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La loi du marché: l'iperrealismo della precarietà

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CulturaCineBabel

Il film di Brizé si addentra mimeticamente in un mondo che conosciamo bene, quello dominato dalla legge (implacabile) del mercato. Fresco del premio a Cannes, Vincent Lindon interpreta il precario di oggi.

Se qualcuno aveva ancora qualche dubbio, voilà, la crisi è arrivata anche in Francia. Ce lo conferma il nuovo film di Stéphane Brizé, La loi du marché (la legge del mercato), che affronta il fragile tema del precariato appoggiandosi sulle larghe spalle di Vincent Lindon, appena premiato a Cannes per questa interpretazione.

I sacrifici della realtà

L’opera, fatalista ma aperta, misura il suo sguardo su una successione di sequenze calibrate sulle situazioni più comuni e su pochissimi movimenti di macchina a mano : Brizé non pedina come un neorealista, ma resta a osservare come un documentarista. Il regista ha infatti dichiarato più volte di aver voluto realizzare un film iperrealista, interamente cucito sui nervi tesi della realtà quotidiana e sui volti autentici degli attori non protagonisti. Tra questi vi è perfino chi ha svolto sul set il lavoro che svolge tutti i giorni, come il consulente dell’agenzia di collocamento e le cassiere del supermercato. Tutti “veri” quindi tranne il suddetto Vincent Lindon, che ricava invece la sua autenticità da un lavoro di empatia e di mimesis profonda sul ruolo e che riesce a trasmettere il vissuto di questa storia travagliata con un solo sguardo, carico di dignità e scoramento insieme.

Basette e moustaches pronunciati, barba di un paio di giorni, capelli arruffati sulla testa, camicia scura semiaperta infilata nei jeans e occhi scavati ed esausti: è questo il ritratto di Thierry, il precario di oggi. Thierry è un uomo che non vorrebbe affrontare più le salite umilianti della vita. Sposato, con un figlio affetto da handicap, si ritrova senza lavoro a dover ricominciare da capo, dai 500 euro mensili che riducono ogni scelta a un compromesso. I sacrifici diventano necessari, la coppia è costretta a mettere in vendita il loro camper e a negoziare il prezzo, ma il nostro protagonista non dimentica neanche per un istante che cos’è la dignità.

Questa solidità etica e morale nel momento di frana economica fa di Thierry l’unico “eroe” di un film antieroico, impostato non soltanto sulla precarietà finanziaria ma anche su quella di spirito. Perché il mondo che ci passa di fronte è una rete – si direbbe una trappola – in cui la gente rimane impigliata, esasperata da cavilli e paradossi, prosciugata dalla rassegnazione, assorbita nella dinamica di riproduzione del sistema. Non ci sono compagni ma solo negozianti impegnati ad aggrapparsi al baratro della propria stabilità; tutti quanti vogliono farsi giudici per non essere giudicati.

Sorveglianza e libertà

Il pensiero va al Panopticon di Bentham reinterpretato da Foucault in Sorvegliare e punire : un sistema volto al controllo sistematico dal cui interno imporre un «potere disciplinare» che «si esercita rendendosi invisibile, e, al contrario, impone a coloro che sottomette un principio di visibilità obbligatorio». Questa visibilità del cittadino (i personaggi spiati) è resa nel film dalla presenza costante di occhi invisibili: la webcam di skype per il primo colloquio di Thierry, il video registrato di un secondo colloquio sottoposto ai commenti inclementi di tutta la sala, le telecamere di sorveglianza del supermercato che seguono ogni gesto e ogni pensiero recondito di tutti i clienti e condannano alla prima scusa le cassiere in modo da alleggerire il personale.

Brizé ci ricorda allora l’ipocrisia e la spietatezza di tutto questo meccanismo. Fattori come la cura maniacale della performance del colloquio e dell’apparenza del curriculum elevano l’autopromozione a paradigma dell’esistenza sociale. In una società di occhi meccanici e vigilanti, sapersi vendere diventa l’unico metodo di sopravvivenza per sottrarsi alla crisi e assecondare la “legge del mercato”.

La loi du marché (2015) - Trailer

Thierry alla fine riesce a farsi assumere come sorvegliante al supermercato, luogo che si fa simbolo della formula “sorvegliare e punire”, universo di guardie, ladri e bugiardi, pronti a tutto per continuare a stare a galla. C’è chi ce la fa senza problemi: una cassiera del supermercato, raggiunto con onore e rispetto l’apice della sua carriera, riceve una piccola cerimonia di addio con tanto di canto a cappella in magazzino. C’è chi prova e non ce la fa: un’altra cassiera, impiegata nello stesso posto da vent’anni, viene licenziata a causa di qualche coupon sconto sottratto alla cassa e si suicida. C’è chi prova e se ne pente: Thierry, dopo aver aiutato per l’ennesima volta a fare la spia e licenziare un altro impiegato, decide infine di lasciare il suo posto e abbandona il supermercato. La macchina da presa lo segue fuori dal mercato, fuori dalle sue leggi, in uno spazio di libertà personale che ci fa per un attimo allontanare dalla crisi.