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La Croazia entra nell'UE: cosa cambia per i giovani?

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Politica

Dal 1° luglio, la Croazia è ufficialmente il 28simo stato membro dell’Unione Europea. I giovani croati, che hanno conosciuto la guerra solo sui libri di storia, oscillano tra l’entusiasmo generato dalla presa di coscienza delle nuove libertà acquisite e un inevitabile scetticismo. 

Sbarcato a Zagabria qualche giorno prima della fatidica data del 1° luglio, l’atmosfera è ancora calma lungo le strade della capitale croata. La piazza principale comincia a prepararsi per le cerimonie tra le bandiere europee che sventolano qua e là. Lidl ha lanciato una grande campagna pubblicitaria per l’occasione, dato che l’ingresso nell’UE semplificherà anche le leggi che regolamentano i prodotti importati. Ma cosa sappiamo davvero della Croazia? Per i più giovani, la Croazia è sinonimo di qualche immagine di guerra sui libri di storia, una semi-finale dei Mondiali nel 1998 con la maglia a scacchi bianchi e rossi di Davor Suker, lo sguardo affascinante della campionessa di salto in alto Blanka Vlasic. E per tutti gli altri, ricordi assolati di vacanze lungo la costa adriatica di Dubrovnik, Spalato e Zara, l’isola dal nome impronunciabile Krk e i laghi di Plitvice. E, infine, l’impressione che la Croazia e i suoi 4,4 milioni di abitanti facciano già parte della grande famiglia europea e che sia davvero giunto il momento di mettere fine a questa strana esclusione. 

Partecipazione in caduta libera 

Il solo processo di adesione all’Unione Europea è stato non poco complicato. Mentre la Slovenia era stata già inclusa nel 2004, la vicina Croazia ha dovuto pazientare un decennio supplementare. Tutto questo a causa delle sue ferite di guerra e di un’economia in difficoltà. Una decrescita pari al 2%, la disoccupazione al 18% e una percentuale di giovani senza lavoro pari al 51%. Cifre simili a quelle della Grecia e della Spagna. Un contesto difficile per i giovani croati, i cui rappresentanti sono invitati a discutere con i loro coetanei europei nella conferenza organizzata a Zagabria qualche giorno prima del 1° luglio. Mirela Travar, segretario generale della Rete dei Giovani Croati (Mreza Mladih Hrvatske, ndr), si mostra realista: “La partecipazione al referendum sull’ingresso nell’UE (44% nel 2012, ndr) e alle elezioni dei 12 deputati croati al Parlamento europeo (21% nel 2013, ndr) è stata molto debole. Non si parla certo di entusiasmo, ma questo è uno stato d’animo presente non solo in Croazia”. La Croazia è stato il primo stato a entrare nell’Unione Europea dopo l’inizio della crisi che assedia l’Europa tutta. E tutto lascia immaginare che per i prossimi candidati, tra cui i paesi dell’area balcanica come Serbia, Macedonia e Montenegro, si dovrà aspettare un bel po’. 

L'arrivo dei fondi europei

Sandra Petrovic, 28 anni, una dei più giovani deputati del Parlamento Europeo, tenta di fare una buona impressione: “La Croazia potrà godere di numerosi vantaggi dal suo ingresso nell’Unione Europea, tra cui la protezione dei consumatori, la possibilità di studiare all’estero, una maggiore influenza politica e ovviamente l’utilizzo di 150 milioni di euro provenienti dai fondi europei”. Molti croati precisano: a condizioni che questi arrivino nella mani giuste. Secondo Marko Grdosic, studente di economia e rappresentante al forum dei giovani croati, “c’è una lunga tradizione di corruzione nel nostro paese e la generazione più giovane vive questa situazione da sempre. La fiducia nelle istituzioni politiche è bassissima. Tuttavia, si spera che le autorità europee siano un po’ meno corrotte”.  

Fuga di cervelli in vista?

Per i giovani croati, l’apertura delle frontiere potrebbe significare anche una fuga di cervelli. “Il pericolo è là”, afferma Mirela Travar, “e spetta al governo il compito di battersi per offrire le condizioni necessarie perché i giovani restino qui”. Matko Cancer, studente e ricercatore in terapia genetica ha già fatto la sua scelta, trasferendosi in Svezia per continuare la sua attività presso l’università di Uppsala: “Le condizioni offerte in Svezia per le mie ricerche in laboratorio sono migliori. Le università croate sono di buona qualità ma non hanno abbastanza contatti con le industrie, necessari per poter finanziare i miei progetti. Ma, un giorno, vorrei tornare qui, con un progetto di lavoro ben avviato e poi il clima mi manca troppo”. Lo stesso accade per i tanti studenti che partecipano al programma Erasmus, disponibile in Croazia da qualche anno. “Il prossimo anno, con l’ingresso della Croazia nell’Unione Europea”, spiega Lea Ban, della rete degli studenti Erasmus ESN, “ci sono già 900 candidature per soli 300 posti. La maggior parte di loro vuole andare in Spagna, in Polonia e… in Lituania. Naturalmente, qualcuno vuole restare all’estero, ma la maggior parte ha intenzione di tornare prima o poi. La mia impressione è che siano soprattutto i giovani a essere entusiasti dell’ingresso della Croazia nell’Unione Europea e dei suoi indubbi vantaggi concreti. È anche una questione di generazione. I più anziani hanno vissuto in Jugoslavia e vedono questa novità come un ritorno a un regime di dominazione da parte di una potenza esterna”.

In effetti, la storia dei Balcani è sempre stata costellata di conflitti. Per i giovani croati, entrare finalmente in un sistema politico che si propone di garantire la pace tra i sui membri assume un significato ben più reale e concreto rispetto all’opinione dei loro coetanei europei. È questa generazione che, al di là delle sfide economiche, dovrà fare da ponte verso gli altri abitanti dei Balcani, che pazientano ancora alle porte dell’Unione Europea. 

Translated from La Croatie dans l'UE: Balkan filant