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La battaglia dei giovani registi macedoni per dissotterrare la storia

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Lidia Perla

Cultura

Vent’anni dopo l’indipendenza, registi di documentari emergenti ritraggono la Macedonia in modo inedito.

Chissà se il tassista, che dall’aeroporto mi conduce a Skopje attraverso un paesaggio di case costruite solo a metà, conosce i film macedoni? Prima della pioggia, film del 1994 di Milcho Manchevski, l’ha visto di certo. Il film fu persino candidato all’Oscar e ha vinto più di 30 premi in tutto il mondo. E poi? Dall’indipendenza della Macedonia nel 1991 il paese ha dovuto lottare con altri problemi. Secondo il regista di documentari Atanas Georgiev l’arte cinematografica sarebbe caduta "in un buco nero".

Il documentario ha alle spalle una lunga tradizione in Macedonia: già nel 1905, una decina d’anni dopo che i fratelli Lumière filmarono per la prima volta scene di strada, i fratelli greci Manakis ripresero sia scene di vita quotidiana che eventi straordinari con la loro macchina da presa Bioscope numero 300. Furono i primi nei Balcani. Dopo la seconda Guerra Mondiale, i registi macedoni si fecero un nome. “Sotto il regime jugoslavo, la produzione cinematografica nazionale era controllata dal Ministero della Cultura e realizzata dall’unica casa di produzione "VARDAR FILM" spiega la studiosa di cinema Vesna Maslovarik della cineteca nazionale. “Tuttavia la scelta dei soggetti e il modo di trattarli dal punto di vista estetico venivano lasciati decidere quasi completamente ai registi stessi”. Mi ha lasciato prendere una pila di DVD dall’archivio affinché potessi vedere con i miei stessi occhi che le sue parole non erano solo retorica. Tuttavia, i brevi documentari di Branko Mihailovski, Meto Petrovski o Trajce Popov affascinano per la loro originalità estetica. Per “Dae” del 1979, una specie di ballata poetica che descrive i rituali dei Sinti e dei Rom, il regista Stole Popov ha ricevuto persino una nomination all’Oscar nel 1980.

Oggi un gruppetto di registi si batte per una differente rappresentazione artistica del popolo e della storia macedone. Marja Dzidzeva è una di loro. Ha occhiaie profonde perché sta lavorando contemporaneamente ad un programma televisivo per bambini e a diversi progetti cinematografici. É convinta che in Macedonia, malgrado tutti gli ostacoli, si possa “dissotterrare la storia”: “gli uomini e la loro storia, i colori e il paesaggio, la musica” inizia a raccontare con entusiasmo. Sta progettando una decina di documentari ispirati alle notizie dei giorni nostri. Il suo film del 2008 “Look at the life trough my eyes" prese spunto dalla vicenda di un isolato villaggio albanese, in cui un’impresa farmaceutica aveva abbandonato dei medicinali scaduti causando l’insorgere di malattie nei bambini. La regista sviluppò il film in modo quasi antropologico: visse diversi mesi nell’arco di più di tre anni in una famiglia, intervistando una madre di cinque figli riguardo la sua vita, i suoi desideri e le sue speranze. E poiché suo marito non diede il permesso di mostrare il viso della moglie, se ne vedono solo gli occhi. Già il fatto stesso che una donna mussulmana parlasse in un film fece scalpore.

Fuggire dall’ottusità

Per Biljana Garvanlieva la Macedonia è un posto difficile in cui lavorare. Vive a Berlino perché “quando Belgrado fu bombardata, da un lato non volevo esser parte di quel conflitto e dall’altro dovevo fuggire dall’ottusità della Macedonia, poiché lì non avrei potuto realizzarmi come artista”. La regista si vuole opporre agli stereotipi sulle ragazze e le donne del suo paese. Nei suoi film non sono costrette a matrimoni combinati o vittime di violenze sessuali, ma sono protagoniste attive. Così come sua cugina Emilia nel film del 2006 “La suonatrice di fisarmonica”, una talentuosa ed ambiziosa musicista che non vuole suonare la sua fisarmonica soltanto nei pub locali ma desidera calcare le scene internazionali. Per poter suonare a così alti livelli avrebbe bisogno di uno strumento nuovo e migliore ma i suoi genitori non riescono a mettere insieme i 6.000 euro necessari per pagarlo. “Non vedo alcun futuro qui. Come posso andare avanti?” si domanda di notte la protagonista delusa. Superare gli ostacoli, cercare il proprio posto nel mondo, lasciare il paese d’origine per potersi realizzare all’estero: questa è stata anche la sua storia, dice Biljana Garvanlieva.

Piattaforma per registi emergenti

Con la creazione nel 2008 del fondo per il cinema macedone si sono presentate nuove possibilità per dare nuova vita all’industria cinematografica in Macedonia. Nello scuro palazzo rivestito in legno, che prima veniva usato dalla VARDA film, il direttore Darko Basheski e il suo team hanno cominciato i lavori. Per il 2011 hanno a disposizione un budget di 1, 8 milioni di euro per finanziare progetti cinematografici tra cui lungometraggi, documentari, cortometraggi e film d’animazione. Tra il 2008 e il 2011 si è potuta sovvenzionare la realizzazione di 31 documentari, mentre prima ne venivano prodotti uno o due all’anno.

Ancora stanco per le giornate intense al Festival internazionale del cinema di Karlovary, Darko Basheski richiama l’attenzione sulla sua proposta di fornire una piattaforma soprattutto ai giovani registi. Bisogna promuovere le coproduzioni internazionali con il sud-est europeo e deve esserne sovvenzionata la distribuzione nonché la pubblicità. Secondo Darko Basheski, la Macedonia deve sfruttare le sue potenzialità in campo cinematografico: brevi distanze, bassi costi di produzione, personale specializzato. Per “The Aviator” tecnici macedoni hanno realizzato gli effetti speciali ed anche “The Peacemaker” è stato in parte girato in Macedonia.

I documentari: contributo per una migliore società civile

Ma i documentari trovano davvero un consenso di pubblico in Macedonia? Sotto questo aspetto il MakeDox Festival del 2010 fa un’opera pionieristica. Kirijana A. Nikoloska e Petra Seliskar sono le direttrici e fondatrici del Festival e considerano i documentari come un importante contributo per una migliore società civile. Kirijana A. Nikoloska, che nella vita di tutti i giorni è assistente sociale, spiega: “Con il nostro lavoro contribuiamo alla creazione di un futuro in cui noi stesse vorremmo vivere”. Che quest’anno nemmeno un film macedone partecipi ad un concorso, a causa della mancanza di nuove produzioni, è significativo. Perciò sono così importanti i programmi per le scuole, i workshop per registi e il “travelling cinema”, cinema itinerante, grazie al quale il team porta documentari nelle piazze più remote della Macedonia. E che tipo di film piace ai macedoni? Kirijana A. Nikoloska lo sa bene: “film che senza aver paura del marcio e del fango scavano coraggiosamente alla radice. Film unici nel loro genere che ti sconvolgono e ti fanno venire i brividi. Forse ti cambiano persino contro la tua stessa volontà!” In ogni caso è proprio questo che fanno i film di Marija, Biljana e degli altri giovani registi macedoni.

Questo articolo fa parte della serie Orient Express 2010-2011, la serie di reportage realizzati da cafebabel.com nei Balcani e in Turchia. Più informazioni su Orient Express Reporter.

Foto ©Sabrina Boudon (SabJi)

Translated from Mazedonien: Geschichten mit der Schaufel ausgraben