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La camorra tra violenza, disoccupazione e traffici internazionali

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Napoli

Settembre ed ottobre sono stati mesi difficili per la città di Napoli: gli episodi violenti di matrice camorristica si moltiplicano. Cerchiamo di capire quali sono le cause che determinano questi conflitti ed in che modo sono considerate dagli organi d'investigazione nazionali ed internazionali.

In un discorso del luglio del 2011, a metà del suo primo mandato, il presidente statunitense Barack Obama annunciava l’impegno degli Stati Uniti contro le organizzazioni criminali transnazionali che minacciano «l’interesse nazionale degli Stati Uniti»: i narcotrafficanti Los Zetas, il gruppo noto come Il circolo dei fratelli, originario dell’Europa orientale, la Yakuza nipponica e la Camorra napoletana. Ad accomunare i quattro gruppi criminali, secondo un report pubblicato proprio dalla Casa Bianca, la capacità di «trarre vantaggio dal nostro mondo sempre più interconnesso per espandere i loro traffici illeciti» e di «diversificare le loro attività in una convergenza di minacce transnazionali che si è evoluta divenendo più complessa, volatile e destabilizzante». Impressioni che sono confermate anche nelle analisi e valutazioni del crimine organizzato italiano presentate da Europol, nel 2013, e dal FBI, con ultimi aggiornamenti nel 2015.

Le analisi del FBI e dell’Europol

Il Bureau ritiene che la camorra sia la «più grande organizzazione a delinquere italiana» con circa «approssimativamente settemila membri ed un centinaio di clan». Secondo quest’analisi l’emersione della camorra come fenomeno d’interesse transnazionale avrebbe inizio intorno agli anni ’70 quando gli esponenti della mafia siculo-americana avrebbero convinto i malavitosi campani a convertire le rotte del contrabbando di sigarette anche per la vendita di stupefacenti. Attualmente le principali attività dell’organizzazione negli Stati Uniti sarebbero il riciclaggio di denaro sporco, l’estorsione, il contrabbando, la corruzione politica e la contraffazione di merci. L’Europol si concentra maggiormente sul ruolo della camorra sul territorio regionale, ricordando come questo fenomeno «non si limiti alla sola città di Napoli, ma si diffonda nell’intera regione Campania. Tuttavia le provincie di Napoli e di Caserta sono quelle in cui la presenza dei clan è più opprimente e forte». In particolare l’agenzia si concentra sulla struttura dell’organizzazione, descritta come un «cluster orizzontale di clan e famiglie, spesso associate in alleanze o cartelli» di estrema volatilità e variabilità. L’assenza di un comando unificato o di organi che gestiscano territori ed aree di influenza è ritenuta in parte benefica, in quanto «ridimensiona le minacce della camorra nel suo complesso, in particolare se comparata a Cosa Nostra o alla ‘Ndrangheta». D’altro canto una deregolamentazione eccessiva, spesso ai limiti dell’anarchia impone «una maggiore influenza della criminalità sulle comunità che vivono nelle aree di potere dei clan».

Il rapporto dell’Europol si concentra poi sui possibili esiti internazionali delle faide locali e, soprattutto, su quella che sembra essere la caratteristica che contraddistingue la camorra dalle altre mafie: l’atteggiamento. «A differenza dei colleghi siciliani e calabresi, i camorristi scelgono uno stile di vita “ad alto profilo”»; palazzi sontuosi, abiti ricercati, veicoli sportivi e spese stravaganti costituiscono l’aspetto più evidente di un’aura di invincibilità e sfida contro le Istituzioni, spesso esaltata dai media, che è giustamente ritenuta un «potente fattore d’attrazione per i criminali più giovani». Da cosa nasce quest’attrazione e in che modo esprime la sua pervasività sul territorio? La Direzione Investigativa Antimafia cerca di fornire una risposta a questa domanda complessa.

