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La dura vita dell'interprete, concorso dopo concorso

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Elisa Pesce

Torre di BabeleCultura

"Alcuni oratori non si esprimono nella loro lingua madre e parlano troppo velocemente". Sono queste le lamentele più frequenti degli interpreti del Parlamento europeo, pubblicate su EUobserver. Cafébabel passa il microfono a Victoria Hecq, giovane interprete belga presso le istituzioni europee.

Strasburgo, 21 maggio. Il sole riscalda lo Yo’Village organizzato nell'ambito dello European Youth Event. Abbagliati dalla luce incontriamo Victoria, interprete nelle combinazioni tedesco/inglese/olandese/francese. Da due anni lavora come freelance presso le istituzioni europee. Ci racconta la sua esperienza nei panni di interprete di conferenza.

"Niente postumi da sbronza"

Lezione numero uno: non tutti sono tagliati per fare l'interprete. «Devi essere in grado di sopportare lo stress. Quando arrivi in cabina, tutto il resto non esiste più. A livello mentale, se non sei al 100%, non ce la puoi fare. Avere i postumi da sbronza è fuori questione!» racconta Victoria. Durante i loro studi gli aspiranti interpreti parlano in pubblico tutti i giorni, e ricevono puntualmente delle critiche. Il trucco sta nel non prenderle sul personale, bisogna sempre sapersi mettere in discussione. Victoria racconta: «Il numero degli esami è infinito, devi essere una macchina da guerra per passare i concorsi».

A studi terminati i neolaureati possono rivolgersi al settore privato, oppure alle istituzioni. Nel privato si lavora in genere per delle agenzie esterne. Gli interpreti devono tradurre da e verso la propria lingua madre, e le giornate di lavoro possono anche essere molto lunghe. Per lavorare con le istituzioni è invece necessario inviare la propria candidatura, superando degli esami. Le condizioni di lavoro sono più favorevoli nel settore pubblico, in particolare grazie agli sforzi dell'Associazione Internazionale Interpreti di Conferenza (AIIC), una specie di sindacato internazionale degli interpreti.

Una volta superati gli infiniti test si viene aggiunti alla lista dei freelance a disposizione delle istituzioni. Ogni ufficio infatti si avvale sì di funzionari dipendenti, ma si servono anche di lavoratori a prestazione. Nel 2014 gli interpreti fissi erano 551, contro un po' meno di 3000 freelance riuniti nella Direzione Generale Interpretazione della Commissione europea.

Tattiche differenti

Victoria comprende bene i problemi degli interpreti riguardo all'utilizzo della propria lingua madre. Alcuni eurodeputati si esprimono in inglese invece che nella propria lingua natale, per evitare lo spreco di risorse. Un esempio: se la delegazione polacca decide di ricorrere a tre interpreti per una riunione, ma il rappresentante polacco non si presenta o parla in inglese, i tre interpreti saranno stati convocati invano. Di conseguenza il servizio di interpretazione polacco non verrà più richiesto nella riunione successiva del gruppo in questione. Per evitare questo genere di problemi alcuni interpreti incontrano la delegazione prima della riunione. Un solo messaggio: «Parlate tranquillamente nella vostra lingua, siamo qui per questo!».

Victoria non si spaventa per la velocità dell'eloquio dell'oratore, poiché ha sviluppato diverse tattiche per affrontare gli oratori molto rapidi: «Il trucco è riassumere. Quando parlano in modo spontaneo le persone si ripetono». Al contrario, quando un eurodeputato legge un discorso scritto e quindi senza ripetizioni tutto si complica.

Victoria crede che sia gli oratori sia gli interpreti dovrebbero "darsi una bella calmata": «Se ti rivolgi ad un pubblico internazionale devi adattare il tuo discorso, non puoi parlare come se ti trovassi di fronte a persone che capiscono la tua stessa lingua e condividono gli stessi punti di riferimento. Allo stesso modo sono gli interpreti a dover tradurre, e la cultura è un qualcosa di molto legato alla lingua.»

"Ma cosa stai dicendo?"

Anche se la strada da percorrere per raggiungere la cabina del Parlamento europeo è lunga, il gioco vale la candela. Quello che Victoria apprezza maggiormente sono le reazioni del pubblico alle sue parole. Durante una delle sue primissime interpretazioni al Consiglio europeo la riunione era quasi interamente in tedesco, e lei era l'unica interprete per questa lingua. «Tutti i francofoni in sala mi guardavano, dipendendo totalmente da me dato che non capivano il tedesco. A un certo punto un'avvocatessa tedesca introdusse un argomento completamente diverso, e tutti i francofoni mi guardarono con un'espressione che poteva avere un solo significato: "ma cosa stai dicendo?". Io li guardai e dissi: "è quello che sta dicendo lei!". Si misero a ridere! Finalmente poi arrivò il nesso con il seguito. Avevo capito bene, e andammo avanti!»

L'esperienza peggiore di Victoria da interprete, invece, è stata una sveglia dimenticata. Doveva andare in macchina nelle Fiandre insieme a dei colleghi che l'aspettavano dall'altra parte di Bruxelles. Lei si svegliò con 2 ore di ritardo. «Ero nel panico più totale! Per fortuna i miei colleghi furono di supporto, e vennero a cercarmi. Inoltre non denunciarono l'accaduto, dando la colpa al traffico, io ero davvero in imbarazzo. Ora quando devo interpretare metto 10 sveglie!».

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Pubblicato dalla redazione locale di cafébabel Bruxelles.

Translated from L’interprète, cette bête de concours