La Bulgaria in transizione energetica
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Ada De MicheliRecentemente entrato a far parte dell’Ue, il Paese più colpito dalla crisi del gas del gennaio scorso, si trova ad affrontare i problemi di corruzione, l’antica dipendenza dalla Russia in campo energetico, le questioni di orgoglio nazionale e “le assurde decisioni” di Bruxelles. Senza tralasciare l’ecologia.
Nell’inverno 2008, a causa di un conflitto con l’Ucraina, la Russia ha interrotto la fornitura di gas ai suoi vicini europei. La Bulgaria, dipendente al 95% dal gas russo, è stato il Paese che più di tutti ha sofferto le conseguenze di questa decisione. Quattro mesi dopo, il gas è tornato a circolare nei gasdotti, ma la questione energetica, in questo Paese, desta ancora preoccupazione e non è l’unico argomento a tenere banco.
Elettrica Bulgaria
In Bulgaria, il sistema dell’energia elettrica, concepito sul modello comunista, non risponde ai parametri Ue: controllo statale del mercato, mancanza d’innovazione, alte emissioni di CO2 e bassissima efficienza energetica (tra 2 e 8 volte inferiore alla media europea). Nel frattempo, il Governo, guidato dal Partito Socialista (ex comunisti), prepara un nuovo Piano Strategico sull’energia, «senza alcun dibattito pubblico», denuncia Todor Slavov, membro dell’associazione ecologista Za Zeminiata, che incontriamo in un appartamento modestamente arredato, non lontano dalla cattedrale di Sofia. Tra i progetti del nuovo piano c’è anche quello di portare a termine la costruzione della centrale nucleare di Belene, iniziata nel 1986. Niente di strano in un’epoca in cui tutti i maggiori Paesi europei cercano nell’energia atomica la soluzione ai problemi energetici. Ma in Bulgaria, la questione è più complicata. Secondo quanto sostenuto da Giorgi Stefanov, responsabile del Wwf in Bulgaria, allo stato attuale il Paese possiede più energia di quanta necessaria per soddisfare la domanda: «La capacità produttiva di energia della Bulgaria è di 13.500 Mw e, al momento del picco massimo raggiunto durante la crisi del gas russo, la richiesta di energia elettrica si è assestata sugli 8.200 Mw».
A chi va l’energia bulgara?
Perché allora produrre più elettricità? Secondo Dimiter Brankov, vicepresidente dell’Associazione Industriali bulgari «è una questione di sicurezza regionale», fa sapere dal suo lussuoso appartamento sito a pochi metri dal Palazzo di Giustizia, poiché la Bulgaria considera prioritario fornire elettricità ai propri vicini, in modo particolare al Kosovo, alla Macedonia e alla Serbia. «Per venderla a chi?» si chiede Stefanov, il quale aggiunge che allo stato attuale, la Bulgaria esporta solo 500 Mw all’anno e non esistono nuovi accordi commerciali che giustifichino l’uscita di questa energia extra. Slavov ha un’altra teoria, che mi spiega con calma: «Tutti i Governi che si succedono fanno investimenti per mantenere quanto già costruito a Belene, anche se ci sono sospetti che questo denaro finisca in mani private». Numerosi esperti sottolineano l’interesse di imprese private nel progetto. Tra le tante, ci sarebbe Enemona, la maggiore azienda energetica del Paese, di proprietà dell’ex Ministro dell’Energia, Roumen Ovtcharov, implicato in vari scandali di corruzione. Inoltre, secondo quanto riferitoci da Petko Kovatchev, fondatore del nuovo partito dei Verdi in Bulgaria, «l’energia nucleare è un affare semplice per la corruzione. Più semplice dei piccoli progetti».,Alla nuova centrale nucleare, si sommano altri progetti, come quello della riapertura della centrale nucleare di Kozlodui, chiusa per permettere l’ingresso della Bulgaria nell’Unione europea. Quest’ultima centrale rappresenta un terreno di scontro tra l’Ue e l’opinione pubblica bulgara. Lo screzio ha origine da una «campagna denigratoria contro le misure adottate dall’Ue, condotta sugli organi di informazione e voluta dal Governo», spiega Stefanov.