Terra, disoccupazione e sangue

La relazione semestrale della Direzione Investigativa Antimafia del secondo semestre del 2014 cerca di sintetizzare un quadro estremamente complesso: la camorra è «un’entità capace di esprimere la sua pervasività su più piani, quello criminale, imprenditoriale e politico», il cui presupposto indispensabile è «il controllo del territorio […] che, da un lato, consente alla citata consorteria di consolidare la propria leadership e, dall’altro, di esasperare un’economia locale già incrinata da una forte crisi strutturale». Il fenomeno di «polverizzazione dei clan e dei relativi centri decisionali», dovuto alla cattura di «soggetti apicali e dalle lunghe detenzioni di affiliati di rango», ha determinato l’emersione di figure marginali provenienti dal fitto sottobosco di famiglie criminali con un ulteriore aumento del ricorso alla violenza. Questo ricorso trova giustificazione nell’interesse per il controllo del territorio: questo non è esercitato esclusivamente attraverso metodi violenti o l’estorsione, ma anche sfruttando il degrado sociale e la crisi occupazionale che connota alcune aree della regione - la relazione ivi rimanda ai dati raccolti dalla Confcommercio della Provincia di Napoli secondo cui, negli ultimi sei mesi e solo nella provincia di competenza, sarebbero state chiuse più di 2000 attività e 600 tra bar e ristoranti con dure ripercussioni sul piano lavorativo. Tali cifre richiamano il rapporto Svimez che, nell’ottobre del 2014, ricordava il rischio di desertificazione umana ed industriale del meridione. È in questa situazione che la camorra ha potuto infiltrarsi con efficacia anche nel tessuto economico-finanziario e politico, talvolta guadagnandosi il consenso delle fasce più emarginate della popolazione, che le consente di adottare un atteggiamento di sfida aperta alle Istituzioni.

Disoccupazione in Campania

Un arresto esemplare, tra cronaca locale e interessi transnazionali

La recente cattura di Michele Cuccaro ci permette di concentrarci su due caratteristiche importanti. La prima riguarda le conseguenze che questa cattura avrà sul territorio: nel caso dei Cuccaro, una delle famiglie più potenti della periferia orientale e storica antagonista del clan Sarno, è probabile che il loro declino porti ad un inasprimento dei conflitti locali per il traffico di stupefacenti – una situazione che sembrerebbe esser stata confermata dall’omicidio di Annunziata D’Amico, clan alleato dei Sarno e attualmente impegnato nella gestione delle piazze di spaccio orientali. Anche il centro storico presenta un quadro iniziale in cui al decadimento di un clan consolidato, i Mazzarella, corrisponde un'escalation di violenza. La caratteristica peculiare di quest’area è lo sviluppo parallelo di una feroce microcriminalità che, ricorrendo a una violenza non proporzionata rispetto agli obiettivi, può essere ricondotta a nuovi gruppi e clan desiderosi di conquistarsi un proprio spazio - questa è la principale causa dei numerosi atti di violenza, da alcuni omicidi ad episodi vandalici ai danni di persone o cose, che hanno recentemente interessato il centro storico. Una situazione che, con le dovute differenze, riguarda anche la periferia occidentale e l'area settentrionale del capoluogo.

Ritornando all'arresto di Cuccaro, vi è un altro elemento su cui riflettere: il boss non è stato arrestato in Campania ma presso Cisterna di Latina, una città nel Lazio. Si tratta di una pratica divenuta comune tra i camorristi che lasciano la Campania non solo per eludere l’arresto, ma anche per gestire i propri affari all’estero. Questo fenomeno di “criminalità fuorisede” non si limita esclusivamente alle altre regioni italiane, ma riguarda anche altri paesi – alcune delle mete più gettonate in Europa sono la Spagna, la Francia, la Germania, l’Olanda, l’Albania e numerosi stati dell’Europa orientale. Il tipico modus operandi dei camorristi prevede l’entrare in contatto con la criminalità del luogo, spesso con lo scopo di reperire materie prime, in particolare armi o droghe, da importare nel mercato italiano; il paese straniero diviene invece la meta di prodotti finiti, come merce contraffatta, o di investimenti illeciti. Ma non mancano i casi in cui è l’organizzazione mafiosa campana a fornire materie prime ed aiuti di vario genere. Ciò conferma il giudizio dell’Europol, che ritiene che i paesi in cui la camorra sia maggiormente attiva siano «numerosi paesi dell’Unione Europea, nel Sud America e negli Stati Uniti». Un riconoscimento che costituisce un primo passo ma che, come l'intervento preventivo-repressivo delle forze dell'ordine italiane, non sarà mai efficace se non sarà accompagnato da un risanamento socio-culturale complessivo.