La democrazia al tempo di Babel. La versione di Ezio Mauro e Zygmunt Bauman
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Ma esiste l’opinione pubblica, al giorno d’oggi? E ancora: la crisi della democrazia, il mercato del lavoro, le nuove tecnologie. Sono questi i grandi temi al centro del dialogo tra Ezio Mauro e Zygmunt Bauman che è stato ospitato dal Salone Internazionale del libro di Torino in occasione della presentazione di “Babel”, il nuovo libro scritto dal direttore de La Repubblica e dal sociologo polacco.
Mentre fuori dai padiglioni del Lingotto di Torino è una giornata di caldo estivo e il sole splende. Mentre tutto intorno ci sono libri da scoprire e autori da ascoltare, arriva il momento di iniziare la lunga e paziente coda che segna la strada per accedere all’atteso incontro tra Ezio Mauro e Zygmunt Bauman. Bastano già i primi scambi di opinioni tra i due, moderati da Concita De Gregorio, per capire che è uno di quegli appuntamenti che aprono nuovi orizzonti. La cornice è la presentazione di “Babel”, un dialogo, una conversazione in forma scritta tra il direttore de La Repubblica e il noto sociologo polacco. Siamo al 28° Salone Internazionale del libro, che si è tenuto a Torino dal 14 al 18 maggio, con la Germania come Paese ospite d’onore, facendo segnare 341.000 presenze (in crescita, + 0,7%; come gli incassi per gli editori, +15%, rispetto al 2014).
LA CRISI DEMOCRATICA E L’OPINIONE PUBBLICA
“Siamo noi a tradirla, oppure è la democrazia che ci ha tradito”, chiede nel prologo De Gregorio a Mauro. La risposta non è univoca. “Tutta l’impalcatura che abbiamo costruito è in difficoltà - risponde il direttore de La Repubblica -. Le strutture democratiche appaiono intatte ma la sostanza è in deperimento. Questo logora il rapporto tra cittadini e Stato, che sono costretti a convivere, anche se in una condizione di crisi. Anzi, per riprendere uno dei concetti fondamentali di Bauman, non dobbiamo definirlo Stato ma Potere. Perché lo Stato è smaterializzato in flussi diversi: di potere, di informazione e altri. ‘Babel’ prende forma dall’idea di studiare il tema dell’opinione pubblica al tempo della crisi, ma in realtà nasce dalle idee che Bauman ha seminato nell’arco di vent’anni”. L’analisi sul ruolo dell’opinione pubblica nei nostri tempi porta il giornalista a chiedersi se “esiste un punto fermo, un momento di riflessione, mentre tutto intorno si destruttura e diventa liquido, mentre si stanno smaterializzando i contorni solidi della sicurezza”.
I NUOVI CONCETTI DI SICUREZZA, DEMOCRAZIA, LAVORO
Bauman si sofferma nel chiarire quello che si può considerare come uno degli elementi fondamentali di questi anni incerti, che costituiscono un interregno tra un prima in dissolvimento e un dopo che deve ancora arrivare, e chissà con quali forme. Il sociologo infatti rileva: “Una volta ‘sicurezza’ significava certezza. Un cittadino sapeva che, impegnandosi nel suo lavoro, avrebbe avuto un posto nella Società e il diritto a una vita dignitosa. Si è creato invece un gap: il cittadino non sente più di avere un suo spazio e significato nel contesto sociale in cui vive. Al giorno d’oggi ‘sicurezza’ significa tutela dal terrorismo, dalla criminalità, quindi protezione da parte del Governo. E il Governo viene apprezzato per il modo in cui risponde a questa domanda di sicurezza. Anche se lo fa delimitando le libertà delle persone, perché quelle stesse persone sono disposte ad accettare le gravi limitazioni che gli vengono imposte”. Mauro interviene sullo stesso punto, aggiungendo: “Le persone escluse dalla Società, cioè coloro che perdono il lavoro e non riescono a ritrovarlo, arrivano a pensare che la democrazia non esiste. Oppure che esiste, ma tutela solo i garantiti. La democrazia - agli occhi di queste persone ‘tradite’ - diventa quindi un meccanismo di selezione, che esclude ingiustamente. Chi è tagliato fuori, ridotto ai margini del vivere sociale resta pur sempre un cittadino, ma soltanto per la richiesta di un voto, di una risposta per un sondaggio, dell’acquisto di qualche bene”.
LA SOLITUDINE DEI NUMERI PRIMI
I cittadini si disinteressano quindi della politica, perdono la fiducia nelle Istituzioni democratiche, si sentono soli. “È questa la vera solitudine dei numeri primi - sottolinea Mauro -. L’antipolitica, la rabbia che nasce da questo sentimento di esclusione e frustrazione è la risposta più facile perché sembra restituire a ciascuno degli esclusi la possibilità di partecipare, il diritto di essere nuovamente un cittadino. In realtà l’antipolitica rappresenta solo uno strumento elettorale, perché non si trasforma mai in politica”. Il dissolvimento di un orizzonte di certezze e partecipazione democratica ha una delle sue conseguenze più negative nel mondo del lavoro. Bauman si sofferma su questo punto, mettendo in luce come “i posti di lavoro si sono trasformati da fabbriche di solidarietà in fabbriche di sospetto, di rivalità fra i lavoratori. L’interdipendenza e la reciprocità, che c’era una volta fra forza lavoro e datore di lavoro, si è spezzata. Anzi, è stata cancellata unilateralmente, a danno dei lavoratori, dalla mobilità del capitale e dalla nuova organizzazione del lavoro. Le regole manageriali che imperano oggi non hanno solo degli obiettivi economici ma costituiscono una tecnica di governo. I lavoratori incerti, impauriti diventano obbedienti e non solidarizzano tra loro”. La condizione di solitudine del cittadino è amplificata dall’imporsi delle nuove tecnologie che, apparentemente, permettono una connessione continua, una partecipazione costante. Ma in realtà hanno rimpiazzato la ‘comunità’ con tanti network, virtuali e manipolabili. La comunità è stata sostituita dalla connettività. “Chiediamo alla tecnologia di guidarci. La tecnologia deresponsabilizza e supera i confini di ciò che è lecito”, osserva Mauro al riguardo. Mentre Bauman ricorda quello che sembrava solo uno slogan pubblicitario ma che poi è diventato il manifesto (illusorio e autoconsolante) di un’epoca: “Never again alone”. In conclusione, Mauro ci tiene a rispondere all’accusa di aver scritto un libro apocalittico. “Non è così, io credo ancora nell’opinione pubblica. Babel trasmette questa idea”, afferma il direttore de La Repubblica. E nei padiglioni del Salone del libro, fra migliaia di appassionati lettori, questa fiducia nell’opinione pubblica è ben riposta.