Dimiter Brankov dissente: «La chiusura della centrale nucleare fu una decisione assurda presa nel corso delle negoziazioni per l’adesione. Quella centrale è più sicura di tante francesi e inglesi!». «In sintesi, tutti questi grandi progetti costeranno tra i 26mila e i 33mila milioni di euro», commenta Giorgi Stefanov, il quale assicura anche che per metà saranno fondi pubblici. «Se s’investisse una parte di questo denaro nel miglioramento dell’efficienza, si potrebbe risparmiare più energia di quella prodotta». Terminata l’intervista, mentre mi accompagna per le strade gelate di Sofia, fino al palazzo della Radio Nazionale, Giorgi continua incalzante: «La gente ha diritto di sapere quanto sta avvenendo in Bulgaria». «Tutto proviene dalla Russia!»
Dipendenza dalla Russia e orgoglio nucleare
Una cosa è fuori d’ogni dubbio: per i bulgari, le centrali nucleari sono una questione di orgoglio nazionale. Stefanov lo conferma: «Poiché la nostra economia riveste un ruolo marginale, i bulgari si sentono orgogliosi delle proprie centrali nucleari. Si tratta di un’idea molto diffusa dai mezzi di comunicazione». Per questo motivo, quello delle centrali nucleari, sembra essere un male endemico della Bulgaria. Ma cosa c’entra la Russia in tutto questo? Secondo Petko Kovatchev, l’influenza russa continua ad essere invasiva: «La Russia sfrutta la situazione per organizzare dalla Bulgaria i propri interessi geopolitici. È un modo di dividere i Paesi europei», mi confessa, mentre consuma un’abbondante colazione nell’unico Starbucks di Sofia. Per spiegare il potere destabilizzatore che la Russia esercita nei confronti dell’Europa, fa riferimento alla pessima reazione dell’Ue nel periodo della crisi energetica. Stoyan Faldijyski, della fondazione ecologista TIME, a titolo di esempio, riporta una frase pronunciata dal ministro dell’Economia e dell’Energia, Petar Dimitrov: «Il nuovo progetto di energia nucleare rappresenterà il biglietto da visita degli affari russi in Europa». «L’uranio sarà russo, la tecnologia è russa… parliamo tanto d’indipendenza energetica, ma in realtà tutto proviene dalla Russia», conclude indignato Stoyan.
Al caos energetico si aggiunge la mancanza di fiducia dei bulgari nei confronti della politica. Dunque quale sarebbe la soluzione? Secondo Stoyan, «l’unica speranza è che il Governo si renda conto delle possibilità offerte dall’energia verde». Dal progetto energetico alternativo presentato dall’associazione Za Zeminiata, risulta che la Bulgaria sarebbe in grado di produrre la totalità del proprio fabbisogno energetico grazie all’energia pulita. Un progetto ambizioso, realizzato a partire da dati forniti dal Governo e da opinioni di esperti; progetto che comunque sarebbe insufficiente, poiché per il 2020, stando al pacchetto su energia e clima presentato dall’Ue, circa il 16% dell’energia elettrica bulgara dovrebbe derivare da fonti rinnovabili. Dimiter Brankov non è d’accordo con gli obiettivi fissati per la Bulgaria e denuncia una «mancanza di comprensione delle necessità dei nuovi Stati membri» da parte dell’Unione europea.
Ciò nonostante, non proprio tutti hanno perso la fiducia nella politica. Petko Kovatchev, attivista contro il regime comunista e a favore dell’ambiente, spera di riuscire a presentarsi alle prossime elezioni bulgare ed europee con un nuovo partito, Zelenite. «Possiamo essere il partito che dà inizio ad una fase di normalizzazione della vita politica bulgara», afferma speranzoso. Alle elezioni europee, spera di ottenere almeno un rappresentante. Atanas Georgiev, redattore della rivista che si occupa di energia Utilities, è meno ottimista: «Le soluzioni ai nostri problemi non giungeranno dall’Ue, dipende tutto dalla Bulgaria».
Ringraziamo Alexandre Nedetchev e la redazione locale di cafebabel.com a Sofia per i contribuiti a questo articolo.
E per vedere le foto della minoranza turca di Sofia: qui.
Translated from Bulgaria: energía en transición