La legge è uguale per (quasi) tutti, storie di omicidi in divisa: il caso di Sergio E. C.
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Dopo aver parlato di Bakari Tandia e di Hakim Ajimi in Francia e di Rasman, Cucchi, Aldrovandi ed Eliantonio in Italia, cambiamo di nuovo Paese, superiamo i Pirenei ed arriviamo in Spagna. Terra accogliente ed ospitale, popolata da persone piene di vitalità ed entusiasmo, che però ha anch'essa brutte vicende da raccontare. O meglio, che noi vogliamo raccontarvi.
Parte VI, continua...
Anche nella penisola iberica non mancano, purtroppo, casi di uccisioni da parte di agenti di polizia, spesso ricalcando modalità “consolidate” e tristemente note a chi ha sentito parlare e conosce vicende simili. Violenza ed abuso: questi sono i fili conduttori che legano queste storie, in un intreccio tanto forte quanto perverso tale da far rimanere increduli di fronte ad una simile ed ingiustificata brutalità. Soprattutto quando il finale di ognuna di queste storie risuona assai conosciuto agli occhi di voi lettori, tanto che se non si trattassero di fatti reali potrei essere accusato di “auto-plagio”: totale o quasi impunità.
Il caso di Sergio E.C.
E' il 30 dicembre 2011 quando Sergio si trova nella sua auto, insieme alla sua ragazza Maica, nelle strade di Manresa, una cittadina ad una trentina di chilometri a nord di Barcellona. Verso le 21, mentre entrambi si stanno dirigendo verso la casa di alcuni familiari, l'auto viene fermata da una coppia di agenti dei Mossos d'Esquadra, ossia la polizia regionale catalana, che chiedono a Sergio di fornire le proprie generalità. Il 34enne, tuttavia, non aveva con sé i documenti e per questo gli agenti decidono di arrestarlo, senza però comunicare il motivo. Sergio si mostra riluttante e non accetta questa decisione, così i due poliziotti iniziano ad usare le maniere forti ma non riescono ad immobilizzarlo a causa della stazza fisica dell'uomo. Vengono così chiamati rinforzi e sei vetture dei Mossos sopraggiungono sul luogo, con gli agenti che allora bloccano Sergio costringendolo a distendersi con la faccia sull'asfalto. Ma non si fermano. Calci e pugni vengono sferrati brutalmente e alcuni Mossos iniziano a premere i propri stivali e le proprie ginocchia sulla schiena di Sergio, intimando a Maica di allontanarsi se non vuole subire lo stesso trattamento. La ragazza, in preda al panico, si reca da alcuni familiari e torna immediatamente sul luogo, trovando Sergio in coma e in arresto respiratorio. “Nessuno ha fornito alcuna spiegazione di quanto avvenuto, lavandosene le mani, in poco tempo vedemmo arrivare i Mossos d'Esquadra per quello che era successo”, ha spiegato.
La morte e le ricostruzioni
Secondo i Mossos, al momento dell'arresto, Sergio si oppose violentemente agli agenti e riuscì a sottrarre una pistola dalla fondina di uno di loro ed a brandirla minacciosamente verso di loro, prima che riuscissero a disarmarlo. Una volta in auto, il ragazzo viene condotto in carcere e qui viene dichiarato morto la domenica a causa di un collasso cardiorespiratorio riscontrato durante la detenzione. Come in tutti i casi descritti in precedenza, la dichiarazione ufficiale della polizia verte sulla assoluta accidentalità ed autonomia del malore che ha provocato la morte di Sergio. Ma la famiglia, contando anche su ciò che aveva potuto vedere Maica prima che fosse allontanata in malo modo, non accetta questa versione e l'indomani presenta una denuncia per omicidio contro i Mossos.
La colpa è della vittima
Fin da subito, tuttavia, il muro alzato in propria difesa dalle istituzioni è molto alto e massiccio e si esprime attraverso le parole del ministro degli Interni della regione catalana, Felip Puig. “Sono convinto che se Sergio non avesse opposto resistenza durante la detenzione, questo fatto non sarebbe avvenuto”, ha dichiarato. “Secondo le mie informazioni, vi è stata una situazione di eccessiva resistenza e di aggressione”, ha continuato, ricordando che l'uomo sarebbe riuscito a sottrarre la pistola ad uno dei Mossos e difendendo in ogni momento l'operato degli agenti. Puig ha dichiarato anche che sarà aperta un'indagine e che ci saranno delle verifiche, ma che per il momento conferma la totale fiducia nella polizia. Inoltre ha cercato di “giustificare” i poliziotti rimarcando più e più volte i precedenti penali si Sergio E.C.
Nessun processo
A tutt'oggi nessuno degli agenti coinvolti nella vicenda ha subito un processo o una punizione di qualche tipo, continuando a svolgere regolarmente le proprie funzioni lavorative come se niente fosse mai successo. Una persona è morta, in circostanze alquanto particolari ed oscure, tuttavia nessuna istituzione si è preoccupata di approfondire la questione per arrivare a stabilire se ci fossero state o meno delle responsabilità da parte degli agenti. Ma d'altronde non ci dovremmo più stupire, un po' come quando, qualche secolo fa, i membri del clero potevano essere giudicati solo dai tribunali ecclesiastici, garantendosi così una protezione ed un'impunità pressochè totale. Ma d'altronde, come cantano i Modena City Ramblers, “è sempre e soltanto la stessa vecchia storia”.
Qui trovate l'articolo sul caso di Abou Bakari Tandia
Qui trovate l'articolo sul caso di Abdelhakim Ajimi
Qui trovate l'articolo sui casi di Cucchi ed Eliantonio
Qui trovate l'articolo sui casi di Rasman e Aldrovandi