La Democrazia è in festa, alla Biennale di Torino
Published on
Il giallo è il colore della primavera torinese. Non un giallo qualsiasi, ma quello della Biennale Democrazia, una manifestazione unica in Europa, capace di riunire in cinque intensissimi giorni, nell’ultimo weekend di marzo, più di cento dibattiti sui grandi temi della politica, dell’economia, dell’ambiente, delle nuove tecnologie, dell’arte e della cultura.
Non chiamateli spettatori. I 35.000 che hanno partecipato agli incontri di Biennale Democrazia non sono quel genere di pubblico in attesa di verità rivelate o di puro e semplice intrattenimento. Bastava aspettare la fine di ogni incontro per rendersi conto che il fatidico e talvolta imbarazzante momento delle ‘domande dalla platea’ (basti pensare al famigerato: “No! Il dibattito no!”, di morettiana memoria) si trasformava in una fucina di interventi appassionati e stimolanti, che immancabilmente il moderatore doveva smorzare per sopraggiunti limiti orari. Perché Biennale Democrazia non è uno dei tanti festival che imperversano in lungo e in largo nel nostro Paese, ma un’occasione di incontro e di confronto tra migliaia di persone che ancora alle 21 o alle 22 di una sera di un weekend di marzo decidono di seguire la rotta indicata dai cartelloni gialli - il colore simbolo della manifestazione - ed entrare in un teatro o in qualsiasi altro posto per riflettere, partecipare, condividere.
I numeri di un successo
Partiamo dalla fine. Il giallo è il tono dominante, ma non parliamo certo di un thriller. La suspense sulla riuscita della manifestazione, del resto, non è stata in dubbio e comunque si era già diradata giorni prima dell’inaugurazione, quando arrivavano le prime prenotazioni per i vari incontri. Sono state più di 35.000 le persone - tanti giovani e studenti - che hanno preso parte alla quarta edizione di Biennale Democrazia, in programma come consuetudine a Torino, dal 25 al 29 marzo. Una affluenza del genere non può che essere definita un successo. In cartellone trovavano posto oltre 100 incontri che hanno visto protagonisti circa 130 relatori, tutti ben noti nel dibattito pubblico italiano e molti di chiara fama internazionale. Basti pensare a Claudio Magris, germanista e scrittore, che ha tenuto la lezione inaugurale, con l’introduzione di Mario Calabresi, direttore del quotidiano La Stampa. O a Ezio Mauro, timoniere de La Repubblica, che ha presentato in anteprima assoluto la sua pièce, “Thyssen opera sonora”. E ancora, solo per citare qualche nome di un elenco inevitabilmente incompleto: Stefano Rodotà, Benedetta Tobagi, Lucrezia Reichlin, John Lloyd, Paolo Mieli, Massimo Gramellini, Lucio Caracciolo, Francesco Piccolo, Federico Rampini e altri ancora.
I Passaggi del nostro tempo
Il tema di fondo, nonché il filo conduttore di questo nuovo appuntamento biennale è stato “Passaggi”. La ragione si rinviene nelle parole del Presidente della Biennale Democrazia, Gustavo Zagrebelsky: “Come sempre, anche la nostra è un’epoca di trasformazioni. Ma, oggi, le dimensioni, la velocità e la profondità paiono travolgere le certezze, rendere vane le speranze, perfino impedire la comprensione della vita in cui siamo immersi”. Di fronte a questo scenario, riflette Zagrebelsky, “la cultura è chiamata in causa nella sua funzione più profonda: comprendere, dare un senso, offrire prospettive di convivenza. In una parola, deve aiutare a uscire dal contingente, dove pulsioni e interessi individuali e collettivi si incontrano, confrontano e scontrano nella loro pura e semplice materialità. La cultura non può essere solo ricapitolazione, ma deve essere anche invenzione. “Utopia” era nel titolo della precedente edizione di Biennale Democrazia. “Passaggi” ne riprende e sviluppa l’ispirazione, con riguardo ai mutamenti presenti e, potenzialmente, futuri”.
Democrazia condivisa
Locandine, totem, borse, t-shirt, flash mob, sono le tante tessere di un mosaico che ha colorato il centro storico di Torino all’insegna di questa festa della democrazia, davvero unica nel suo genere, come hanno ricordato, con unanime entusiasmo, i tanti relatori internazionali. Oltre agli incontri, di varia natura (lezioni, interviste, dibattiti, discussioni comuni tra i cittadini) c’è stato spazio per performance, spettacoli, concerti, letture pubbliche. Nella centralissima piazza San Carlo era allestito un muro anticonvenzionale (“Attraverso”, progetto artistico di Ugo Li Puma) perché non costituiva una barriera ma un varco verso ciò che non conosciamo; in piazza Carlo Alberto è andato in campo invece lo “Street Football”, aperto a chiunque fosse disposto a dare calci a un pallone tra le linee formate da pneumatici di auto. Abbiamo vissuto il clima di Biennale Democrazia nei suoi cinque giorni. Abbiamo incontrato persone entusiaste, ascoltato interventi stimolanti, preso parte a diversi dibattiti. Vi proponiamo, in altri due articoli, la cronaca di tre appuntamenti tra i più interessanti, quelli incentrati sul tema dell’Europa. Consapevoli, tuttavia, che il modo migliore di rendere l’idea della festa della Democrazia, è quella di condividerla, giorno dopo giorno, come è successo alla Biennale di Torino.