La musica rock riunisce la Bosnia-Erzegovina
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Cristina ColellaMostar, in Bosnia, è nota per essere una città divisa. Ma, contrariamente alla segregazione nazionalista che ha caratterizzato la comunità fin dalla guerra, la Scuola Rock di Mostar continua a riunire i giovani dal 2012. La scuola ha formato oltre 500 persone, tra cui alcuni tra più i grandi talenti della nazione, e sta restituendo una maggiore coesione sociale dopo la guerra.
È giovedì sera a Mostar. Tra strade deserte e edifici addormentati, la tranquilla città nasconde discretamente gli eventi che hanno avuto luogo a poche centinaia di metri dal centro. Le uniche tracce di festeggiamenti sono i suoni di una porta aperta e chiusa a intermittenza dietro le mura di un grande edificio ben isolato. In fondo alla stanza, tra fumo di sigarette e riflettori, un gruppo di musicisti suona per una piccola folla. Con enorme entusiasmo, quattro musicisti adolescenti suonano canzoni indie rock, si inchinano alla folla e lasciano il palco alla band successiva. Questa è la Scuola Rock di Mostar, la scuola che vuole sradicare il nazionalismo.
Una storia di violenza
Per capire davvero il motivo per cui i giovani sono così attratti da questo insolito luogo in Bosnia, è importante fare un passo indietro nel tempo. Venticinque anni fa, in quella che in precedenza era la Jugoslavia, Mostar si trovava tra la parte orientale e occidentale del paese ed è ancora considerata una delle città più multiculturali in Europa. Tra musulmani, cattolici croati e serbi ortodossi, circa il 60% dei matrimoni celebrati a Mostar sono misti. La guerra in Bosnia del 1992 spiega questo fenomeno: mentre quasi tutti gli ortodossi fuggirono dalla regione per unirsi alle zone serbe, i musulmani bosniaci e i cattolici croati si scontrarono violentemente su entrambi i lati del fronte che divideva la città. Con la firma degli accordi di pace di Dayton nel 1995, le popolazioni cattoliche e musulmane migrarono da un'area all'altra della città e il famoso punto di collegamento dell'Est con l'Ovest era ridotto a un ammasso di detriti e mattoni portati dalla corrente.
Venti anni dopo, il ponte di Mostar che ancora attraversa il fiume Neretva, è stato ricostruito dall'UNESCO dopo la guerra. L'ex campo di battaglia, ormai diventato la strada principale della città, vanta antiche mura forate che permettono ai venti e ai fantasmi di attraversarle. Fin dalla fine della guerra, i cattolici croati e i musulmani bosniaci hanno vissuto vite separate, portando i loro figli in scuole separate, frequentando ospedali separati, bar e centri sportivi. La gioventù di oggi è nata dopo la guerra, ma vive circondata da ciò che viene trasmesso in televisione e da manifesti nazionalisti incollati su ogni angolo di strada, ed è difficile dimenticare le divisioni interne. Ancora oggi la città è divisa in due, e i rapporti tra suoi abitanti e i loro vicini sono limitati.
Casa dolce casa
Orhan Maslo, il fondatore della Scuola Rock di Mostar, aveva solo 17 anni quando la guerra in Bosnia finì. Entrato nell'esercito di difesa bosniaco all'età di 14 anni, era uno dei più giovani soldati del paese. L'arrivo di diverse organizzazioni culturali internazionali a Mostar dopo il conflitto gli ha permesso di scoprire la sua passione per la musica, in particolare per gli strumenti a percussione. All'età di 28 anni si unì ai Dubioza, una rock band jugoslava che ha segnato l'inizio della sua carriera musicale internazionale. "Viaggiavamo continuamente, spostandoci da un paese all'altro. Sul palco ero felice. Ma durante i lunghi viaggi in autobus, mi trovavo spesso a pensare a Mostar. Ho sentito la necessità di tornare e di fare qualcosa per il mio paese", dice. Orhan finì per lasciare la band e tornare in Bosnia ad aprire una scuola di musica interculturale. Nel giugno del 2012 è partito con il suo primo gruppo di protégés (otto giovani musicisti maschi e femmine) per un viaggio in autobus a Skopje con un solo obiettivo: riunirsi. "All'inizio l'atmosfera era fredda e tesa. I musulmani erano seduti davanti all'autobus, i cattolici dietro. Io ero seduto al centro e raccontavo storie sulle mie esperienze in tour. La conversazione si è alleggerita, e quando l'autobus ha raggiunto la prima tappa, la situazione era cambiata ".
Pochi giorni dopo, il gruppo tornò a Mostar, profondamente cambiato dall'ispiratrice settimana di musica. Tutti hanno iniziato a interessarsi alla Scuola Rock di Mostar. Quando nove posti extra sono stati aperti in autunno, la scuola ha ricevuto 90 iscrizioni. Oggi, la scuola accoglie ogni anno 100 studenti da Mostar e da altre città vicine.
"Ogni anno scolastico è diviso in cinque cicli", spiega Orhan. "Prima di un nuovo ciclo, i gruppi vengono separati e riorganizzati in modo che tutti si conoscano e suonino insieme". La parità etnica dipende ora dal gusto musicale di ciascuno. Ogni estate, la scuola organizza spettacoli e campeggi in 18 città in tutto il paese. Ma per Orhan Maslo non finisce qui: il suo prossimo progetto è quello di creare una scuola rock itinerante con incontri musicali tenuti regolarmente in tutta Mostar.
Musica e acqua fresca?
Anche se alcuni giovani trovano il loro posto in questa scuola rock, che è come una seconda casa per loro, molte delle loro famiglie e amici hanno difficoltà a capirli. "In classe, alcuni dei miei amici hanno difficoltà a capire quello che faccio lì, perché sto con i musulmani", spiega uno studente. Le loro famiglie hanno sofferto durante la guerra, e questo porta loro a provare un forte risentimento. Alcuni studenti smettono di frequentare la scuola a causa delle pressioni a casa. "Quando la pressione su di loro diventa troppa, alcuni studenti smettono di venire in estate, e talvolta per un intero anno", conferma Orhan. "Altri finiscono per tornare. Di tanto in tanto rassicuro i genitori e spiego loro che nulla accadrà ai loro figli dall'altro lato della città ".
Tutte le famiglie degli studenti devono partecipare ai concerti scolastici. Ciò crea una strana chimica tra i musulmani bosniaci e i cattolici croati che vengono a sostenere i loro figli, creando un'atmosfera energica. Per un momento, sembra che tutto sia tornato a prima della guerra. Ma la Bosnia è ben lontana dal guarire le sue ferite e il ricordo dei genocidi etnici degli anni '90 è ancora vivo. I nazionalisti di oggi stanno ancora cercando di dimenticare il passato, e dovranno passare diversi decenni affinché il paese superi le divisioni che sono ancora radicate in molte comunità. Ma la Scuola Rock di Mostar rappresenta una luce di speranza, ricordando ai giovani che superare queste divisioni è possibile.
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De l’Irlande du Nord aux Balkans, retrouve d’autres chroniques d’après-guerre sur la page de Tales of the afterwar
Translated from Bosnie-Herzégovine : du rock contre les nationalismes