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La Palermo del Liberty ritrova Villino Favaloro

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Palermo

Tredici anni di abbandono per uno dei tanti gioielli del Liberty palermitano. L'impronta inconfondibile dei Basile e di Gregorietti è tornata a brillare per la loro città. 

Poco prima che via Cusmano incontri via Dante, nella trafficatissima piazza Virgilio, basta buttare un sguardo a destra per rendersi conto che c'è un tesoro nascosto, immerso tra le foglie di una quercia secolare e le palme, lì sorge una perla del liberty palermitano, Villino Favaloro

Il Villino Favaloro è una di quelle tante piccole meraviglie sopite della città, abbandonato da tredici anni. Un gioiellino considerato espressione del «passaggio dall'eclettismo al modernismo», come recita la mia guida. «Se l'eclettismo fondeva istanze storicistiche, il modernismo aggiunge alla citazione storica, come l'ispirazione pompeiana di uno dei saloni del piano terra, nuovi influssi vitali, ne sono un esempio i decori floreali tipici dell'Art Noveau». D'altronde il villino, progettato e cominciato da Gian Filippo Basile nel 1889 e finito dal figlio Ernesto (1913-1914), è solo uno dei tanti esempi dell'Art Nouveau palermitano. 

Palermo, centro dell'Art Nouveau

«In questo periodo Palermo si imponeva come un centro di diffusione dell’Art Nouveau grazie all’attività di artisti e architetti straordinari, sostenuti da una borghesia industriale illuminata (...), secondo una corrispondenza di intenti tra élite intellettuale ed élite borghese,» scrive Cristina Costanzo, esperta di Art Nouveau e del Liberty palermitano (autrice del libro Ettore De Maria Bergler e la Sicilia dei Florio. Dal paesaggismo di Francesco Lojacono al Liberty di Ernesto Basile e Vittorio Ducrot).

Il Villino Favaloro, di proprietà prima della famiglia Favaloro e successivamente della famiglia Di Stefano, nasce dalla collaborazione dei Basile con Salvatore Gregorietti, e non appena si mette piede nel primo dei saloni di rappresentanza l'occhio si perde nella sinuosità delle fantasie floreali rosa e verdi, nell'azzurro minacciato dal tempo, nelle boiserie della biblioteca, nella solennità del giardino di inverno, nella torretta ottagonale.

Le stanze d'Aragona

Il 12 settembre però il Villino si è risvegliato, ha riaperto le sue porte ai palermitani in occasione della mostra Le stanze d'Aragonapromossa e organizzata dalla Rizzuto Gallery. Il titolo della mostra, che giunge alla sua terza tappa, non è casuale: si vuole rievocare un periodo prospero per Palermo, un'epoca in cui la città era davvero internazionale, il tempo del Regno d'Aragona. In mostra le opere di 36 artisti, sia emergenti che noti alla critica; l'intento è quello di operare una ricognizione della scena pittorica contemporanea italiana. Le opere infatti sono tutte datate tra il 2001 e il 2015, alcune realizzate appositamente per la mostra. 

Come mi è capitato altre volte passeggiando per la città, entrando nel Villino Favaloro viene voglia di tornare indietro nel tempo, di guardare la magnificenza di una città magica che (nonostante tutto l'impegno messo per rovinarla) non smette di fare innamorare turisti e fare re-innamorare ogni giorno i palermitani. Ci invita ad immaginare come sarebbe stato uscire e non trovare il traffico delirante di via Dante, ma un viale alberato, dove poter andare a spasso nella storia.