La dolce vita gay della capitale
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La città tedesca si distingue come un’oasi felice per gay e lesbiche. Ma disuguaglianze sul lavoro ed episodi di violenza, nonostante la generale tolleranza, sono ancora una realtà.
Berlino da molti anni viene considerata un rifugio per chi vuole vivere serenamente la propria sessualità e non essere più considerato "un diverso". La capitale tedesca è circondata a occidente da altri approdi tranquilli per gli omosessuali – Parigi, Londra, Madrid e Amsterdam spiccano tra tutti – ma nel contempo si trova a confinare con gli Stati membri dell’ex area sovietica, la cui crescente intolleranza non è stata minimamente scalfita dalle condanne giunte dalle istituzioni comunitarie. Il caso polacco è il più eclatante, ma non certo l’unico.
Un museo dedicato alla cultura omosessuale
Era così anche nei ruggenti anni Venti: Berlino era una capitale dinamica, dove il sessuologo Magnus Hirschfeld lottava contro la discriminazione e dove gli omosessuali erano perfettamente inseriti nella società, con riviste, associazioni, cabaret. Poi venne Hitler e fu il buio, almeno fino all’inizio degli anni Settanta. Una storia tormentata ma affascinante, che viene ricostruita nello Schwules Museum, uno dei pochi musei al mondo dedicati alla cultura gay. È da qui, da Mehringdamm 61, che parte il nostro viaggio alla scoperta della scena omosessuale berlinese. «Il museo è stato fondato nel 1985, quando la realtà omosessuale non aveva ancora la visibilità che ha oggi» spiega il suo portavoce Gerrit Rohrbacher, mentre ci accompagna alla scoperta delle sale. «L’obiettivo non è solo far conoscere biografie e documenti della storia gay, ma anche mostrare un mondo che ha diverse sfaccettature». Ed effettivamente si tratta di un giro istruttivo, anche per un eterosessuale.
«A Berlino – si infervora il timido Gerrit – oggi c’è libertà e tolleranza. Ma è importante riuscire a ottenere gli stessi diritti degli etero. Ed è altrettanto importante che il movimento gay mantenga una consapevolezza pubblica di sé». Lo Schwules è di sicuro un buon punto di partenza, ma ora si tratta di conoscere la vera Berlino. E non c’è luogo migliore, in questo caso, di Schöneberg, lo storico quartiere gay della città. Linea 2 della U-bahn (la metropolitana berlinese) e fermata in Nollendorfplatz: appena si esce dalla stazione si incontra il monumento alle vittime del nazismo, un grande triangolo rosa di marmo – il simbolo che gli omosessuali portavano cucito sull’uniforme nei campi di concentramento, dove ne morirono 7mila – sotto cui qualcuno ha appoggiato un mazzolino di fiori. Entro la fine dell’anno ce ne sarà un altro, nei pressi della Porta di Brandeburgo: un cubo bianco all’interno del quale scorreranno le immagini di un bacio tra due uomini, opera degli artisti scandinavi Michael Elmgreen e Ingar Dragset.
«Una città tollerante, ma non mancano i problemi»
Girare per Schöneberg è una piccola delusione, bisogna ammetterlo. Certo, è qui che si trovano la storica libreria Bruno e il consultorio solo per omosessuali Mann-O-Meter, ma per il resto si vede poco movimento. Tutt’altra cosa è Kreutzberg, quartiere gay un tempo emergente: i tavoli dei bar – come lo SchwuZ e il SO36 – sono affollati da coppie di persone dello stesso sesso. In uno di questi incontriamo Ale e Teo, due ragazzi italiani che dopo la laurea hanno scelto di vivere nella capitale tedesca. Grandi frequentatori della scena gay berlinese, nonostante uno dei due sia etero, sembrano parecchio soddisfatti della loro città d’adozione. «Il fatto che Berlino sia una città tollerante – rivela tuttavia Ale – può falsare la realtà». «Certo, si può vivere senza problemi la propria sessualità, ci sono molte associazioni e un sindaco dichiaratamente gay (Klaus Wowereit, ndr), ma non mancano i problemi, come le aggressioni da parte dei gruppi di estrema destra». «Qui però – aggiunge Teo – la vita omosessuale è più variegata di quelle delle altre capitali europee. Credo per motivi storici: il Muro aveva diviso la città in due, raccogliendo nella parte ovest i tedeschi punk, comunisti, omosessuali. Si sviluppò così quella comunità eterogenea che rende Berlino unica e tollerante.» E subito gli fa eco Ale: «Qui la scena gay e quella lesbica convivono piuttosto serenamente e collaborano. Molto spazio hanno anche i trans e sta prendendo piede la scena queer, che riunisce tutti i tipi di sessualità senza più distinguere tra omo ed etero ».
«Dura l'integrazione per gli omossessuali turchi»
L’ultima tappa, imperdibile, è alla Siegessäule, la Colonna della Vittoria immortalata dal regista tedesco Wim Wenders nel film Il cielo sopra Berlino, simbolo della comunità omosessuale berlinese. Ai suoi piedi aspetta Holger Wicht, redattore capo di Siegessäule, storica rivista per gay e lesbiche che proprio dal monumento ha preso il nome 22 anni fa, quando fu fondata. Intorno il rumore del Christopher Street Day, il gay Pride berlinese che ogni anno movimenta la città con la colorata parata.
Per sfuggire alla confusione ci rifugiamo con Holger all’interno della Siegessäule. «Non importa – afferma il giornalista – chi o cosa tu sia: a Berlino troverai il tuo posto. Ma questo non è il Paradiso.» Spiega infatti che i giovani trovano ancora difficile dichiarare la propria sessualità e che la parola schwul ("gay") è ancora considerata un insulto. Holger punta poi il dito sulla difficile integrazione dei giovani gay turchi, il gruppo etnico più numeroso in Germania. «La situazione sta peggiorando, anche perché questi ragazzi devono fare i conti con le loro famiglie e culture di origine. Ma in città le iniziative multiculturali sono sempre più numerose».
Tante, a suo parere, sono le cose su cui bisogna ancora lavorare, come la discriminazione sul lavoro e la legge sulle unioni civili – in vigore dal 2001 – che ancora non garantisce alle coppie dello stesso sesso gli stessi diritti di quelle etero. Problemi importanti, certo. Ma se si pensa che in Italia, Grecia, Malta, Cipro e altri Paesi europei non esiste ancora una legislazione sulle coppie di fatto... Berlino sembra essere davvero un piccolo Paradiso.