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La cultura all'asta

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Napoli

La storia dell' accademia culturale napoletana che, schiacciato dai debiti, rischia la sua stessa sopravvivenza, sprofondando anno dopo anno sempre più nell’ombra.

Sono in pochi ormai oggi a sapere cosa e dove sia l’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici di Napoli, e ancor meno sono quelli che conoscono le condizioni economiche e strutturali in cui versa.

L'istituto deve rispondere di circa 13 milioni di euro di debiti e per farvi fronte, sta perdendo pezzo dopo pezzo vendendo all’asta i volumi più preziosi di una ormai sfrattata Biblioteca che vantava 300mila pezzi. Libri risalenti al XVI secolo, come “Elementi di Metafisica” di Antonio Genovesi del 1760, la “Gerusalemme liberata” di Torquato Tasso del 1888 o ancora testi di medicina del 1686, più diverse opere originali di Giordano Bruno e di Benedetto Croce, la cui figlia, Elena, fu una dei fondatori dell’Istituto.

Questi sono solo pochi esempi della ricchezza intellettuale raccolta e curata dall’avvocato Gerardo Marotta, appassionato di filosofia e attuale presidente dell’Istituto.

Un pilastro della cultura e della tradizione, ultimo esponente della rivoluzione intellettuale napoletana, che si sta piegando di fronte ad una società che guarda altrove, distratta, che pensa di sapere ormai già tutto e che ritiene quei libri starebbero forse meglio in collezioni private, lontane dalle mani di futuri studiosi, ricercatori o semplici giovani appassionati.

La storia

Era il 1975 quando Elena Croce ed Enrico Cerulli bussarono alla porta di Gerardo Marotta, portandogli un’idea, un sogno che avrebbe dato vita ad una delle strutture che a detta dell’UNESCO “non ha paragoni al mondo”.

L’avvocato non ebbe molta scelta, data l’enfasi con cui i due ospiti gli descrissero la necessità di quest’Istituto per riprendere la lotta hegeliana e ridare vita all’illuminismo napoletano, tant’è che all’Accademia Nazionale dei Lincei era già pronto un notaio per la stesura dell’atto. La passione di Marotta per la filosofia era presente in lui già in giovane età e lo si può intuire dalla sua stessa tesi di laurea in giurisprudenza, con materia Filosofia del diritto e dal titolo “La concezione dello Stato nel pensiero della filosofia tedesca e nella sinistra hegeliana”. Non fu quindi troppo difficile convincerlo.

Così il 27 maggio 1975 nella sede dell'Accademia Nazionale dei Lincei a Roma, avvenne la fondazione dell’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici, con sede in Palazzo Serra di Cassano, Via Monte di Dio, Napoli.

Tra i fondatori oltre ad Enrico Cerulli, Elena Croce e Gerardo Marotta, Pietro Piovani e Giovanni Pugliese Carratelli.

I primi anni vita del neonato Istituto furono vivaci e ricchi di lezioni, seminari ed incontri tra i più illustri pensatori dello scenario europeo. Tra questi figura il filosofo tedesco Hans Georg Gadamer, le cui lezioni richiamavano un così vasto pubblico che ogni aula, in cui veniva proiettato, non riusciva a contenere la marea di ascoltatori.

La filosofia non è conoscere la risposta a ciò cui non è possibile rispondere. È piuttosto il continuare perpetuamente a cercare di avvicinarsi alle cose, una maniera di riflettere e una forma di libertà del pensiero che non si fa sopprimere da risultati definitivi e che quindi assume sempre nuove domande” così disse Gadamer ed è secondo questo precetto della libertà di pensiero, del continuo mutare e svilupparsi delle idea che l’Istituto ha agito, garantendo ai suoi borsisti lezioni e seminari, oltre che presso strutture simili presenti in giro per l’Europa, anche in materie scientifiche, come fisica e biologia tenuti da premi Nobel quali Rita Levi Montalcini, Steven Weinberg, Ilya Prigogine e tanti altri.

