LA PETITE NAPULITANA
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Sono una napoletana arrivata nella ridente cittadina di Bruxelles, capitale dell'Unione Europea, per fare uno stage presso il Parlamento europeo. Sarà la mia prima esperienza di questo tipo e sono sicura che non mancheranno forti emozioni.
IL MIO LAVORO
Penso sia chiaro ormai che io sono qui, a Bruxelles, per uno stage al Parlamento Europeo.
Precisamente nel DG EPRS (andate pure a googolarlo!).
Ora, sinceramente, non so quanto mi sia concesso parlare di quello che succede in una delle principali istituzioni europee, ma in ogni caso non ci sarebbe alcun problema perché non succede assolutamente niente!.
Ebbene, io passo molto del mio tempo in giro per l’edificio principale, alla ricerca di qualche scoop o nel tentativo di incappare in una notizia bomba, ma con il tenero badge da stagista di certo non ti fanno entrare dove avvengono le cose importanti.
Mi spiego, io posso entrare ed uscire a mio piacimento nei vari edifici delle istituzioni, ma non nelle sedute che potrebbero avere una minima rilevanza.
Esempio: volevo andare ad un meeting della commissione budget dalle 15:00 fino alle 18:00. Mi presento all’ora d’inizio ma m’informano che l’ingresso è consentito dalle ore 16:00, dopo la sessione speciale. La più interessante ovviamente, a cui non ti fanno accedere ovviamente.
Quella che mi sono sorbita io è stata una banalissima votazione. I parlamentari (neanche tutti), pigramente seduti sulle loro sedie, pigramente alzavano le mani al momento di esprimere il voto, già deciso chiaramente in separata sede, considerato che alzavano le mani ancor prima che venisse posta l’intera domanda.
IL LORO
Insomma, me ne vado gironzolando ad ascoltare quello che 'sti grandi del mondo hanno da dire: niente!
Organizzano conferenze, aperitivi e degustazioni perché altrimenti suppongo non sappiano come passare il tempo. Li vedi fumare sigarette e consumare caffè al bar, nonché usufruire della palestra (sí perché il grande edificio centrale del Parlamento, oltre ad avere una serie infinita di caffetterie, ha anche una palestra).
Ad essere belli e “potenti” questi palazzoni lo sono, enormi e di vetro, frutto di anni di lavoro e di grandi idee architettoniche. Ad essere dispersivi, anche quello lo sono. Più di una volta mi sono persa tra gli immensi corridoi e gli innumerevoli piani.
Ma quello che salta all’occhio è proprio il senso di vuoto, sia nelle varie aule (raramente con più della metà dei posti occupati), sia nei contenuti.
Parlano e straparlano dell’ovvio. Altro esempio: Conferenza sulla situazione palestinese. Tante belle parole spese sulla terribile situazione, dei pozzi distrutti e delle case demolite dagli Israeliani, ma neanche una sul quando, come e soprattutto sul chi ha permesso tutto ciò. Su chi ha, forse, degli interessi nell’area.
Tra gli ascoltatori c’era un palestinese che non ha esitato nell’esprimere il proprio pensiero secondo il quale l’Europa non faccia altro che parlare e che si limita a trovare soluzioni temporanee, senza agire in modo deciso nel far rispettare le leggi internazionali per la tutela di un popolo a cui, ora, manca addirittura l’acqua.
Per chi non sapesse cosa stia succedendo laggiù, in breve, nel 1947 le Nazioni Unite hanno “donato” parte del territorio palestinese agli israeliani, che, nel corso della seconda metà del ‘900, hanno sempre più allargato la loro occupazione, insediandosi in Cisgiordania e appropriandosi delle risorse acquifere del fiume Giordano.
Quindi, non c’è solo una violazione del principio di “autodeterminazione dei popoli” ma anche della Convenzione delle Nazioni Unite del 1997 sul diritto in materia di utilizzo dei corsi d’acqua internazionali per scopi diversi dalla navigazione, che stabilì chiaramente come queste acque dovessero essere condivise: equamente e razionalmente.
Cosa che, appunto, non avviene, considerando le dighe costruite da Israele per deviare il corso del fiume.
È frustrante sapete, vedere tante persone, con tanto potenziale che sprecano senza alcuna esitazione la loro possibilità di poter fare veramente qualcosa.
Quando mi trovo in giro per i vari uffici mi viene spesso in mente l’organizzazione del lavoro delle industrie Ford, che credo un po’ tutti abbiamo almeno sentito menzionare. Tante persone, con il loro singolo e piccolo lavoro portano avanti una macchina enorme. Ma a questo si devono limitare, al loro ruolo. Non osano ne vogliono osare fare altro, anche se ritengono possa essere buono.
Siamo tutte piccole formichine che lavorano per la regina, ma fin quando ci da di che mangiare stiamo apposto, giusto?.
IL DI CHE MANGIARE
E questo di che mangiare qui a Bruxelles lo continuano a dare, saziando tutti con continui buffet di festival, almeno un paio a settimana.
La settimana scorsa infatti è toccato al Jazz!.
Per le varie piazze delle città c’erano palchi dove si sono esibiti diversi artisti e tu, non potevi fare altro che sederti, con la tua birra belga in mano ed ascoltare, farti due chiacchiere con l’amico, ubriaco magari, e ricevere gratuitamente del latte al cocco, così da placare il tuo spirito ribelle.
Spirito ribelle ben presente anche nelle minoranze che sono state, però, ben sistemate.
Entrando in una galleria infatti nei pressi del quartiere Ixelles, uno dei più movimentati, sembra di vivere un viaggio in Africa!!.
Tutti i negozi vendono prodotti tipici del continente nero, dagli abiti al cibo, non si vedono altro che africani che ridono, giocano e bambini che corrono per i corridoi.
Ma la cosa più bella sono le donne; tutte parrucchiere che hanno deciso di dire no alle treccine da spiaggia e di aprirsi un vero e proprio negozio dove la loro arte viene veramente apprezzata.
Sono uno spettacolo di sorrisi e prorompente friendilità (ehm, insomma avete capito!). Salutano sbracciandosi e ti fanno gesti invitandoti ad approfittare della loro disponibilità.
Non che pensassi che mi avrebbero fatto le treccine gratis, però è sempre carino e divertente vedere la gioia di vivere e l’assoluta mancanze di quella rigidità nordica, che niente di meno non ti lascia condividere neanche un assaggio di drink!!.
Vi terró aggiornati, à bientôt!!