La dura vita del reporter a Euromaidan
Published on
Al Festival del Giornalismo di Perugia (30 aprile 4 maggio) alcuni giornalisti ucraini raccontano le enormi difficoltà del reporter in prima linea durante i caldissimi giorni delle proteste di Piazza Maidan a Kiev.
È da novembre che si parla dei fatti ucraini e ogni giorno le notizie raccontano di un paese sull’orlo della guerra. La fotografia che i media europei hanno offerto di Piazza Maidan nel corso di questi sei mesi è più volte mutata. Se in un primo momento tutte le prime pagine raccontavano di una piazza pacifica, che, frustrata dagli atteggiamenti autoritari di Janukovič cercava di far sentire la propria voce, a poco a poco questa immagine lasciava il passo alla narrazione dell'escalation di violenza architettata, a detta della stampa europea, dal governo dell'ex presidente con la complicità delle frange estreme filo-russe.
Al Festival Internazionale del Giornalismo di Perugia, l'incontro con i giornalisti ucraini Anna Babinets (Slidstvo.Info), Mustafa Nayem (Hromadske.TV), Olga Tokariuk (giornalista freelance) e Lucia Goracci (corrispondente di RaiNews24) ci ha quindi aiutato a far luce sulla difficile situazione che i giornalisti ucraini si sono trovati ad affrontare durante i giorni dei fatti di Kiev e sul modo in cui i giornali occidentali hanno rappresentato quelle giornate infuocate.
IL DOVERE DEL GIORNALISTA: RACCONTARE LA VERItà
Mustafa Nayem ha fondato la tv indipendente Hromadske.tv, ma non solo. Di fatto è diventato uno dei personaggi di spicco delle ultime proteste per essere stato lo scorso febbraio il primo a chiamare a raccolta i cittadini ucraini tramite un post pubblicato su Facebook. In realtà, come lui stesso precisa, non crede di aver risvegliato i cittadini ucraini dal loro tepore. "Credo che questi fossero già convinti di scendere in piazza ad alzare la voce contro le politiche di Janukovič. Piuttosto", prosegue, "vorrei evidenziare come i politici abbiano sottovalutato la piazza, pensando che dopo la delusione della scorsa rivoluzione arancione i cittadini ucraini avessero perso la speranza verso la possibilità di cambiamento”.
Nayem, ripercorrendo le prime fasi delle manifestazioni, sottolinea quindi l'importanza delle prime testimonianze. “Vi era la necessità di raccontare cosa stesse accadendo. A cominciare dai 500 manifestanti che nel giro di poche ore sarebbero diventati migliaia e migliaia e che per ottenere la giusta risonanza mediatica avevano bisogno di qualcuno che parlasse di loro”. Tuttavia, col passare dei giorni, essere giornalisti sul campo cominciava a essere rischioso. Sempre secondo Nayem l'intenzione del governo era quella di "negare alla piazza il diritto di esprimere una voce che portasse al di fuori dei confini ucraini le proprie ragioni."
Anche la freelance Olga Tokariuk interviene a tal proposito. “I giornalisti venivano accolti molto positivamente dai manifestanti. Ma con l'inizio dell'ondata di azioni repressive da parte del governo molti di questi sono rimasti vittime di attacchi portati da gruppi armati paramilitari filogovernativi. Questi", prosegue, “colpivano tutti, indipendentemente dal punto di vista critico che i reporter assumevano”.
Ad oggi in Ucraina si contano all'incirca 15 sequestri di giornalisti, per di più ucraini, e numerosi atti di violenza contro i reporter di piazza. E se spostiamo il focus sulla Crimea, la situazione si fa ancora più pesante. “Molti giornalisti hanno il terrore di fare il proprio mestiere a causa degli atroci attacchi dei filo-russi”, testimonia Anna Babinets.
HROMADSKE, TV NATA DAL BASSO
Mentre sui tetti dei palazzi di Kiev venivano piazzati dei cecchini con l'ordine di sparare sulla folla, e molti tra giornalisti e manifestanti finivano per essere vittime di aggressioni da parte dei gruppi paramilitari, un gruppo di reporter ucraini guidato da Mustafa Nayem decideva di unire le proprie forze per creare un nuovo media televisivo indipendente dai soldi degli oligarchi filogovernativi. Una tv che potesse assumere un ruolo super-partes nel racconto degli avvenimenti di piazza Maidan.
In realtà, come racconta Nayem, “il progetto era nato un anno prima con l'idea di smarcarsi dai media di governo che dominavano l'informazione. Proprio una settimana prima dell'inizio delle manifestazioni siamo riusciti a mettere a punto la nostra redazione finanziata grazie al crowdfunding", continua il giornalista. "Credo che abbiamo ricevuto il sostegno, quando si è cominciata a diffondere l'idea che ci fosse bisogno di maggiore copertura che i media tradizionali non riuscivano a garantire”. Anna Babinets, invece, attribuisce l'entusiasmo dei donatori al fatto che questi fossero stanchi di ritrovarsi quotidianamente di fronte a “numerosi canali filo-governativi che non facevano altro che distorcere la realtà enfatizzando il ruolo dei radicali e marginalizzando le sacrosante ragioni dei manifestanti”.
JANUKOVIč LEAKS: SMASCHERARE IL PRESIDENTE
La notte tra il 21 e il 22 febbraio il presidente Janukovič abbandona la lussuosa residenza di Mezhygirya a Kiev a bordo di un elicottero. Prima di decollare, tuttavia, dà l’ordine ad alcuni suoi collaboratori di distruggere documenti che potevano provare la corruzione del proprio regime. I suoi fidati gettano quindi le carte nel lago di fronte alla residenza del presidente pensando di essersene definitivamente liberati. Ma non é stato così. Una squadra di volontari nei giorni immediatamente successivi sarebbe riuscita a recuperare i documenti galleggianti per poi mettersi al lavoro sulla ricostruzione delle malefatte del regime. Anna Babinets che faceva parte della 'squadra di recupero' ci racconta che “una delle ragioni della protesta è stata proprio la vita lussuosa del presidente. I cittadini ucraini pretendevano di sapere cosa si nascondesse all'interno dei 140 ettari della reggia del presidente”. Attraverso la ricostruzione dei documenti, il gruppo di giornalisti è quindi riuscito a fare luce su folli acquisti (tra cui 24 televisori), sui contratti di appalto legati alla costruzione della residenza e su informazioni di aziende legate a Janukovič. “Abbiamo quindi pensato che i cittadini ucraini dovessero sapere”, prosegue la giornalista, “e perciò abbiamo creato Yanukovycleaks.org, una piattaforma in cui pubblichiamo e analizziamo i documenti che il presidente aveva cercato di distruggere e che possono contribuire a dimostrare gli episodi di corruzione legati a lui e alla sua cerchia di collaboratori”. Tutto in nome della verità e della giustizia di cui l'Ucraina ha oggi più che mai bisogno.