Un modo questo per tenere legati aspetti della vita umanista e scientifica che, volente o nolente, lo sono di natura.

La lotta per la sopravvivenza e i tagli della politica

Dopo gli anni d’oro, durante i quali l’Istituto fu uno dei principali poli europei della cultura e del dialogo, iniziò il periodo di calo segnato soprattutto dai tagli del 2009 ad opera di Giulio Tremonti, allora Ministro dell’Economia e delle Finanze del governo Berlusconi IV.

L’ex ministro ridusse considerevolmente le sovvenzioni statali assegnate all’Istituto dal presidente del consiglio Ciampi nel 1993, dichiarando che “con la cultura non si mangia”, non sapendo, forse, che in realtà ci sono quelli che con la cultura si ingozzano, ad esempio attraverso lo stato continuo di proroga sulla gestione dei servizi aggiuntivi presso musei e siti archeologici, garantendo un monopolio che favorisce, appunto, pochi ingordi.

Così, a seguito dei tagli e di un adeguato supporto da parte non solo dello Stato ma anche dei cittadini, la Biblioteca dell’Istituto che contava circa 300mila volumi dal valore inestimabile, non solo monetario ma anche intellettuale, veniva sfrattata e rinchiusa in un deposito di Casoria.

I costi per il fitto dei locali in cui erano tenuti i libri, infatti, erano diventati insostenibili, nonostante l’avvocato Marotta avesse venduto anche beni propriper prendersene cura.

“C’è necessità della filosofia per orientare le scelte politiche, di uno spirito umanistico, specie ora che l’Europa è in crisi, ci disse il segretario generale delle Nazioni Unite, un pezzo d’uomo enorme, e poi ci abbracciò” ricorda l’avvocato, citando un uomo che si rendeva conto della necessità di mantenere una dignità intellettuale attraverso la filosofia, così da averne anche nell’azione politica.

Se solo il Ministero della pubblica istruzione si risolvesse ad ottemperare ad un sentenza del Consiglio di Stato (Sez. VI del 12 giugno 2015, n. 02885/2015) che dichiarò illegittima una bocciatura, del Ministero stesso, del progetto “Umanesimo e scienze nella formazione dell’identità europea” del 2002/2003, a cui l’Istituto aveva partecipato per ottenere dei fondi, verrebbero sbloccati 12,5 milioni di euro che, più la rivalutazione, potrebbero sanare i conti del IISF, dandogli la possibilità di rialzarsi e tornare ad essere fonte di orgoglio e sapienza per futuri pensatori.

Il supporto della comunità internazionale

Gli intellettuali del mondo gridano allo scandalo, non capacitandosi di come il governo italiano possa lasciare che un’istituzione del genere vada perduta, la quale vanta collaborazioni con università e centri di ricerca di tutto il mondo.

“Mi auguro che il ministero dei Beni culturali si faccia carico delle necessità dell’Istituto di studi filosofici e la Regione possa procedere allo sblocco dei fondi già stanziati. [..] Si tratta di un patrimonio storico-culturale che merita la cura massima rappresentando, veramente, un motivo di vanto internazionale per la nostra città e per il paese” ha dichiarato il sindaco di Napoli Luigi de Magistris, esprimendo il suo supporto.

Supporto condiviso, oltre che dalla comunità intellettuale internazionale, anche da quella italiana, con lo scrittore Roberto Saviano, il quale lanciò un appello lo scorso giugno 2015.

Nel 1946 Benedetto Croce parlava della fine della civiltà, ma non come la si può intendere con distruzioni o altro, ma come una rottura inesorabile e profonda con le tradizioni e la cultura. Una visione tragica che fu uno dei motivi ispiranti della fondazione dell’Istituto, nel tentativo di non lasciar cadere il mondo nella barbarie.