LA PARTIGIANA LENUCCIA, UNA VOCE DEL SUD
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La storia della napoletana Maddalena Cerasuolo, conosciuta come Lenuccia, è esempio di una Napoli che non si arrende, che tutta “s’è arrevutata e ‘stu nemico l’ha fatto tremmà”. Dello spirito guerriero e tenace, che oggi, invece, la stessa città non riesce più a ritrovare.
La storia è memoria, e la memoria è indelebile e collettiva. Diventa il passato comune dal quale attingere per rinnovare il proprio senso di appartenenza alla comunità e alla terra. Nelle avversità del presente e davanti alle incertezze del futuro, essa diventa l’ispirazione a cui guardare per rimboccarsi le maniche e andare avanti. Per questo motivo la memoria è vita e vitale.
Maddalena Cerasuolo, passata alla storia come Lenuccia è la memoria di una Napoli che non si arrende. Abbandonata dal re, fuggito con la coda tra le gambe insieme a Badoglio, con il duce alla macchia e gli alleati alle porte, la Napoli partigiana non cala la testa di fronte ai tedeschi, gli invasori che la vogliono ridurre in cenere. Uomini e donne, ma anche bambini, come nel caso di Gennarino Capuozzo, imbracciano i fucili e le armi di fortuna che riescono a raccattare per sputare la propria rabbia in faccia al nemico, in quelle che sono passate alla storia come le Quattro Giornate di Napoli, quando tutta una città “s’è arrevutata e ‘stu nemico l’ha fatto tremmà” per prendere in prestito le parole di Eugenio Bennato. È il 27 settembre 1943: gli Alleati risalgono lo Stivale da sud, mentre il colonnello tedesco Walter Schöll assume il comando delle forze occupanti in città, stabilendo il coprifuoco e dichiarando lo stato d’assedio con l’ordine di passare per le armi chiunque si renda responsabile di azioni ostili alle truppe del Reich. Il prezzo da pagare: cento napoletani per ogni tedesco morto. È il momento di reagire: dal Vomero a Piazza Carlo III, dal ponte della Sanità alla Maddalena, dalla Vicaria al quartiere Stella, non si abbassa la testa. Si combatte. E tra loro c’è Lenuccia, una partigiana del Sud.
Tornato in scena ancora una volta mercoledì 16 luglio dopo un anno fruttuoso, presso le Terme Stufe di Nerone all’interno della rassegna Teatro alla Deriva curata da Giovanni Meola, “Lenuccia, una partigiana del Sud”, lo spettacolo targato Vodisca Teatro, con Maddalena Stornaiuolo e Luigi Credendino per la regia di Nello Mallardo, è la celebrazione sincera di una donna diventata l’esempio di una città che, seppur vessata e schiacciata dall’occupazione tedesca, ebbe l’ardire di ribellarsi per la propria libertà, diventando la voce di un popolo figlio del Vesuvio che, come il suo stesso padre, sopporta quietamente, all’apparenza inerme, per poi esplodere inesorabile nella sua furia distruttiva e far tremare la terra. In quel momento Napoli non era più il simbolo del remoto e passivo sud dell’Italia, ma divenne capitale di un’Europa che finalmente si ribellava.
Lenuccia non è un resoconto romanzato degli avvenimenti storici, è bensì la storia più intima e nascosta di un animo dolce e ribelle insieme, quello della partigiana che ha il volto dell’attrice Maddalena Stornaiuolo, la quale convince non solo per la presenza scenica ma soprattutto per un’interpretazione da cui traspaiono senza filtri le emozioni, le gioie e le paure di chi si è trovato a vivere in quei tempi ostili e per questo da ricordare. Sempre. Convince la Lenuccia di Maddalena Stornaiuolo, così come convince e lascia il segno l’interpretazione di Lugi Credendino nei panni di Gennarino, fantasma di una ferita ancora aperta e allo stesso tempo reale come la medaglia d’oro al valor militare sul petto del suo omonimo storico.
Lenuccia scopre, senza vergogna, il fianco della parte più profonda e tenera di una donna e di un popolo partigiano e guerriero, ma prima di tutto vero. Come i sentimenti che prova e la forza d’animo nel credere che il mondo andava cambiato e bisognava lottare per farlo. Uomini e donne che sono delle pietre, dure e infrangibili come quelle che vivono nella storia e nei ricordi, il cui nome è impresso a fuoco nella nostra memoria di napoletani.