che, nonostante siano di circa due punti più alte rispetto alla media europea, non sono bastate a cancellare i dubbi degli irlandesi. Ad un contesto economico non completamente favorevole si è quindi aggiunto un Trattato proposto in modo inadeguato, cosa che offre terreno più che fertile per riaccendere gli animi dei militanti euroscettici. Il timore di un’Irlanda soffocata nel “marasma europeo” ha avuto la meglio.

E la storia, ancora una volta, è stata mobilitata per sostenere una causa. Quale? Le battaglie d’indipendenza contro l’Inghilterra. Gli slogan degli euroscettici a queste si rifacevano: «Molti irlandesi sono morti per la vostra libertà: non svendetela! Votate no!»

Due sconfitte consecutive, nel 2005 e nel 2008: la risposa dei cittadini europei è chiarissima. Da tre anni ormai nessuno capisce a cosa serva l’Europa. Anzi, addirittura preoccupa, perché invece che come una protezione, è vista come un’aggressione. La distanza tra la classe dirigente e i suoi concittadini è tangibile: gli sforzi congiunti dei Governi europei e di gran parte della stampa non sono sufficienti per convincere dei benefici della struttura europea. La sfida dell’Ue è la complessità. Il suo dramma, la mancanza di una visione chiara da parte della sua classe dirigente.

E ciononostante, l’Europa è ovunque, non solo negli uffici dei tecnocrati di Bruxelles. Ma perché i cittadini l’apprezzino, devono capirla. Per capirla, bisogna che i suoi dirigenti la spieghino, e in modo chiaro. L’Europa è una conquista, ma i risultati del referendum, dal 2005 in poi, ci fanno vedere quanto sia fragile. Come riconciliare l’Europa e i suoi cittadini? Questo rifiuto annuncia una vera crisi tra cittadini e istituzioni? Dovremmo iniziare a considerarla come un punto di partenza, fondatrice di una vera identità europea.

L’Europa meriterebbe di essere difesa meglio di quanto è stato fatto negli ultimi anni.

Translated from Pas de solutions après le « non » irlandais