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La legge è uguale per (quasi) tutti, storie di omicidi in divisa:il caso di Diego Perez Thomas

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Firenze

Un altro caso che ha al centro un uomo che, finito nelle mani della “giustizia”, finisce con l'essere ritrovato morto con evidenti segni di violenza sul proprio corpo. Il carnefice si annida proprio in coloro che dovrebbero tutelare la legalità e non infrangerla: dopo quella di Sergio, vi raccontiamo la storia di Diego Perez Thomas, storia con un epilogo ancora da scrivere.

Parte VII, continua...

In alcuni casi, fortunatamente, le cose sembrano andare meglio, mantenendo tuttavia aspetti inquietanti di offuscamento della verità. Si tratta, ad esempio, di ciò che è accaduto a Diego Perez Thomas, un 43enne ritrovato morto nelle acque di Cala Cortina a Cartagena il 25 marzo 2014. Questo è un disoccupato che ha manifestato, negli anni precedenti, occasionali episodi di schizofrenia. La sua storia inizia due settimane prima, quando l'11 marzo Diego esce di casa senza farvi più ritorno e senza che di lui si sappia più nulla. La moglie, preoccupata, due giorni dopo avverte la polizia della sua scomparsa, ma non ci sono tracce di lui nonostante le ricerche procedano sin da subito senza sosta. E di lui non si saprà più niente sino, appunto, al 25 marzo, quando tre giovani ragazzi intenti in un'escursione nella baia della cittadina andalusa ritrovano un corpo galleggiante, in stato di decomposizione, che indossava gli stessi abiti utilizzati da Diego la sera della sua scomparsa. 

Le indagini

Immediatamente sono iniziate le indagini riguardo a questo caso, dato che il cadavere mostrava chiari segni di violenza, e non ci è voluto molto tempo prima che venissero fuori alcune scioccanti verità. Secondo alcune testimonianze, infatti, la vittima fu vista salire a bordo di un'auto della polizia e le ricostruzioni hanno portato ad indicare negli agenti che lo fermarono la causa della sua morte. Sembra infatti che Diego fosse stato fermato, anche se non se ne conoscono i motivi, e che abbia opposto resistenza ad un possibile arresto, motivo per cui gli agenti hanno risposto con violenza per prelevarlo e condurlo in cella. Tuttavia in cella Diego non è mai arrivato, poiché l'eccessiva ferocia dei poliziotti ne ha causato la morte. Così, nel tentativo di far piombare nell'oblio l'intera vicenda, gli agenti decisero di gettare il cadavere in mare. Dopo mesi di indagini, però, il 5 ottobre vengono arrestati sei agenti, tutti giovani ragazzi, su mandato della Direzione generale di polizia. Così, progressivamente, le ricostruzioni iniziano ad avere forme e contorni più precisi.

I fatti

La sera della sua scomparsa Diego aveva chiamato la polizia perchè aveva ricevuto delle minacce dai vicini di casa. “Mi vogliono uccidere perchè ho rubato le loro biciclette”, aveva detto al telefono allo 091. Così sei agenti si recarono a casa sua, cercando di calmarlo, ma Perez decise di non sporgere denuncia. Durante la notte, però, l'uomo telefonò nuovamente in evidente stato di agitazione e gli stessi agenti tornarono alla sua abitazione: da questo momento, fino al giorno del ritrovamento del cadavere, Diego non viene più rivisto. Secondo l'autopsia, Diego è morto a causa della distruzione dei centri neurali provocati dalla frattura di cinque vertebre cervicali con lesioni emorragiche, evidenti anche dalle ferite localizzate sulla zona cranica. Inoltre, sempre secondo il referto, fu stabilito che “la vittima era già morta quando il suo corpo finì in acqua”. Le indagini proseguono serrate e saltano fuori le riprese delle telecamere di sorveglianza appostate alla spiaggia, nelle quali compaiono più di un'auto della polizia, ed alucne intercettazioni radio di quest'ultime. Un testimone racconta di aver sentito chiedere ad uno degli agenti che aveva prelevato da casa Diego se questo fosse stato portato alla stazione di polizia. “No, lo abbiamo nascosto”, fu la risposta del suo collega.

Che il processo abbia inizio

Davanti al giudice, i sei poliziotti che intervennero la seconda volta a casa di Perez hanno dichiarato che lo prelevarono dall'abitazione e lo portarono alla spiaggia per calmarlo, ma soprattutto per allontanarlo da lì viste le minacce ricevute proprio dai vicini di casa. Una volta lì, secondo la loro ricostruzione, Diego sarebbe fuggito di corsa e loro sarebbero tornati successivamente per cercarlo, preoccupati per le sue condizioni. Tuttavia la difesa non regge e il giudice, dinanzi ad una mole considerevoli di prove, decide di pronunciare la loro colpevolezza. “La versione più probabile”, si legge nella sentenza, “è che il detenuto sia stato colpito da uno o più agenti (…) e che una volta morto abbiano deciso di disfarsi del corpo gettandolo in una zona di Cala Cortina”. Ancora siamo in attesa della sentenza definitiva, in quanto il giudice deve accertare le responsabilità per ognuno dei sei giovani poliziotti coinvolti nella vicenda, distinguendo tra reato di omicidio e di complicità, ma se non altro è stata sentenziata una colpevolezza per tutti loro. Evento raro in queste situazioni, come abbiamo visto sino ad ora, che c'è da augurarsi però che non si trasformi in una condanna più formale che sostanziale, con pene irrisorie e spesso non rispettate nemmeno nella loro interezza, epilogo anche questo visto più volte - ahimè - in casi analoghi.